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Così Eacop minaccia le zone umide e chi ci abita

Così Eacop minaccia le zone umide e chi ci abita

Dall'Uganda alla Tanzania l'oleodotto Gli ambientalisti: se il progetto va avanti «acqua potabile a rischio per le popolazioni»

Pubblicato circa un anno faEdizione del 10 agosto 2023

Continuano le critiche al progetto dell’oleodotto più lungo del mondo, l’Eastern african crude oil pipeline (Eacop) costruito e gestito dalla Eacop Company Ltd dove TotalEnergies compare come azionista di maggioranza con il 62% della proprietà. Eacop porterà il petrolio estratto in Uganda nella zona del lago Albert, fino al porto tanzaniano di Tilenga sull’Oceano indiano.

IL 28 LUGLIO è stato pubblicato il report Eacop impacted wetlands in Uganda, commissionato dall’Istituto africano per la governance energetica (Afiego), che mostra come la costruzione e il funzionamento dell’oleodotto potrebbero creare seri problemi alle zone umide ugandesi. Lo studio identifica cinque estese aree che saranno attraversate dall’oleodotto, ciascuna costituita da vaste paludi che ricoprono dieci distretti ugandesi. Queste zone sono collegate a bacini idrici di fondamentale importanza come il lago Albert, il lago Vittoria e il Nilo bianco. Il passaggio di Eacop in queste aree preoccupa sia per la fase di costruzione, data la necessità di creare un corridoio di 30 metri dove far passare le tubature con il rischio di distorcere il ciclo idrologico delle paludi, sia nel momento in cui l’oleodotto entrerà in funzione.

I MOVIMENTI AMBIENTALISTI che si sono schierati contro la costruzione di Eacop sostengono che se le tubature dell’oleodotto non verranno isolate, potrebbe essere catastrofico per la conservazione della biodiversità di questi ecosistemi, «se non sono ben isolate e protette dal calore le zone umide potrebbero non rigenerarsi» sostiene Diana Nabiruma, responsabile delle comunicazioni di Afiego. Queste aree umide presentano un’enorme varietà di animali e piante comprese 420 specie di uccelli che da sempre sono una delle più importanti attrazioni turistiche del paese.

DI CONTRO non sono mancate le reazioni piccate dei vertici istituzionali ugandesi che hanno parlato del report come di un altro tentativo degli «ambientalisti della povertà» di fermare il progetto Eacop, che porterebbe il governo ugandese a risparmiare 2 miliardi l’anno per le importazioni di carburante. «Chi vuol discutere continui a farlo, ma il progetto va avanti. E questo non è negoziabile» ha affermato Ali Sekatawa, direttore degli affari legali presso l’Autorità petrolifera ugandese.

Peter Muliisa, responsabile degli affari legali per l’Uganda national oil company (Unoc) ha fatto notare che la Valutazione dell’impatto ambientale e sociale (Vias) di Eacop ha mostrato che l’oleodotto attraversa «piccole paludi e solamente due fiumi» nei dieci distretti ugandesi esaminati nel rapporto di Afiego. «L’Uganda non può abbandonare il suo petrolio», ha concluso Muliisa.

Nel report di Afiego vengono anche messi in luce i problemi che potrebbero affliggere le popolazioni. Infatti l’80% delle comunità che vivono in queste zone sono fortemente dipendenti dai bacini idrici: per l’acqua potabile, per l’irrigazione, per la produzione di energia elettrica, per i trasporti e per la pesca. Se il progetto va avanti «potremmo assistere all’impossibilità per migliaia di persone di accedere all’acqua potabile» ha affermato Diana Nabiruma.

SECONDO UNO STUDIO pubblicato nel 2023 su Scientific World Journal Studies, le zone umide ugandesi potrebbero fornire un contributo netto di 10.491 dollari per ettaro, considerando il valore economico dei prodotti e dei servizi turistici presenti in queste zone, che sommati per i più di due milioni di ettari di zone umide intatte arriverebbero a 22 miliardi e mezzo di dollari. Soldi che porrebbero scomparire insieme ai variegati e fondamentali ecosistemi di queste aree.

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