Corsica, trionfo nazionalista
Elezioni territoriali L'alleanza tra autonomisti e indipendentisti sfiora la maggioranza assoluta al primo turno. La sinistra tagliata fuori, per la prima volta dall'82 (ma Mélenchon benedice Simeoni, leader autonomista). La domanda di ampia autonomia, dalla lingua corsa al fisco, passando per la liberazione dei "prigionieri politici"
Elezioni territoriali L'alleanza tra autonomisti e indipendentisti sfiora la maggioranza assoluta al primo turno. La sinistra tagliata fuori, per la prima volta dall'82 (ma Mélenchon benedice Simeoni, leader autonomista). La domanda di ampia autonomia, dalla lingua corsa al fisco, passando per la liberazione dei "prigionieri politici"
Vittoria al di là delle previsioni per i nazionalisti, al primo turno delle elezioni in Corsica, per l’elezione del nuovo ente territoriale, che dal 2018 unifica la regione e i due dipartimenti dell’isola. La lista Pé a Corsica, nata dall’accordo tra l’attuale presidente del consiglio esecutivo, Gilles Simeoni (autonomista) e il presidente dell’Assemblea di Corsica, Jean-Guy Talamoni (indipendentista) ha sfiorato la maggioranza assoluta, superando il 45%. Ma l’astensione è stata massiccia: ha votato solo il 52%. Spazzate via le personalità che hanno fatto la politica dell’isola negli ultimi decenni, il panorama cambia volto. Macron già non si era imposto nell’isola né alle presidenziali né alle legislative e domenica la lista République en Marche, guidata dal sindaco di Bonifacio Jean-Charles Orsucci, è arrivata solo quarta (11,2%). Qualunque cosa succeda al secondo turno domenica 10, la molto probabile conferma del successo nazionalista che non potrà essere contrastato nemmeno dall’eventuale fusione delle due liste di destra e di quella République en Marche, è ormai certo che la sinistra non avrà più nessun seggio nella nuova Assemblea. Il Ps non si è neppure presentato, mentre la lista Corse Insoumise (Pcf più una parte degli Insoumis, ma senza l’approvazione di Jean-Luc Mélenchon, che l’ha definita “bassa cucina”) non riesce a qualificarsi per il secondo turno (ha preso il 5,6%, ci voleva almeno il 7%). Per trovare un’Assemblea corsa senza sinistra bisogna risalire all’82, 35 anni fa. Ma Mélenchon inscrive i nazionalisti nella tradizione della sinistra: “in Corsica il dégagisme (“via tutti”) è Simeoni, Bravo! Macron è stato severamente punito, il Fronte nazionale ridicolizzato”. Ai comunisti, che hanno presentato una lista senza il suo avvallo, Mélenchon lancia un avvertimento: “il Pcf ha usurpato il nome, sono eliminati, avviso ai dilettanti usurpatori di identità”.
Il risultato “storico” dei nazionalisti è la conclusione di una ascesa continua dal 2014. Quell’anno, Simeoni, avvocato (difensore di Colonna, condannato per l’assassinio del prefetto Erignac), è stato il primo leader nazionalista a conquistare una grande città (Bastia). Sempre nel 2014, il Fnlc ha rinunciato alla lotta armata. Nel 2015, l’accordo tra Simeoni e Talamoni arriva al 35% alle regionali, che hanno permesso ai nazionalisti di governare negli ultimi due anni. Alle legislative del giugno scorso, i nazionalisti portano 3 deputati all’Assemblée nationale a Parigi.
La Corsica è una nazione non un semplice ente amministrativo, affermano Simenoni e Talamoni, che aspettano adesso la risposta di Parigi. Il voto “è un messaggio molto forte rivolto a Parigi – ha affermato Simeoni – noi vogliamo la pace, la democrazia, un’isola emancipata, adesso Parigi deve fare la sua parte”. Per il momento, la questione dell’indipendenza non è al centro delle discussioni. I nazionalisti, che avranno in mano tutti i poteri nell’isola dal 1° gennaio, chiedono entro tre anni una vera autonomia: ampi poteri sull’economia e sul fisco, “co-ufficialità” della lingua corsa con il francese, uno “status” di residente specifico (c’è il problema delle residenze secondarie e dell’arrivo di nuovi residenti “non corsi” dalla Francia metropolitana) e la più che controversa questione della liberazione dei “prigionieri politici” corsi (tra essi c’è anche Colonna). La Corsica resta molto dipendente dai finanziamenti dello stato centrale e dalle sovvenzioni europee. Il precariato e la povertà hanno guadagnato terreno. Il nazionalismo dovrà trovare delle risposte, al di là delle rivendicazioni identitarie.
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