Corsa a Palazzo Vecchio, renziani in solitaria e poi incognite a go-go
Elezioni comunali 2024 Matteo Renzi punta sul ballottaggio per far pesare i voti di Italia Viva alla candidata del centrosinistra Sara Funaro. Cinque stelle divisi fra la corsa in solitaria e l'appoggio a Tomaso Montanari che corteggia Cecilia Del Re, mentre la telenovela Eike Schmidt continua ad angustiare la destra. Sinistra di alternativa compatta su Palagi.
Elezioni comunali 2024 Matteo Renzi punta sul ballottaggio per far pesare i voti di Italia Viva alla candidata del centrosinistra Sara Funaro. Cinque stelle divisi fra la corsa in solitaria e l'appoggio a Tomaso Montanari che corteggia Cecilia Del Re, mentre la telenovela Eike Schmidt continua ad angustiare la destra. Sinistra di alternativa compatta su Palagi.
Reciproche convenienze fanno svanire l’ipotesi che, nella corsa per Palazzo Vecchio, il già ampio centrosinistra che candida Sara Funaro sia ulteriormente potenziato da Italia Viva. Da Milano il conducator Renzi tuona: “Saremo alternativi allo schieramento Pd-M5S”, sognando peraltro un accordo che appare molto lontano fra dem e pentastellati. E puntando, più concretamente, a far pesare i voti che riceverà al primo turno in caso di ballottaggio. A riprova, la “sua” candidata sindaca Stefania Saccardi, vicepresidente regionale, intervistata su Controradio addossa al Pd tutta la responsabilità di aver chiuso al proseguimento dell’alleanza che tuttora governa Firenze.
Anche gli ultimi avvenimenti che stanno tenendo banco in città certificano una corsa separata. I renziani, con in testa il console onorario di Tel Aviv, Marco Carrai, continuano a chiedere le dimissioni del presidente del Consiglio comunale, il dem ex operaio Luca Milani, reo ai loro occhi di aver organizzato con le 80 realtà della rete Pace e giustizia in Medio Oriente l’affollatissimo convegno di sabato scorso in Palazzo Vecchio sullo stato delle cose nella martoriata Palestina, e sulla necessità della pace e di un immediato cessate il fuoco.
Forte delle lamentele della locale comunità ebraica, che con il suo portavoce Enrico Fink invia una lettera a Milani e al sindaco Nardella in cui sostiene che quanto sta accadendo “ci fa sentire, per la prima volta da decenni, isolati, accusati, nemici quasi, nella nostra città”, la capogruppo renziana Dardano arriva a chiedere “alla candidata Funaro, di religione ebraica, di distinguersi dalle posizioni di Milani, sostenuto dal suo partito”. Secca la replica del capogruppo dem Armentano: “Lasci la religione fuori dalla campagna elettorale”. E la Camera del Lavoro, che della rete Pace e giustizia in Medio Oriente fa parte, chiosa: “Sono strumentali le richieste di dimissioni, occorre abbassare i toni, il dialogo è uno sforzo non semplice ma va proseguito, Firenze dia un contributo positivo verso il cessate il fuoco”.
A cento giorni dal voto, tante incognite accompagnano invece gli incerti passi del M5S, diviso al suo interno fra chi vorrebbe correre in solitaria almeno al primo turno, e chi sostenere il caleidoscopico tentativo di Tomaso Montanari e della sua associazione 11 Agosto, ancora priva di un nome da candidare e con interlocuzioni sia (soprattutto) con l’ex assessora dem Cecilia Del Re e la sua associazione Firenze Democratica, che con la Sinistra progetto comune di cui è candidato sindaco il consigliere uscente Dmitrij Palagi, assai popolare in città e non incline ad accordi con chi come Del Re continua a sostenere la giunta Nardella.
Tante incognite anche a destra, dove il tormentone sull’ipotetico candidato Eike Schmidt ha raggiunto vette di ineguagliabile comicità. Il diretto interessato, che deve aver letto alcuni sondaggi, da Napoli fa sapere che “da gennaio mi dedico a tempo pieno al Museo di Capodimonte, in questo momento non faccio altro”. Fdi che lo corteggia da mesi insiste e annuncia imminenti novità. Ma sia Fi con Marco Stella che la Lega con Giovanni Galli hanno perso la pazienza: “E’ ora di chiudere questa telenovela”.
Telenovela ben più leggera di quella, drammatica e assai sentita da tanti che andranno a votare, dei 180 operai Qf ex Gkn privati di qualsiasi salario e saliti ieri pomeriggio su un lampione, denunciando il silenzio del governo Meloni e di un’azienda che, avverte la Fiom Cgil, “a due giorni dal termine dei 60 giorni previsti dalla legge 234 Orlando Todde, non ha ancora presentato un piano sociale per agganciare un’ammortizzatore”.
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