Volgendo lo sguardo alla storia della Chiesa cattolica, si nota come, soprattutto nell’ultimo cinquantennio, i temi che incrociano la sessualità hanno assunto uno spazio sempre più rilevante: l’Humane Vitae di Paolo VI (1968), con il divieto della contraccezione artificiale; negli anni ‘70 le battaglie contro divorzio e aborto in Italia; poi l’esplosione degli scandali della pedofilia del clero, il ruolo delle donne, le persone omosessuali, le unioni civili, il celibato obbligatorio, fino al gender.

EPPURE NELLA BIBBIA, nei Vangeli e finanche nella tradizione, il sesso non è un argomento né centrale – Gesù non ne ha mai parlato – né monolitico, se si pensa che il modello di famiglia presentato nelle Scritture non è propriamente quello della «legge naturale» proclamata dai pontefici, che l’obbligo del celibato per preti e religiosi è diventato legge canonica solo nel XII secolo e che persino l’aborto fino al Concilio Vaticano I (1869-70) era considerato peccato grave ma non equiparato all’omicidio.

Allora, visto che non ha solidi fondamenti né biblici né nel «deposito della fede», la ragione del peso conquistato dalla questione sessuale è un’altra, cioè il potere. L’anno chiave – è la tesi dello storico Daniele Menozzi – è il 1789. Quando cioè la Chiesa, in seguito alla Rivoluzione francese che ha promosso l’autodeterminazione dei comportamenti politici, inizia a ritenere che l’unico ambito nel quale può tentare di continuare a esercitare una forte influenza è quello della morale sessuale. Perché controllare la sessualità e i corpi significa controllare le persone e rilanciare il progetto di «riconquista cristiana» della società. Ecco allora l’emanazione di documenti magisteriali ad hoc, l’insistenza ossessiva nella confessione sacramentale sui peccati sessuali, fino ai ratzingeriani «principi non negoziabili», dove spicca la «struttura naturale della famiglia», come unione uomo-donna fondata sul matrimonio.

UN IMMOBILISMO dottrinale che si costituisce come faglia nel rapporto con la modernità, che confligge con una società in movimento e che provoca quello «scisma silenzioso» che, iniziato ai tempi dell’Humanae Vitae, oggi è sempre meno sommerso. A rompere il muro del silenzio sono stati lo scandalo pedofilia negli Usa (dai primi articoli di Jason Berry negli anni ‘80, fino al deflagrante caso Spotlight a Boston) e le inchieste giornalistiche sugli abusi dei preti sulle suore (del National Catholic Reporter negli Usa e di Adista in Italia) che hanno fatto saltare il tappo, aprendo il dibattito nella società e nella Chiesa, su tutti i temi sensibili: abusi sessuali, ma anche ruolo delle donne, condizione delle persone omosessuali, celibato dei preti. Insomma le situazioni di «irregolarità».

A delineare questo percorso in maniera documentata e chiara e a dare conto della discussione in atto nella Chiesa è il libro del vaticanista Iacopo Scaramuzzi (Il sesso degli angeli. Pedofilia, femminismo, lgbtq+: il dibattito nella Chiesa, edizioni dell’asino, pp. 216, euro 18), arricchito da interviste a storici (Menozzi e Adriana Valerio), giornalisti (Berry), attivisti per i diritti delle donne e degli omosessuali e all’ex presidente irlandese Mary McAleese.

COME SI COLLOCA papa Francesco in questa storia? Come un papa «paradossale», che da un lato ha contribuito a sollevare il coperchio su molte questioni e dall’altro sembra frenare i processi che egli stesso ha avviato: «il papa argentino ha aperto porte e finestre per fare entrare aria nuova, poi le ha accostate per evitare il vento», sintetizza efficacemente Scaramuzzi.

Sullo stesso tema ma dedicato esclusivamente alla «questione omosessuale» è un altro volume, di cui è appena uscita la nuova edizione: Antonio De Caro, La violenza non appartiene a Dio. Relazioni omosessuali e accoglienza nella Chiesa (Calibano editore, pp. 242, euro 15). Di taglio «militante» rispetto al Sesso degli angeli, De Caro intreccia esperienze di vita, esegesi biblica e riflessioni teologico-morali per svelare le ossessioni omofobiche della Chiesa cattolica e aprire nuove piste di ricerca, in un orizzonte secondo il quale in ogni autentica relazione d’amore, anche se non eterosessuale, «si rivela la benedizione di Dio».