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Seul al voto: Moon favorito grazie alle misure anti-virus

Seul al voto: Moon favorito grazie alle misure anti-virusLa sanificazione dei seggi elettorali a Seul – Ap

Corea del Sud Oggi le legislative. Il presidente conta sull’apprezzamento globale al «modello coreano». In discussione l'alleanza con gli Usa e gli equilibri regionali con Cina e Giappone

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 15 aprile 2020

Sembrava la sua condanna, potrebbe diventare la sua salvezza. Moon Jae-in dovrà forse ringraziare il coronavirus se, alle elezioni legislative di oggi mercoledì 15 aprile, il suo Partito Democratico otterrà la maggioranza dei seggi dell’Assemblea nazionale, il parlamento unicamerale della Corea del Sud.

Il voto, che prevede imponenti misure anti contagio, non poteva arrivare in un momento migliore per il presidente, dopo che per sei giorni consecutivi i nuovi casi da Covid-19 sono meno di 50 e il suo indice di gradimento è arrivato al 54,4%, 10 punti in più rispetto a inizio marzo.

Eppure, fino a 40 giorni fa Moon non se la passava bene. La Corea del Sud era il secondo paese con più contagiati al mondo e una petizione per chiedere il suo impeachment aveva raccolto circa un milione e mezzo di firme. Motivo? L’atteggiamento troppo amichevole con la Cina, con l’invio di materiale sanitario per 5 milioni di dollari a Wuhan e il mantenimento dei collegamenti aerei.

L’opposizione, guidata dal Partito Unito del Futuro di Hwang Kyo-ahn, aveva iniziato la campagna elettorale puntando sugli errori dei rivali nella gestione dell’epidemia che però, nel frattempo, è diventata un punto di riferimento a livello globale. I conservatori parlano di “autoritarismo”, sottolineando le limitazioni alla privacy e paventando il rischio di una revisione unilaterale della costituzione.

Moon può invece far valere il successo nel controllo della pandemia, provando a far dimenticare i nodi irrisolti dei primi tre anni del suo mandato: l’economia, con la crescita che nel 2019 si è fermata al 2% (la più bassa del decennio), e la lotta alla corruzione, con le dimissioni del ministro della Giustizia Cho Kuk che hanno ricordato ai sudcoreani i tempi di Park Geun-hye.

Le elezioni arrivano in un momento importante anche a livello geopolitico. La Corea del Sud si è riavvicinata a Pechino, sia a livello economico, con la Cina che è il primo partner commerciale di Seul e ne rappresenta il 25% dell’export, sia a livello diplomatico. Moon sa che ha bisogno di Xi Jinping per portare avanti il dialogo con la Corea del Nord, che proprio in questi giorni ha tenuto l’annuale Assemblea popolare del popolo e ha ripreso i test missilistici.

La programmata visita del presidente cinese, poi rimandata per l’epidemia, avrebbe dovuto sancire ufficialmente la fine delle polemiche iniziate nel 2017 con l’installazione in Corea del Sud del sistema di difesa missilistica made in Usa Thaad. Ma nei fatti la cooperazione prosegue spedita, come dimostra la teleconferenza di martedì tra Seul, Pechino e Tokyo.

I rapporti con il Giappone continuano invece a essere complicati ma la vera novità è rappresentata dalle crepe nelle relazioni con gli Stati Uniti, solo parzialmente coperte dall’accordo per l’acquisto, da parte di Washington, di centinaia di migliaia di test per il Covid-19. Dopo 7 round di negoziati andati a vuoto, Trump ha rifiutato l’offerta di Seul di alzare del 13% i contributi per il mantenimento dei circa 28.500 soldati americani nel paese.

Secondo Reuters, la Casa Bianca è arrivata a chiedere 5 miliardi di dollari contro gli attuali 900 milioni. Le trattative rischiano un lungo stallo, mentre circa 9 mila lavoratori delle basi Usa sono finiti in congedo senza retribuzione e le esercitazioni congiunte sono state annullate a causa del virus. Non solo. L’ambasciatore Harry Harris, madre giapponese, pare intenzionato a lasciare l’incarico dopo essere finito nel mirino per i suoi baffi, che ai sudcoreani ricordano due protagonisti dell’occupazione nipponica, l’imperatore Hirohito e il primo ministro Tojo Hideki.

Il rischio è venga messa in discussione la tenuta dell’alleanza tra Usa e Corea del Sud, da sempre perno della strategia asiatica della Casa Bianca. In gioco ci sono gli equilibri regionali, con la pandemia che potrebbe accelerarne il cambiamento.

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