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Contrordine Trump: riparte il negoziato con i Talebani

Contrordine Trump: riparte il negoziato con i TalebaniTrump con Ashraf Ghani giovedì 28 novembre nella base aerea di Bagram – Afp

La visita a sorpresa del presidente Usa in Afghanistan La visita a sorpresa del presidente Usa alle truppe della base aerea di Bagram nel giorno del Ringraziamento. «Ripresi i colloqui, loro disposti al cessate il fuoco, noi a ridurre le truppe»

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 30 novembre 2019

Il presidente Donald Trump è atterrato giovedì a Bagram, la base militare a sovranità americana 60 chilometri a nord di Kabul. Una sorpresa ai suoi soldati, quelli che dice di voler riportare a casa: «Li ridurremo a 8.600», ha dichiarato. Stessi numeri anticipati due mesi e mezzo fa, ai tempi della limatura dell’accordo di pace con i Talebani.

Negoziato per quasi un anno a Doha dal suo inviato Zalmay Khalilzad e congelato il 7 da Trump via tweet, senza preavviso. E senza preavviso è arrivato giovedì sera a Bagram, dove ha rivolto alle truppe un discorso superficiale e stiracchiato, ma con importanti passaggi politici. Sintetizzabili così: «Ripresi i colloqui con i Talebani, loro disposti al cessate il fuoco, noi a ridurre le truppe». Si ritorna al tavolo negoziale, dunque. Trump ci ha ripensato, o così lascia intendere.

Ma i Talebani continuano a dire che il cessate il fuoco arriverà solo dopo la firma, e soltanto per gli Stati uniti, non ancora per le forze governative come chiede Ghani. Obiettano perfino sui nomi della delegazione afghana da incontrare a Pechino, in una conferenza prevista per fine ottobre e più volte rimandata, tanto da irritare il governo cinese. Se Trump tenesse il punto sulla tregua, il delicato nodo del rapporto tra Talebani e governo afghano, derubricato a secondario nel negoziato saltato a settembre, potrebbe però cominciare a sciogliersi.

Il portavoce della delegazione di Doha, Suhail Shaheen, d’altronde ha sempre tenuto la porta aperta agli americani, senza smettere di visitare le capitali regionali, ultima delle quali Tehran. Per ora non c’è una risposta ufficiale della leadership alle aperture di Trump, ma la linea negoziale è ferma da tempo.

Tra i tre, l’attore più debole rimane Kabul: Ghani ha bisogno del cessate il fuoco ed è nel pieno della contesa post-elettorale. L’arrivo di Trump, anticipato dallo scambio di prigionieri con i Talebani e da una lunga telefonata tra i due, gli dà una spinta verso l’Arg, il palazzo presidenziale. Ma non gli può attribuire il consenso interno. (g.b.)

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