E se provassimo a ripartire dai singoli problemi concreti ed attuali ?

Le categorie economiche e sociali che compongono la società si sono frammentate in gruppi sempre più piccoli e sospinti verso solitudini e paure.

La mutazione politica che stiamo vivendo col dominio di una destra sempre più identitaria e l’assenza di un’area progressista senza identità sono causa ed effetto di questo processo.

In questo contesto è già un miracolo che la stravittoria della destra sia dovuta all’ uso più intelligente della legge elettorale che la destra ha saputo concretizzare e non al fatto che il paese è diventato in massa di destra.

La teoria del vento – che spinge a destra dappertutto – ha un fondo di verità perché nei diversi periodi storici ci sono tendenze emergenti e declinanti, ma non dovrebbe paralizzarci e ridurci a soggetti passivi.

Al contrario dovrebbe spronarci a ritrovare capacità di analisi e punti di attacco per una controffensiva.

L’inflazione può essere uno di questi.

Ma quale inflazione? Abbiamo un tasso programmato della Bce del 2% che rimane ancora la bussola di questo organismo intellettualmente congelato, uno del 6% che in Italia chiamiamo inflazione di fondo ed un altro del 12% che riguarda i consumi più frequenti, il cosiddetto carrello della spesa. Esso è nato proprio quando da sinistra si fece la battaglia per contrastare quelli che dicevano che l’inflazione alta che le famiglie più povere riscontravano con l’euro era solo “inflazione percepita” (quindi non reale).

Oggi con tanti numeri e tanta frammentazione sociale dare corpo ad una analisi degli effetti, individuare strumenti e proposte, aggregare per una controffensiva è difficilissimo.

Ad esempio per uno stato indebitato come quello italiano questa inflazione è la manna dal cielo: i debiti contratti saranno rimborsati con moneta svalutata.

Non sarà così per i cittadini. Alcuni sono addirittura complici dell’inflazione – una parte di essa è generata proprio dagli alti profitti di alcuni segmenti, altri la subiscono in maniera differenziata. È chiaro che i primi sono quelli con redditi fissi. Da qui la giusta priorità che il sindacato sta dando al tema e che si spera porti ad una grande battaglia contro l’inflazione.

Ma se questi tassi si protrarranno per alcuni anni gli effetti potranno essere devastanti e destabilizzanti. Intanto non è da escludere che possa affiancarsi una fase di recessione. E gli effetti saranno certamente drammatici per i tantissimi precari con salari bassi e fermi. Ma non solo. Anche strati sociali non poverissimi che vivono di redditi fissi e tanti risparmiatori piccoli e medi potranno vivere processi di progressiva caduta dei livelli di vita. Insomma una inflazione “vissuta” del 10 % annuo può sconvolgere la scala sociale dal basso fino a ceti medi ampi.

Serve allora una nuova fase di studi sugli effetti sui diversi strati sociali (analisi), serve un nuovo rapporto con essi (rappresentanza), serve una fase di mobilitazione sul tema perché diventi centrale (agenda politica).

Se questo processo non sarà avviato rapidamente dalle forze progressiste nasceranno nuove, paure, solitudini, emarginazioni. Ed una destra ringalluzzita che le paure le sa creare e sfruttare potrebbe, con un bel mix di comunicazione, falsi nemici, bonus, illusioni piegarle a suo favore.

Quindi cerchiamo di svegliarci. In tempo utile. Ma con un metodo ed a partire dai problemi.