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Contro l’antisemitismo con determinazione, verità e sangue freddo

Un appello, firmato da centinaia di persone, denuncia «un nuovo antisemitismo » in Francia, dopo l’assassinio di Mireille Knoll, che ha fatto seguito ad altri omicidi, undici dal 2006, anno della morte di Ilan Halimi, morto torturato. La tesi dei firmatari - tra cui Nicolas Sarkozy, Manuel Valls, Betrand Delanoë, Eric-Emmanuel Schmidt, Charles Aznavour, Gérard Depardieu - fa discutere. Qui la risposta di Dominique Vidal, saggista e giornalista, che di recente ha pubblicato il saggio «Antisionisme=antisémitisme? Réponse à Emmanuel Macron» (Libertalia)

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 24 aprile 2018

Condivido con i firmatari dell’ Appello dei 300 una sola convinzione: la lotta contro l’antisemitismo rappresenta un dovere morale e politico di primaria importanza, in una società ancora rosa da tutte le forme di razzismo. Ne dipende l’avvenire della democrazia e quindi della Repubblica francese. Ma non sono d’accordo, né con la loro analisi del fenomeno, né con le loro propose per combatterlo.

E a ragione: ignorano completamente le indicazioni che da anni vengono date dalla Commissione nazionale consultiva dei diritti dell’uomo, con la quale tuttavia , lo ricordo, le istituzioni comunitarie ebraiche collaborano strettamente. Il Rapporto sulla lotta contro il razzismo, l’antisemitismo e la xenofobia, che la Commissione pubblica ogni anno, mette a nostra disposizione contemporaneamente lo stato dell’opinione pubblica e una valutazione delle violenze perpetrate.

Quali lezioni emergono dal lavoro dei sondaggisti, dei sociologi e del ministero degli Interni?

1) Che l’ideologia antisemita non ha smesso di diminuire tra i nostri concittadini dopo la seconda guerra mondiale, al punto da diventare marginale: 89% considera gli ebrei « dei francesi come gli altri», una proporzione superiore di 8 punti a quella osservata rispetto ai musulmani e di 30 punti paragonata a quella dei Rom;

2) Che invece i pregiudizi antisemiti, benché in diminuzione, restano infuenti, poiché il 35% dei francesi pensa ancora che «gli ebrei hanno un rapporto particolare con il denaro», il 40% che «per gli ebrei francesi Israele conta di più della Francia» o il 22% che «gli ebrei hanno troppo potere»;

3) Che le violenze anti-ebraiche, dopo un’impennata all’inizio del secolo, hanno conosciuto una decrescita progressiva, confermata nel 2017. Le violenze anti-musulmane, invece, sono culminate nel 2015, alimentate dall’orrore degli attentati terroristi, ma dopo sono diminuite. Se messe in rapporto con il numero delle persone implicate, le cifre mostrano che gli ebrei costituiscono il principale bersaglio degli atti razzisti, meno numerosi ma più violenti;

4) Che, per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale, degli ebrei sono stati assassinati in quanto tali – indipendentemente dagli atti terroristici come quelli della sinagoga della rue Copernic o della rue des Rosiers. Se alcuni di questi assassinii sono indiscutibilmente antisemiti, come quelli di Mohamed Merah (Tolosa, 2012) o di Amedy Coulibaly (Hypercacher 2015), altri intrecciano odio degli ebrei, motivazioni a scopo di rapina o manifestazioni di malattia mentale;

5) Che questo antisemitismo – ideologia, pregiudizi, violenze – è causato da gruppi diversi. Se resta caratteristico dell’estrema destra, ivi compreso del Fronte nazionale, la cui «normalizzazione» non ha sradicato il vecchio razzismo anti-ebraico e il negazionismo, questo antisemitismo si è anche sviluppato tra i giovani di origine immigrata. Ma una sociologa come Nonna Mayer mette in guardia contro il concetto di «nuovo antisemitismo», ispirato dalla tesi di Pierre-André Taguieff, che, scrive, «vede un antisemitismo mascherato dietro la critica di Israele e del sionismo, in nome dell’antirazzismo e dei diritti dell’uomo, difeso sia dall’islamismo radicale che dalle ideologie terzomondiste dell’estrema sinistra».

Queste analisi sono in contraddizione con il semplicismo e l’allarmismo dell’Appello. Tutto ciò che è eccessivo, non conta, diceva Talleyrand : com’è possibile parlare, a proposito degli ebrei francesi, di «terrore» o di «pulizia etnica»? Ma soprattutto le piste che suggeriscono i firmatari sono false piste, il più sovente pericolose:

1) Fare del solo islam radicale la causa della violenza anti-ebraica, significa ignorare una parte importante del fenomeno. Prima di tutto perché, l’ho ricordato, l’antisemitismo dell’estrema destra resta vivo e sovente violento. Poi perché, anche tra i giovani delle banlieues, la violenza – come del resto lo jihadismo – non è solo una dimensione ideologica o religiosa: si radica anche, non dispiaccia ai firmatari, nella disperazione sociale, essa stessa prodotta dalle discriminazioni economiche, sociali ed etniche che li colpiscono nella nostra società. In altri termini, la vigilanza e la repressione necessarie devono andare di pari passo con sforzi considerevoli di integrazione. Perché la Repubblica si riconcilii con i suoi giovani, ivi compresi gli immigrati;

2) Denunciare «l’antisemitismo di una parte della sinistra radicale che ha trovato nell’antisionismo l’alibi per trasformare i boia degli ebrei in vittime della società», è semplicemente infame. Ma da dove esce questo fantasma dell’estrema sinistra antisemita? Di chi parlano? Dei comunisti? Degli insoumis? Degli ecologisti? Dei trotskisti? Dei cristiani di sinistra ? Nessuno di questi partiti, gruppi o movimenti ha mai flirtato, in nessun modo, con l’odio verso gli ebrei ! Al contrario, è qui che gli ebrei hanno trovato, nell’ora dei grandi pericoli, i loro più eroici difensori. Bisogna ricordare che in Francia, a differenza della maggior parte degli altri paesi occupati, la solidarietà popolare, dai comunisti ai gollisti passando per i cristiani, ha permesso a quasi quattro quinti degli ebrei di sfuggire al genocidio?

3) Questa affermazione è infame e dipende anche dall’anafabetismo storico. L’antisemistismo è un reato, condannato a giusto titolo, come tutte le forme di razzismo, dalle leggi, vecchie e recenti, della Repubblica. L’antisionismo, invece, è un’opzione, secondo la quale Theodor Herzl ha avuto torto di considerare gli ebrei come inassimilabili e di promuovere, di conseguenza, la loro riunione in uno stato a loro proprio. La grande maggioranza degli ebrei, fino al 1939, si è opposta al progetto sionista : in quell’epoca, la comunità ebraica di Palestina rappresentava solo il 2,5% della popolazione ebraica mondiale. Dopo il genocidio nazista, centinaia di migliaia di sopravissuti, che non avevano nessun posto dove andare, per mancanza di visti americani, hanno scelto di ricostruire la loro vita in Israele. Succederà lo stesso per gli ebrei dei paesi arabi, poi per gli ebrei sovietici, venuti per necessità più che per scelta sionista. E, malgrado queste ondate di immigrazione, la maggioranza degli ebrei vivono altrove e non in Israele, e si integrano bene sia in America che in Europa, al punto che la maggioranza fanno dei matrimoni « misti ». Sottolineare questi fatti storici sarebbe dell’antisemitismo?

4) Con la conclusione dell’appello, si cade nell’assurdità pura e semplice. I firmatari chiedono che «i versetti del Corano che propugnano l’assassinio e il castigo degli ebrei, dei cristiani e dei miscredenti vengano dichiarati obsoleti dalle autorità teologiche, come lo sono state le incoerenze della Bibbia e l’antisemitismo cattolico abolito dal Vaticano II, affinché nessun credente possa giustificare con un testo sacro un’azione criminale». Confesso di avere difficoltà a immaginare che così tante personalità ignorino un fatto semplice: la chiesa cattolica ha potuto, se non riscrivere, ma rinunciare nei suoi discorsi di denuncia degli ebrei come « popolo deicida », responsabile di secoli di massacri in Europa, perché è organizzata attorno a una struttura gerarchica, con un clero, un papa e dei concili. Ma questa non è la situazione dell’islam, che non dispone di « autorità teologiche » che possono modificare i versetti del Corano. Succede la stessa cosa con l’ebraimo, dove nesuno ha il diritto di censurare i commenti del Talmud contro i goyim e ancora meno i numerodi appelli al genocidio contenuti nel Vecchio Testamento – e che tuttavia dei dirigenti, religiosi e politici, invocano per giustificare quello che viene fatto ai palestinesi.

5) Ecco, per concludere, il grande assente dell’ Appello: il conflitto israelo-palestinese. Questa vigliaccheria, senza dubbio necessaria per mettere assieme un gruppo così eterogeneo, è assurda. Chi oserà negarla? I massacri di queste ultime settimane contro le manifestazioni a Gaza, giustificati da una parte dei firmatari, provocano per esempio più antisemitismo che tutti i versetti del Corano denunciati. Quando ha avuto luogo l’ultima esplosione di violenza contro gli ebrei nel nostro paese? Risale alla seconda Intifada e alla sua repressione brutale. E la destra e l’estrema destra israeliane ci annunciano ben peggio, con l’annessione annunciata della Cisgiordania, la fine della soluzione dei due stati e la prospettiva di un solo stato dove i palestinesi annessi con le loro terre non avranno diritto di voto… La pace in Medioriente non farà scomparire l’antisemitismo per miracolo, ma vi contribuirà enormemente: ragione di più per impegnarsi in questa strada.

6) Un’ultima riflessione: gerarchizzare i razzismi significa cadere nel razzismo. E gerarchizzare la lotta contro il razzismo, è sabotarla. Questa lotta indispensabile, la vinceremo assieme o non la vinceremo mai. Con determinazione e sangue freddo.

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