Gli Stati Uniti, si sa, con il loro sistema di Common Law in base al quale la legge si forma attraverso le nuove decisioni e l’affinamento di decisioni precedenti, prese da giudici e tribunali nel corso del tempo, riescono sempre a farci vedere lati della medaglia prima invisibili.
Così è successo di recente con la condanna al pagamento di oltre 650 mila dollari da parte del giudice di Cleveland Dan A. Polster a tre tra le maggiori distribuzioni farmaceutiche americane: Walmart, Walgreens e CVS. Il motivo? Il loro ruolo all’interno dell’epidemia di overdose da farmaci oppiacei che sta destando preoccupazioni in alcuni Stati americani vista la facilità di prescrizione e di distribuzione attraverso queste catene.

I dati dicono che da aprile 2020 ad aprile 2021 sono state 100 mila le morti per overdose, di cui 75 mila relative agli oppiacei, tra cui quelli approvati dalla Federal Drug Administration. Allarmanti anche i dati relativi agli oppioidi sintetici (alcuni, come il Fentanyl, scambiati anche nel mercato nero) e a farmaci come l’Oxycodone che vengono prescritti con estrema facilità creando non di rado stati di dipendenza.
Il Cdc (Centers for Disease Control and Prevention) ha stimato il costo economico e sociale dell’abuso di oppioidi legalmente prescritti: 80 miliardi di dollari l’anno, con costi sociali più elevati in alcune contee.

Un costo che è anche una responsabilità politica riconosciuta dal tribunale e a cui poco è servita la linea difensiva delle tre catene farmaceutiche incentrata sul mero eseguire quanto richiesto nelle prescrizioni. La condanna, la prima emessa da un giudice federale, prevede che il risarcimento sia destinato a due contee dell’Ohio (Lake County e Trumbull County) per finanziare programmi di istruzione e prevenzione e come rimborso per i costi di gestione della crisi.

L’Italia non vive questo allarme, sebbene le prescrizioni di farmaci oppiacei siano leggermente aumentate in questi anni, ma non permette allo stesso tempo cure alternative per dolori cronici. Nuovi recenti studi, come quelli del Sidney Kimmel Medical College Philadelphia, del Norwegian Institute of Public Health di Oslo e dell’Ospedale Niguarda di Milano, rilevano come la cannabis possa sostituire in tutto o in parte gli oppiacei nel trattamento del dolore senza le ricadute di questi ultimi.

Oggi i farmaci a base di oppiacei sono assegnati a tutte le persone che hanno dolori con cui convivere, senza tentare altre strade. Eppure la frase che abbiamo sentito maggiormente in questi anni parlando con i pazienti che oggi fanno uso di cannabis terapeutica è: “Con la cannabis terapeutica sono tornato a vivere dopo le cure con farmaci oppiacei”. Nonostante le evidenze scientifiche si continua ad ignorare l’importanza di proporre la cannabis terapeutica come cura primaria, non alternativa o ‘opzionale’. Oggi le possibilità per vivere senza entrare nel vortice tossico degli oppiacei ci sono e anche le case farmaceutiche dovrebbero tenerle in considerazione se non vorranno pagare in futuro altri risarcimenti milionari.

*Tesoriera e Direzione
Radicali italiani