Internazionale

Contro i docenti critici si mobilitano gli studenti israeliani: «Licenziateli»

L’ingresso della Hebrew University a GerusalemmeL’ingresso della Hebrew University a Gerusalemme

Israele La censura nelle università e la caccia alle streghe non si ferma. E arriva dal basso: presentato un disegno di legge per obbligare gli atenei a cacciare chi dissente, mentre i volti dei professori compaiono lungo le autostrade con nome e cognome

Pubblicato 6 mesi faEdizione del 6 giugno 2024

Negli ultimi mesi le università di tutto il mondo sono al centro dell’attenzione per le proteste e le occupazioni a favore della causa palestinese. È stato anche ipotizzato che siano state proprio le massicce mobilitazioni studentesche a spingere i diversi organismi di diritto internazionale a formulare accuse mai sollevate prima d’ora nei confronti di Israele.

Tra le richieste degli studenti, oltre al cessate il fuoco, prevale quella dell’interruzione delle relazioni con gli atenei israeliani. Un argomento complesso, come lo è in generale la questione delle sanzioni o del boicottaggio quando colpiscono più o meno indirettamente intellettuali, operatori della cultura, ricercatori o artisti.

A PRESCINDERE dall’opportunità di tali provvedimenti, nel dibattito sembra mancare la consapevolezza di quanto di grave sta avvenendo all’interno delle università israeliane, sia sul fronte delle istituzioni che degli studenti. Uno dei primi segnali di come questa guerra fosse in realtà molto diversa dalle precedenti è venuto proprio dalle università che dal 7 ottobre hanno messo in atto una vera e propria caccia alle streghe nei confronti dei presunti nemici o traditori della causa sionista.

Sebbene fin dal principio fosse chiaro che quella di allargare le maglie della censura ai social personali di docenti e studenti fosse un’impresa pressoché ingestibile, non sono tardate ad arrivare prese di posizioni ufficiali che, in alcuni casi, si sono tradotte in provvedimenti molto gravi in particolare a carico di palestinesi con cittadinanza israeliana.

Il caso più emblematico è quello della professoressa Nadera Shalhoub-Kevorkian, docente di ruolo presso le facoltà di giurisprudenza e assistenza sociale dell’Università Ebraica di Gerusalemme. Sospesa, arrestata e maltrattata in detenzione come l’ultimo dei delinquenti, Shalhoub- Kevorkian, che si occupa tra le altre cose di violenza di genere, è stata accusata di incitazione al terrorismo dopo aver partecipato ad un podcast a titolo personale.

A sottoscrivere una lettera contro di lei sono stati molti dei suoi colleghi rivelatisi zelanti reclute della macchina da guerra del governo Netanyahu. Benché sia stata reintegrata, Shalhoub-Kevorkian è costantemente nel mirino, come altri.

In questo clima di intimidazione, sospensioni, provvedimenti disciplinari e dimissioni volontarie e non sono all’ordine del giorno. A silenziare, perseguitare e deumanizzare chiunque si erga a difesa dei diritti dei palestinesi, o critichi apertamente il sionismo, non sono solo le istituzioni, ma anche gli studenti. Benché alle ultime elezioni interne il movimento dal basso Standing Together avesse guadagnato diversi seggi, di fatto gli studenti israeliani tacciono e, se hanno manifestato finora, è stato solo a favore dell’allontanamento dei docenti che «disonorano» la patria deviando dalla narrativa egemonica.

LA SITUAZIONE è peggiorata drammaticamente negli ultimi giorni: l’Unione nazionale degli studenti ha inviato al ministro dell’istruzione Yoav Kish una lettera con una proposta di legge in base alla quale le istituzioni accademiche saranno obbligate a licenziare e rimuovere «immediatamente», senza alcun risarcimento, i docenti che si esprimano contro l’esistenza di Israele come Stato ebraico e democratico.

Il disegno di legge populista, che costituisce un attacco alla libertà di espressione e a quella accademica, è accompagnato da una vergognosa campagna di affissioni che prende di mira per nome e cognome docenti che hanno espresso critiche nei confronti di Israele e delle sue politiche. Domenica ai lati dell’autostrada e all’ingresso di Haifa spiccavano cartelli che accusano la professoressa Shalhoub- Kevorkian o la dottoressa Anat Matar, del dipartimento di filosofia dell’Università di Tel Aviv, di esplicito sostegno al terrorismo.

Tali pericolose iniziative hanno suscitato non poche reazioni di condanna dell’Israele moderato e della sinistra, accusata dall’opinione pubblica di aver abbandonato l’accademia a una finta dimensione apolitica. Auspicando che il provvedimento venga respinto, rispecchia comunque quanto avviene nel paese nonostante le manifestazioni contro il governo proseguano ininterrotte.

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