Si stanno facendo sentire in molti Paesi d’Europa: Germania, Romania, Polonia, Francia. Adesso la protesta degli agricoltori sbarca nella capitale Ue, dove questa mattina toccherà ai contadini francesi sfilare davanti al Parlamento. Solo ieri i ministri dell’Agricoltura dei 27, riuniti in Consiglio, hanno espresso la necessità di ascoltare le istanze sollevate dal settore agricolo, compresa la possibilità di ottenere «remunerazione significativa per chi vi lavora». Domani invece, sempre nella capitale Ue, si apre la fase di “dialogo strategico” sotto gli auspici della presidente della Commissione Ursula von der Leyen. In discussione il futuro dell’agricoltura comunitaria con le organizzazioni agricole, il settore agroalimentare, ong ed esperti. Obiettivo dichiarato, quello di placare la rabbia del mondo rurale.

UN DIALOGO da cui Copa-Cogeca, principale rete delle grandi organizzazioni agricole a livello europeo con un’intensa attività di lobby, si aspetta molto, pur lamentando la vaghezza di contenuti rispetto al «contesto geopolitico, climatico ed economico che sta minando le aziende agricole i redditi degli agricoltori». Qual è il problema per loro, lo spiega al manifesto il presidente di Cia – organizzazione italiana affiliata a Copa-Cogeca – Cristiano Fini: «L’Ue chiede sostenibilità ambientale senza però tenere in conto la mediazione economica e sociale. Ma l’applicazione del Green Deal e la strategia Farm to Fork (il programma che lo accompagna, ndr) incide fortemente sulla gestione aziendale agricola». Nel mirino dei grandi gruppi anche la riforma della Politica agricola comune (Pac), che «introduce misure teoricamente per la sostenibilità ambientale, ma che in pratica sono un limite». Dimenticando però i cospicui fondi: 55 miliardi di euro l’anno (1/3 di tutto il bilancio dell’Unione).

LE PROTESTE hanno un duplice comune denominatore: la concorrenza agricola ucraina, più diretta nei confronti dei Paesi dell’Est, e il Green Deal europeo. «Il Green Deal ha fissato obiettivi molto ambizioni per gli agricoltori con target da raggiungere in tempi ravvicinati», chiarisce Paolo Sckokai, professore di Economia agro-alimentare presso l’Università cattolica di Piacenza: «L’Ue ha introdotto ad esempio obblighi di rotazione delle culture in modo da ridurre il depauperamento dei terreni, ha chiesto di aumentare coltivazioni che favoriscano la biodiversità, ha previsto la messa al bando dei pesticidi».

Dalle ragioni del malcontento alla ricerca di rappresentanza politica, il passo è breve. Le proteste erano cominciate più di un anno fa nei Paesi Bassi, quando marzo 2023 era scoppiata la rivolta contadina contro l’intenzione del governo Rutte di limitare le emissioni di azoto, che avrebbe provocato a loro dire la fine di molte aziende agricole. Ad aprile, il Movimento Agricolo-cittadino (Bbb) ha vinto in tutte le province ottenendo 16 seggi al Senato. Mesi dopo, in Germania e Francia, e nei Paesi dell’Est i toni antigovernativi e contro le politiche Ue sono palesi.

«Finora l’agricoltura è stata sacrificata nelle politiche pubbliche europee e nazionali che hanno privilegiato grandi organizzazioni votate a logiche esportatrici». Così Benoit Biteau, vicepresidente della Commissione Agri dell’Eurocamera. «Oggi l’80% della Pac va al 20% dei coltivatori attraverso grandi strutture» continua l’esponente francese dei Verdi, che sottolinea anche come negli ultimi anni si sono perse la metà delle piccole strutture contadine, lasciando in grande difficoltà chi è rimasto. «Nella logica neoliberista degli accordi di libero scambio – Canada, Nuova Zelanda, Mercosur – la prima vittima è sempre il mondo agricolo».

PREOCCUPAZIONE per una Pac «fortemente orientata verso l’agricoltura industriale e l’aumento della produzione» a tutto svantaggio dei coltivatori è espressa da Marta Messa, segretario generale di Slow Food. Che poi precisa: «Agricoltura e ambiente non sono in opposizione, perché gli agricoltori dipendono dalla natura e la natura ha bisogno di un ambiente sano per prosperare». Un’idea che risuona nelle parole dell’eurodeputato francese: «Attaccare le politiche green è una spiegazione di comodo: la minaccia arriva con cambiamento climatico e perdita della biodiversità».

INTANTO, LA POLITICA europea risponde alla piazza. Ecco il motivo dell’attivismo di von der Leyen verso le realtà agricole, nel tentativo di non essere vista come il nemico numero uno in quanto artefice del Green Deal. D’altronde, i “suoi” cristianodemocratici tedeschi – parte del gruppo popolare a Strasburgo – hanno usato il 2023 per frenare, o addirittura fare marcia indietro, su una serie di provvedimenti dal forte carattere ambientalista, proclamandosi già dalla scorsa primavera «difensori degli agricoltori e del mondo agricolo». Secondo stime diffuse dal sito Politico.eu su 400 milioni di elettori alle prossime Europee, i lavoratori del settore agricolo sfiorano i 10 milioni: una piccola percentuale, che però vale oro.