La battuta non è casuale, ed è peraltro una di quelle che risuonavano contro il M5S di Gianroberto Casaleggio ai tempi del primo grillismo e del governo con la Lega. Per di più, la pronuncia l’ex ministro e attuale capogruppo al Senato Stefano Patuanelli. Eccola: «Né di destra né di sinistra’. Lo sento dire da molti anni. Da quelli di destra». Capita che solo pochi giorni fa prima l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi (audita da Beppe Grillo in missione a Roma) e dopo Danilo Toninelli avessero espresso nostalgie verso il M5S «post-ideologico» che grazie a una congiuntura favorevole, a una campagna stampa di sponda dei grandi media e al vuoto di potere da crisi della rappresentanza arrivò a gonfiare la bolla mediatica rastrellare voti, appunto, sia a destra che a sinistra per diventare il primo partito del paese. Che l’uscita di Patuanelli non sia episodica è confermato dal fatto che prima Pasquale Tridico, il pentastellato appena eletto europarlamentare che risulta anche il più votato in assoluto, si sente in dovere di schierarsi a fianco di Giuseppe Conte. E che dopo di lui lo faccia tutta la delegazione M5S al parlamento europeo.

Giuseppe Conte intanto risponde a Beppe Grillo che lo aveva attaccato nel corso di uno suo show («Ha preso meno voti di Berlusconi da morto»). L’ex premier, parlando con i cronisti alla Camera, precisa che «il destino del M5S non è nella mani di Grillo ma di un’intera comunità» che prenderà le sue decisioni «all’assemblea costituente del prossimo settembre». Conte difende il percorso di auto-riforma che ha lanciato per arginare le polemiche interne e canalizzare la disccussione. «Questa riflessione è già iniziata – aggiunge – L’assemblea congiunta, il consiglio nazionale: hanno parlato tutti e quindi abbiamo rinviato per le decisioni a questa assemblea costituente. Di essenziale non c’è la singola persona. Di essenziale c’è la comunità che ormai è fatta da gente seria, matura, che deciderà del proprio destino». Poi non manca di polemizzare con le battute caustiche del fondatore Grillo, che contiene un atto d’accusa sulla passata legislatura: «A quella su Berlusconi, preferisco quella su Draghi grillino, anche se più dannosa per la comunità del M5S». Quanto a Raggi e Toninelli, Conte è altrettanto esplicito: «Che significa ritornare alle origini? Il contesto politico e sociale è completamente mutato. Se non lo riesci a interpretare, sei sempre più fuori». Per l’ex premier il M5S si schiera «nel campo progressista, poi se qualcuno ha inclinazioni di destra ne tragga le conseguenze».

Ieri in piazza Santi Apostoli, che in qualche modo ha celebrato la tendenza unitaria del M5S di Conte, assieme a una «scorta» di parecchi parlamentari in carica c’erano anche l’ex sindaca di Torino Chiara Appendino (che si è vista da poco confermare dalla Cassazione la condanna per i fatti di piazza San Carlo, seppure con la ridefinizione della pena) e l’ex presidente della Camera Roberto Fico. «Quando posso do sempre una mano» ha detto Appendino a un attivista che le dava il benvenuto in piazza. E la loro presenza è parsa a molti come una scelta di campo. In quello che non è ancora uno scontro interno (in serata Raggi ha chiesto maggiore «rispetto») ma che assomiglia a un fuoco di sbarramento preventivo da parte dei fedelissimi di Giuseppe Conte.