Giuseppe Conte passa all’attacco sul fronte del carovita e dei provvedimenti economici: «Gli interventi messi in campo dal governo, e che noi abbiamo sostenuto, non bastano. Dobbiamo dircelo». Accade proprio nel giorno in cui Enrico Letta incontra i sindacati confederali, riproponendo una modalità di confronto che Conte ha intrapreso da mesi, pungolando il Partito democratico su un terreno che considerava privilegiato. Inoltre, Conte parla mentre la Camera approva in via definitiva il decreto con i primi provvedimenti sui costi delle bollette. Prende l’iniziativa, l’avvocato, con forme e con contenuti che sono indicativi della marcia che sta cercando di imprimere al M5S.

In mattinata fa sapere di aver convocato «con urgenza» i comitati tematici dei 5 Stelle che si occupano di economi e lavoro. L’incontro, nella sede di via di Campo Marzio, si tiene nel primo pomeriggio. Conte rappresenta ai suoi l’«urgenza drammatica» che attanaglia cittadini e imprese. Poi incontra la stampa e annuncia una serie di proposte. La prima: abbassare il costo dei beni di largo consumo azzerando l’Iva «a prodotti come pane, latte, carne, pasta» e riducendola per le bollette di gas e luce. «Lo si può fare immediatamente usando strumenti di sconto o strumenti già collaudati come il cashback», dice ripescando una delle misure del suo secondo governo poi cancellata dal suo successore.

«Dobbiamo dare ai cittadini la possibilità di sentire uno ‘sconto alla cassa del supermercato’, di vedere fattivamente che una parte di soldi rientra nel portafoglio», spiega ancora Conte. Propone di alzare gli stipendi detassando gli aumenti in busta paga, «da subito, anche sui rinnovi contrattuali». Infine, sostiene la necessità di alzare dal 25 al 50% il credito di imposta sull’energia per aiutare le nostre imprese. «Abbiamo aziende e intere filiere bloccate e sull’orlo del baratro perché producono ad un costo non più sostenibile», spiega l’ex premier.

Draghi è dunque avvertito: «Bisogna tamponare subito questa emergenza – afferma Conte – E i 5 miliardi previsti dal Def non sono la panacea di cui abbiamo bisogno». A chi gli domanda se sta chiedendo ancora una volta quello scostamento di bilancio che Draghi ha negato già diverse volte, lui risponde con nettezza: «Ne parliamo da settimane, da tempo lo valutiamo come necessario e non più rinviabile. Servono risorse finanziarie. Le esperienze lontane e recenti ci insegnano che quando c’è un periodo drammatico, più si ritarda con gli interventi e più aumentano i costi».
Il leader del M5S, dunque, continua nella tattica di smarcarsi da maggioranza e alleati. Pur garantendo «responsabilità» nei confronti dell’esecutivo (lo ha fatto ancora ieri parlando di giustizia e fisco) e giurando fedeltà al Pd, col quale si appresta a condurre la campagna elettorale per le elezioni amministrative. Ha deciso che il M5S per non avvilupparsi nell’entropia e nelle compatibilità deve garantirsi spazi di movimento. Lo fa, per di più, chiamando in scena gli organismi da lui stesso nominati per il nuovo corso dei 5 Stelle. Sul fronte interno, peraltro, l’avvocato si prepara a nominare i responsabili territoriali e manda un segnale di avvertimento che richiama alla questione del tetto dei due mandati e alla ricandidatura dei big grillini. «I politici devono essere buoni cittadini che hanno la possibilità di fare del bene alla comunità, senza però farne un mestiere di vita – sostiene Conte – Il rischio di adattarsi a un’attività percepita come mestiere è grande e gli adattamenti in politica li ritengo sempre perniciosi». Luigi Di Maio, che ha perso colpi nel risiko delle nomine interne e del consenso tra i parlamentari, è ancora una volta avvisato.