Politica

Consulta, Calenda lascia il fronte delle opposizioni

Consulta, Calenda lascia il fronte delle opposizioniIl voto dell'8 ottobre sul giudice costituzionale alla Camera – Ansa

Corte costituzionale Il leader di Azione: «Basta con l’Aventino». Ma i 12 voti centristi non bastano a Meloni per tentare un’altra spallata. Schlein alla destra: «Vi fermeremo ancora»

Pubblicato 19 minuti faEdizione del 10 ottobre 2024

«L’opposizione la deve piantare di fare l’Aventino. Noi la finiremo, perché così non si va avanti». Non sono passate nemmeno 24 ore dal flop della destra sull’elezione del giudice costituzionale, e già il fronte delle opposizioni scricchiola. Restando tutti fuori dall’aula martedì, i parlamentari delle minoranze hanno costretto Meloni alla ritirata. Ma la premier, furiosa per lo smacco subito, ha intenzione di riprovarci entro fine ottobre, calendario permettendo. E senza un fronte comune delle opposizione potrebbe riuscire a eleggere alla Consulta il suo consulente giuridico, e padre della riforma sul premierato, Francesco Saverio Marini.

CALENDA ANNUNCIA dunque la sua uscita dal fronte delle opposizioni. Almeno su questo tema. «La Corte Costituzionale rischia di non poter più funzionare da dicembre in poi», spiega. «La persona scelta dal governo non è un pericoloso fascista, è un professore di diritto costituzionale che ha lavorato con la sinistra e ha lavorato al premierato con la destra. C’è un rischio perché deve giudicare sul premierato? No, perché si deve astenere nel caso che il premierato venisse preso in esame dalla Corte».

DOPO LE NUMEROSE USCITE dai gruppi parlamentari, Azione dispone ancora di 12 tra deputati e senatori. Non tantissimi, e non sufficienti nel caso in cui la destra volesse tentare ancora una volta di imporre un suo giudice senza accordo con le opposizioni. Martedì, quando l’ordine di scuderia nel centrodestra era di votare scheda bianca, solo in 323 hanno seguito l’indicazione (25 gli assenti, 19 le schede nulle o disperse), quando il quorum necessario per eleggere il giudice è 363. Insomma, i voti di Calenda, e quelli di Svp, potrebbero non bastare.

E Meloni potrebbe essere costretta a una reale trattativa con Schlein, che guida il primo partito dell’opposizione. «In aula avete dimostrato la vostra concezione proprietaria delle istituzioni, il vostro fastidio per quelle garanzie costituzionali che sono lì a tutela delle cittadine e dei cittadini. Ma vi abbiamo fermato ieri, vi fermeremo ancora», ha detto Schlein ieri a Montecitorio.

Anche Italia Viva sembra intenzionata a non fare sconti alla destra. «La Costituzione dice che certe figure vanno elette assieme, non facendo blitz che si traducono in figure meschine», scrive Matteo Renzi nella sua e-news. «Quando le opposizioni sono unite, il governo va sotto: ecco perché qualcuno che si dichiara di centrosinistra dovrebbe imparare la lezione. La strategia di stare fuori dall’aula ha pagato perché ha mostrato che il metodo dell’arroganza non funziona». Renzi propone al centrodestra una soluzione: «Dateci una terna di nomi di qualità. E votiamo insieme i giudici della Consulta. Fatelo se non volete perdere anche la prossima chiama. E la prossima faccia».

FDI NON HA ANCORA assorbito la botta. «Va eletto un giudice della Corte costituzionale. Speriamo che da oggi nessuno dirà più che è la maggioranza che impedisce la nomina del giudice. Continueremo coi tentativi», dice il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. «Le opposizioni bocceranno, faranno quello che vorranno, ma non noi andremo avanti». Il capogruppo di Fdi Tommaso Foti rincara: «Noi siamo per andare avanti, non per fermare il Paese o le istituzioni. La Corte Costituzionale monca è uno sfregio alle istituzioni».

Dal Pd replica Piero De Luca: «L’ostinazione della maggioranza nel rifiutare qualsiasi forma di dialogo e confronto riguardo alla Corte Costituzionale, un organo di garanzia fondamentale per gli equilibri istituzionali, è estremamente preoccupante. Così come grave è il tentativo di Fazzolari di negare l’evidenza e distorcere la realtà dei fatti. Si rassegnino. Continueremo ad essere presidio di garanzia e difesa della nostra democrazia».

ANCHE A DESTRA CI SONO dubbi sulla possibilità che Meloni ci riprovi a breve con il fidato Marini. Forza Italia, sotto traccia, ha messo sul tavolo alcuni nomi d’area: il senatore Pierantonio Zanettin, ex Csm (ieri è stato approvato al Senato il suo ddl che fissa a 45 giorni il termine per le intercettazioni), il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto e l’eurodeputata Caterina Chinnici.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento