Usa, consensi democratici con cifre da catastrofe
Una Buick modello del 1942 può andar bene nel 2024? È l’ironica domanda che pone la copertina dell’Economist paragonando Joe Biden, classe 1942, a una Buick Super di 82 anni fa. Domanda legittima, visto che il 55% degli americani (incluso il 25% dei democratici) pensano che sia troppo anziano per fare il presidente. Quanto varrebbe oggi una Buick del 1942 come quella che compare sulla copertina del settimanale? Circa 70.000 dollari, una somma rispettabile ma non eccezionale. Proprio come Biden, un presidente rispettabile ma non eccezionale nell’opinione degli americani.
Le cattive notizie per i democratici non finiscono qui: la coalizione democratica che ha eletto Biden nel 2016 mostra crepe preoccupanti. Prima di tutto gli ispanici, un tempo elettori democratici piuttosto fedeli, tra il 2016 e il 2020 si sono spostati di 18 punti percentuali verso i repubblicani. Poi i giovani: il 51% degli elettori fra i 18 e i 29 anni ritiene che Trump abbia poca o nessuna responsabilità nell’assalto al Congresso del 6 gennaio di tre anni fa, malgrado le tonnellate di prove, testimonianze e video sull’accaduto. Un atteggiamento di rigetto nei confronti di Biden e dei democratici che sta portando per la prima volta nella storia recente delle elezioni americane a vedere un candidato repubblicano in vantaggio su quello democratico nei sondaggi tra i giovani adulti. Trump in questo momento supera Biden 49% a 43% nelle loro intenzioni di voto.
E ancora: poiché negli Stati Uniti il presidente viene eletto da un collegio elettorale formato da delegati dei 50 stati, e non direttamente dai cittadini, Trump ha serie possibilità di ottenere i 270 voti elettorali necessari per essere nuovamente eletto alla presidenza grazie a un meccanismo che favorisce strutturalmente i repubblicani. Il risultato della campagna del 2024 dipenderà interamente da una mezza dozzina di stati incerti, dove la vittoria si giocherà sul filo di poche migliaia, talvolta poche centinaia, di schede. Oggi Trump è in vantaggio in Pennsylvania, Michigan, Georgia, Arizona e Nevada, tutti stati dove Biden aveva vinto, sia pure con margini ristretti, nel 2020.
Un osservatore europeo naturalmente si chiede come sia possibile che un politico rinviato a giudizio per quasi un centinaio di reati, tra cui il tentativo di restare illegalmente al potere dopo l’elezione di Joe Biden, possa essere ancora in corsa. La risposta è che il seguito di Trump si basa su meccanismi di ammirazione e fedeltà più simili a quelli di una setta religiosa che a quelli di un partito politico. I suoi sostenitori vivono in una realtà parallela in cui i fatti, le prove, la razionalità non sono presenti: si nutrono della propaganda veicolata da Fox News e altri siti di estrema destra, che mostrano immagini dell’assalto al Congresso come se si fosse trattato di una visita turistica e non di un tentato golpe fallito per un soffio.
Trump e i suoi alleati hanno avuto un notevole successo nel mantenere viva la colossale menzogna del 2020 elezioni truccate a favore di Biden, che in realtà ottenne ben otto milioni di voti più di Trump. Oggi sono due terzi degli elettori repubblicani a crederci, parecchi di più di quanti non fossero nel gennaio 2021.
A diffondere la grande bugia hanno contribuito non poco i sermoni di predicatori evangelici che considerano Trump inviato da Dio. Inviato letteralmente, non metaforicamente: il 30% degli americani, secondo un’indagine della Denison University, è convinto che Dio stesso «abbia scelto personalmente Donald Trump come presidente». Un popolare commentatore satirico della sinistra democratica, Farron Cousins, ha commentato che effettivamente scegliere «uno stronzo corrotto, narcisista e mentalmente instabile» come presidente è la giusta punizione per i peccati degli Stati Uniti, in casa e nel mondo.
Già, il mondo: perché molti democratici, in particolare tra i giovani, sono disgustati dal sostegno dell’amministrazione Biden a Israele, in pratica incondizionato malgrado il viaggio del segretario di Stato Blinken in queste ore a Gerusalemme, dove ripeterà a Netanyahu le consuete e inutili mezze frasi sulla tregua. Lo sterminio annunciato di donne e bambini palestinesi e la pulizia etnica della striscia di Gaza per insediarvi nuovi coloni israeliani stanno provocando una rivolta tra elettori tradizionalmente democratici, un sentimento che non si potrà cancellare con qualche sofisticato spot televisivo a ridosso delle elezioni del 5 novembre.
I sondaggi a dieci mesi dalle elezioni valgono quello che valgono ma l’Economist ha ragione di sottolineare che l’età di Biden, l’inflazione e l’immigrazione sono fattori che giocheranno a favore di Trump al momento del voto. Nulla è scritto ma la sola idea di un autoritario megalomane sostenuto da un movimento fascistoide di nuovo alla Casa Bianca dovrebbe farci andare tutti a Lourdes a implorare pietà per il pianeta e per la democrazia, o per ciò che ne resta.
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