Con le idee feconde di Enrico Berlinguer
Enrico Berlinguer, 1976 – Hulton Archive/Getty Images
Cultura

Con le idee feconde di Enrico Berlinguer

Anticipazioni Un estratto dalla prefazione del libro dedicato al segretario del Pci, edito da Infiniti Mondi. Il volume sarà presentato oggi, alle ore 17, presso l’Istituto italiano per gli Studi filosofici di Napoli
Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 29 marzo 2022

Appartengo all’ultima generazione che è venuta alla politica con Enrico Berlinguer. Sono stato anche io tra i Ragazzi di Berlinguer: gli anni della mia scelta politica e della mia formazione, a cavallo di anni ’70 e ’80, sono stati segnati da quella esperienza. Il mio essere comunista italiano nasce allora e con lui.

Per quanto tempo sia trascorso, e ne è passato davvero tanto, quell’imprinting originario ha mantenuto intatta una sua forza ispiratrice, quasi un modo di vedere le cose, di essere nella società che certo è evoluto, si è misurato con le novità della vita e del tempo ma ha conservato qualcosa di profondo di quello sguardo iniziale sulla politica e sul mondo: e non me ne dolgo. Tutt’altro.

HO AVUTO MODO di verificare poi quanto la stessa cosa abbia accomunato tanti che avevano vissuto quelle esperienze, segno della ricchezza di quel riferimento, di una sua intatta vitalità.

Così l’ho pensata in tutti questi anni e così la penso ancora. Continuo a ritenere che nel tornante dell’89 del secolo scorso, si sarebbe potuto dare un altro sbocco a quel passaggio così gravido di conseguenze e così dirompente. Continuo a ritenere che si sarebbe dovuto avere il coraggio della ricerca aperta, della passione per il non ancora detto.

Ma Berlinguer era già lontano ormai, pur a soli pochi anni dalla sua scomparsa.
Perché andò così, era proprio obbligato quell’esito? E ad ogni modo, vedendo quello che è successo in questi decenni che ci separano da allora, più di trenta anni, le cose del mondo, in che direzione sono andate?

IO CREDO che la consapevolezza del bisogno di un movimento critico – sociale, culturale, ideale, politico – capace di tessere una nuova tela di umanità e di naturalità dopo i profondi squarci indotti da un capitalismo reale che si è visto senza freni e limiti in questi decenni, si presenti con forza in settori non ristretti di società contemporanea.

Del resto, è la pandemia stessa ad avere rilanciato il bisogno di soluzioni che per essere considerate tali devono coinvolgere l’intera comunità umana: è in questo passaggio così drammatico che una proposizione del genere ha varcato i confini della morale e dell’etica, dell’utopia perfino per presentarsi come bisogno di politiche concrete.

E financo in quel regno del controllo mai così ampio delle nostre vite, mai così concentrato in così poche mani mai così cariche di una debordante ricchezza che rasenta l’osceno, la Rete, si aprono processi di diffusione e condivisione del sapere e della conoscenza che mettono in contatto miliardi di donne e di uomini e che accomunano ad esempio una nuova generazione davvero planetaria che, sull’esempio di una ragazzina svedese, si sta mobilitando contro i cambiamenti climatici e ha saputo rivoluzionare l’agenda di governi e poteri aprendo crepe in quel muro del dio mercato-profitto che farà di tutto per resistere.

E ALLORA, se rialzo lo sguardo su questo tempo e su questo mondo, e massimamente se rifletto sulla guerra che è tornata nel cuore dell’Europa, mi serve riandare ai temi e ai contenuti di quella ricerca interrotta trent’anni fa, che proprio sui temi della pace, di una nuova idea di Europa e di sviluppo del mondo ebbe tra le sue espressioni più significative, e ritrovo Enrico Berlinguer, le sue intuizioni, le sue sollecitazioni, il bisogno di un confronto critico e però del tutto fecondo.

Non è che dunque il tema di un nuovo socialismo di propone in tutta la sua modernità?

Un mondo nuovo di idee, come lo definisce Aldo Tortorella. Ecco allora il senso di questo lavoro che esce nel centenario della sua nascita.

SERBO ANCORA un ricordo vivido, io poco più che ventenne, di quel Congresso nazionale della Fgci del 1982 a Milano, di quel suo intervento così aperto proprio sul futuro. Così come serbo il ricordo dell’ultima volta che lo vedemmo da vicino, in occasione della Festa meridionale de l’Unità a Napoli a fine maggio del 1984. La mattina, prima del comizio finale, come era uso, fece il giro degli stand. Con la Fgci napoletana gestivamo la libreria del Festival e lui si intrattenne con noi, io ne ero il Segretario provinciale e di fronte alle sue domande semplici e dirette quasi non riuscivo a spiaccicare parola…Gli regalammo la Cantata dei giorni dispari e dei giorni pari del grande Eduardo.

E allora, c’è anche il segno di una gratitudine in questo mio scritto di oggi che mi accorgo non essere stata scalfita dal tempo. Un ricordo tenero anche se volete. Insieme a tanti altri. Quello di Sergio Garavini e di Lucio Magri e delle sue sigarette non-stop.

Quello che mi accompagna quando penso a quella giornata trascorsa, a metà degli anni ’90, insieme ad Alessandro Natta nella sua Oneglia, per discutere con lui di come fosse andata, di sinistra, di Italia. O quello di Pietro Ingrao che in quel 23 marzo 2002 voluto dalla Cgil di Sergio Cofferati, verso quel Circo Massimo, tra due ali di folla, di popolo non ancora disperso, camminava lento ma dritto, lui poco meno che novantenne, a ricevere e a dare affetto.

E PRIMA DI GIUNGERE alla selezione di testi e interventi di Berlinguer, tra cui anche quell’intervento di Milano, mi sono consentito la libertà di giocare con la storia: ho provato ad immaginare come sarebbe potuta andare su alcune questioni fondamentali se in quella Piazza di Padova non fosse successo quello che invece successe…Un gioco. Ma non inverosimile…

E allora, vuoi che invece per la storia ancora a farsi, non ci sia tanto da poter dire, per davvero?

Il podcast A voce scritta

L’11 giugno 1984 muore a Padova Enrico Berlinguer, segretario del Partito comunista italiano. il manifesto di quel giorno rende omaggio all’uomo e al leader titolando così: “È morto un buon comunista. Mancherà al suo partito, a tutta la sinistra, alla democrazia italiana in crisi”. E l’editoriale di Pintor, è come una affettuosa e commovente lettera d’addio. Legge Valentina Carnelutti.

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