Discorso della Sorbona I (2017) e II (2024) a favore di un’Europa-potenza, proposta ai partner di varie “agende”, dalla sovranità alimentare a quella energetica fino all’Europa della Difesa, iniziativa originale per il grande prestito comune di 750 miliardi, nei sette anni all’Eliseo il presidente Macron ha seguito e approfondito la linea tradizionale francese verso la Ue: forzare il più possibile le politiche comuni per indirizzare il blocco nella traccia di una “grande Francia”.

NON SEMPRE i risultati sono stati all’altezza delle aspettative, il mondo è cambiato, la Germania non vive più nel complesso del “nano politico”, con la guerra in Ucraina l’est europeo fa sentire il suo punto di vista. La Francia ha ormai il più grosso debito europeo in termini assoluti (anche se non in percentuale del Pil) e questo ha già indebolito il potere di Parigi. Ma il risultato definitivo delle legislative, il 7 luglio, potrebbe essere un terremoto anche per l’influenza francese in Europa, nel caso di una maggioranza del Rassemblement National.

Macron, che ha fatto del progetto europeo il centro della sua identità politica, non potrà evitare la scontro con un’estrema destra nazionalista e isolazionista che considera la Ue un nemico. E il voto delle europee una vendetta contro quello che l’estrema destra considera un “tradimento” delle élites (con il Tratto di Lisbona) rispetto al risultato del referendum del 2005 che ha bocciato il Trattato costituzionale (di cui l’ex presidente Valéry Giscard d’Estaing è stato l’ambasciatore).

Due legittimità costituzionali si scontreranno, con all’orizzonte una paralisi diplomatica della Francia, mentre il mondo è di fronte a importanti scadenze, dalle elezioni Usa di novembre al nuovo mandato Ue da definire, fino alla scelta della nomina del nuovo segretario generale dell’Onu (la Francia ha un seggio permanente al Consiglio di sicurezza). E già la prossima settimana il vertice Nato a Washington.

L’8 LUGLIO, il giorno dopo il voto, è prevista a Bruxelles una riunione del gruppo Identità e democrazia, a cui appartiene il Rn, che potrebbe segnarne la morte, seguita dalla rinascita di una nuova unione più potente: i Patrioti per l’Europa, con al centro il primo ministro ungherese Viktor Orbán, che ha per sei mesi la presidenza a rotazione del Consiglio Ue, il Rn di Marine Le Pen, dopo le europee la più forte delegazione dell’Europarlamento (30 seggi), dopo la Cdu-Csu tedesca, a cui ieri si è unito lo spagnolo Vox. I Patrioti nascono con un programma che è in contraddizione con la politica attuale della Francia: contro il sostegno militare all’Ucraina, contro l’immigrazione, per la famiglia tradizionale (l’interruzione volontaria di gravidanza è nella Costituzione francese e Parigi difende un’analoga decisione europea). Per Orbán l’appoggio di un eventuale governo francese a guida Rn è fondamentale, per rovesciare il corso della costruzione Ue, favorendo una somma di nazionalismi.

AI CONSIGLI EUROPEI ci sarà ancora Macron (sempre che la situazione non precipiti e lo spinga alle dimissioni). Ma il presidente avrà una voce molto debole, con una “coabitazione” ostile a Parigi. La prima prova potrebbe arrivare presto: il 15 luglio c’è un Consiglio Agrifish e il ministro dell’Agricoltura potrebbe essere un esponente del Rn, che è chiaramente ostile al Green Deal, al programma Farm to Fork e che potrebbe unirsi a Italia, Olanda, Ungheria, Austria, Repubblica ceca (in totale più del 35% della popolazione Ue) per spingere sempre più alla rinazionalizzazione della Pac.

SULLA DIFESA, Marine Le Pen ha già messo dei paletti: contro l’articolo 15 della Costituzione, ha inaugurato un braccio di ferro con Macron sui poteri dell’Eliseo, affermando che sono solo «onorifici», che è il primo ministro a tenere «i cordini della borsa» e che può bloccare decisioni del presidente (per esempio sull’aiuto all’Ucraina). I legami del Rn con la Russia di Putin sono noti, c’è una sequenza di dichiarazioni della leader Marine Le Pen, c’è stato il prestito di una banca russo-ceca (oggi il Rn afferma di averlo restituito, in effetti non ha più bisogno di soldi, intasca 37mila euro per deputato eletto più 1,6 euro per voto, cioè più di 20 milioni di euro). Il Rn difende l’idea della priorità delle leggi nazionali sui Trattati europei. Marine Le Pen, che due anni fa ha rinunciato al Frexit, ha esaltato il Brexit, paragonandolo alla caduta del muro di Berlino.