In seguito alla sconfitta elettorale, le milizie bolsonariste in Brasile hanno promosso un’escalation di violenza contro i movimenti sociali, le università e i centri di cultura. Roberto Leher, pedagogista e analista politico, rettore dell’Università Federale di Rio de Janeiro dal 2015 al 2019, vede gli ultimi atti violenti contro questi bersagli come parte di una strategia di guerra culturale a cui solo un’educazione critica potrà dare risposta…

Come leggere queste continue aggressioni?

Roberto Leher

All’alba del 12 novembre, gruppi neonazisti, milizie e manifestanti bolsonaristi hanno attaccato il Centro di formazione Paulo Freire del Movimento dei contadini Senza Terra (MST), imbrattandolo con svastiche e incendiando l’abitazione del coordinatore. Con questo atto, hanno cercato di minacciare due simboli importanti della democrazia: l’educatore Paulo Freire e i movimenti sociali. Il giorno delle elezioni, nel mezzo di oltre 400 blocchi stradali, hanno aggredito un autobus degli studenti dell’Università di Rio de Janeiro, minacciando di incendiarlo e di bruciarli vivi. Non riconoscono il processo elettorale e si riuniscono davanti alle caserme invocando a gran voce l’intervento militare, o quello “federale”, che è una figura giuridica incomprensibile.

Identificare il nemico interno nelle università, nel teatro, nel mondo della cultura, in tutti coloro che non professano le loro forme di percepire il mondo, è parte di una strategia di guerra culturale come razionalità strategica militare. Come nella guerra militare, oltre a creare un nemico, si colpiscono infrastrutture strategiche: il governo Bolsonaro ha eliminato le risorse straordinarie di investimento universitario e dimezzato le risorse ordinarie destinate a manutenzione, pulizia, energia, ha ridotto gli investimenti nella scuola pubblica del 30% e vietato una legge già approvata che garantiva internet gratuito agli studenti durante la pandemia. Allo stesso modo, sono stati colpiti gli Istituti di ricerca, tutti gli organi che contraddicono le concezioni del mondo antiscientifiche care a Bolsonaro, purtroppo ormai largamente diffuse nel nostro Paese.

 

Milioni di persone vivono in una condizione di “dissonanza cognitiva”, in un contesto narrativo dove l’uso critico e autonomo della ragione non trova luogo. Sono delusi da Bolsonaro perché Bolsonaro non ha optato per il golpe

Questa guerra culturale ha avuto come metodo anche la diffamazione di studenti e professori.

Si sono inventati che studenti e docenti si drogavano, bivaccavano nelle aule, hanno addirittura detto che andavano in giro nudi per i campus universitari, costruendo così l’immagine del nemico interno. Dopo i tagli e le fake news, il governo Bolsonaro stava andando verso il terzo atto di questa guerra culturale, per annullare il nemico. Alcuni militari hanno elaborato un documento ufficiale chiamato «Progetto di Nazione» che indica come dovrebbe essere il Paese tra trent’anni dichiarando, tra l’altro, che «sarà necessario neutralizzare i professori». La rielezione di Bolsonaro avrebbe fatto avanzare quest’agenda distopica e incentivato la repressione violenta degli studenti, evidente negli episodi di aggressione che stiamo vivendo.

Eppure la vittoria di Lula è stata riconosciuta sia a livello nazionale che internazionale…

Si, ma ci sono milioni di persone che vivono in una condizione di “dissonanza cognitiva”, in un contesto narrativo dove l’uso critico e autonomo della ragione non trova luogo. Sono delusi da Bolsonaro perché Bolsonaro – resosi conto di non avere l’adeguato sostegno – non ha optato per il golpe. Odiano l’università pubblica, gli istituti scientifici perché sono uno spazio di umanità, di democrazia, di ricerca e di produzione del pensiero critico e scientifico, in grado perfino di smentire Bolsonaro quando propagandava la clorochina come rimedio contro il Covid.

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Nei precedenti governi Lula c’era stata un’espansione universitaria tramite le quote per le popolazioni più povere, la creazione di istituti federali e campus nelle zone interne. Come si spiega che – nonostante questa crescita – il contesto sociale sia così drammatico?

Con Lula c’era stato un cambiamento sociale senza precedenti, ma credo sia ancora fragile la transizione tra istituti di ricerca-università e le persone immerse nelle reti virtuali. Abbiamo una percezione chiara di come gli algoritmi favoriscano l’estrema destra. Milioni di persone non si informano tramite gli approfondimenti dei giornali, ma vivono in un ambiente alienato di reiterazione delle fake news. È incredibile pensare che quasi diecimila persone abbiano festeggiato la notizia falsa che loro stessi avevano creato, ossia che Alexandre de Moraes – presidente del Tribunale Superiore Elettorale – era stato arrestato per il reato di rispettare il risultato delle urne. C’è bisogno di un controllo sociale sulle reti sociali che non permetta più la propagazione di notizie false e soprattutto di un movimento internazionale a livello educativo in grado di promuovere – come insegna Freire – il passaggio da una coscienza fanatica a una coscienza critica, andando oltre il senso comune.

Questo movimento passa anche per la scuola pubblica…

In Brasile la scuola pubblica accoglie ogni giorno oltre 45 milioni di persone ed è spesso l’unico riferimento nelle aree più difficili. A mio avviso la sfida non è dire a chi vive questa dimensione di “dissonanza cognitiva” che stanno sbagliando e sono fuori della realtà. Questo non crea transitività tra cultura e settori popolari.

Le scuole possono avere un ruolo importantissimo se – piuttosto che contrapporre concezioni del mondo opposte – agiscono in modo dialogico e complesso, sulla riflessione critica. Purtroppo, nella mercificazione dell’educazione e in un modello competitivo molti docenti sono formati a distanza, senza questo spirito critico. Dovremo quindi lavorare a livello internazionale sulla formazione degli insegnanti per cambiare il mondo della scuola, promuovendo una coscienza critica in grado di svelare il funzionamento degli algoritmi, delle reti sociali, della disinformazione, per mettere in discussione la costruzione del potere e recuperare uno spirito democratico.