Comizio e fuga, il ritorno da film di Puigdemont
Catalogna Dopo sette anni il leader indipendentista rimette piede a Barcellona, parla dal palco montato in piazza e poi scappa per evitare l’arresto. Due agenti di polizia fermati perché sospettati di averlo aiutato a fuggire
Catalogna Dopo sette anni il leader indipendentista rimette piede a Barcellona, parla dal palco montato in piazza e poi scappa per evitare l’arresto. Due agenti di polizia fermati perché sospettati di averlo aiutato a fuggire
Sono appena le 8 della mattina, quando i manifestanti cominciano ad arrivare all’Arc de Triomf, a Barcellona, nonostante l’afa già opprimente e la prossimità del Ferragosto. Sono venuti ad accogliere il loro leader, Carles Puigdemont, tornato dall’esilio e di nuovo in terra catalana, dopo sette anni di assenza. Sono tre quattromila indipendentisti, fedelissimi dell’ex president e per quanto consapevoli che il suo ritorno possa costargli l’entrata in prigione, ostentano una certa normalità, sotto il palco si respira una tensione calma. Sui due schermi che svettano sullo scenario scorrono in continuazione video e immagini di Puigdemont, l’accompagnamento musicale drammatizza il momento storico. Folta la presenza dei mezzi d’informazione accorsi per immortalare l’evento, almeno una trentina sono stranieri. Sulla piattaforma elevata disposta per la stampa da cui è possibile intravedere il retro del palco, si attende con impazienza l’attimo in cui il leader di Junts apparirà sulla strada. Attorno alle 9, Carles Puigdemont va in scena e la piazza viene giù per l’entusiasmo.
LE SUE PRIME PAROLE sono proprio quelle che la sua gente aveva bisogno di ascoltare, per non sentire il peso della sconfitta e ritrovare il senso di una prospettiva: «Siamo ancora qui, perché non abbiamo diritto a rinunciare». È un’arringa breve, di cinque minuti, in cui denuncia la persecuzione dei giudici spagnoli nei suoi confronti. Il Tribunal Supremo infatti non vuole riconoscergli l’amnistia per il reato di distorsione di fondi pubblici nel referendum dell’1 ottobre 2017, invece previsto nella legge tra quelli amnistiabili nel caso in cui non ci sia stato arricchimento personale. Perciò non è rientrato finora in Spagna, come ha potuto fare invece la segretaria di Esquerra Republicana, Marta Rovira, che si era esiliata in Svizzera, una volta che l’accusa di terrorismo nei suoi confronti per il movimento Tsumani Democràtic è stata archiviata.
Puigdemont aveva detto che sarebbe stato presente alla sessione di investitura del presidente della Generalitat. In un primo momento, dopo le elezioni catalane del 12 maggio in cui l’indipendentismo ha perduto per la prima volta dopo dieci anni la maggioranza assoluta parlamentare, si era candidato alla carica di president in opposizione al socialista Salvador Illa, che quelle elezioni ha invece vinto. Quando è apparso evidente che non avrebbe avuto i voti per essere eletto president, ha provato a far saltare l’accordo tra Esquerra Republicana e i socialisti catalani per eleggere Illa, così è tornato proprio per manifestare tutta la sua contrarietà all’intesa e la sua alterità rispetto all’indipendentismo di matrice Repubblicana. Già nel passato aveva promesso in più di un’occasione di ritornare, senza mai dare seguito all’impegno. Questa volta invece ha mantenuto la promessa, almeno in parte. Perché in parlamento non c’è mai arrivato.
ERA PREVISTO, INFATTI, che dopo il suo intervento in piazza, una carovana di leader istituzionali e di partito, lo accompagnasse, scortandolo, fino alle porte del parlamento. E mentre i manifestanti e i giornalisti si spostavano tutti in quella direzione, per accedere al Parc de la Ciutadella dov’è la sede della camera catalana, chiuso da tutti i lati, con l’unica entrata aperta con accredito presso l’Estació de França, bastava poco per accorgersi che Puigdemont non era nel corteo.
Narrano le cronache, che in quel momento di massima confusione, infatti, in cui tutti correvano da un’altra parte, Puigdemont sia scivolato dietro un pannello chiaro posto sul palco a mo’ di porta e salito rapidamente su una macchina bianca che lì era bell’apposta parcheggiata, dandosi alla fuga. Si è poi detto che i Mossos d’Esquadra, a cui sembra che il ministero degli Interni spagnolo avesse affidato l’arresto di Puigdemont, come disposto dall’ordine nazionale di cattura del giudice istruttore Llarena, avessero previsto un’operazione di polizia proporzionale per la sua detenzione, evitando di arrestarlo in pieno comizio. E invece, nonostante la cospicua presenza di poliziotti in borghese, Puigdemont gli è scappato sotto il naso.
SI FAVOLEGGIA QUINDI di corse contro mano a bordo di questa macchina bianca, che sarebbe stata di un mosso, arrestato insieme a un altro agente con l’accusa di averlo aiutato a fuggire, inseguita sulla Ronda Litoral dalla polizia catalana, come in un vero e proprio film d’azione.
La fuga di Puigdemont ha aperto una grave crisi istituzionale nel corpo dei Mossos d’Esquadra. Erano giorni che si preparavano per tutti i possibili scenari, ma non quello della fuga. Hanno attivato l’operazione “gabbia”, che chiude tutti i possibili valichi in città e fuori e permette di fermare e perquisire i veicoli in strada. Per il momento, le ricerche non hanno avuto esito, la destinazione del leader indipendentista rimane sconosciuta.
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