La sparatoria al club Q, una discoteca Lgbtq+ a Colorado Springs, dove almeno 5 persone sono morte e 25 sono state ferite, ha provocato una prevedibile ondata di reazioni. «Le notizie violente che arrivano dal Colorado sono disgustose e strazianti, tanto più perché c’è uno schema – ha scritto su Instagram il segretario alle infrastrutture Pete Buttigieg, dichiaratamente gay – Non possiamo, non vogliamo, permettere all’odio di vincere. Dobbiamo porre fine a tutto questo. Nessun riposo finché tutti noi, compresi noi della comunità Lgbtq+, non potremo essere e sentirci al sicuro».

Il governatore democratico del Colorado, Jared Polis, primo governatore Usa apertamente gay, ha definito la sparatoria «orribile, disgustosa e devastante», e ha ordinato di abbassare le bandiere a mezz’asta. Anche il presidente Biden ha condannato la violenza e ha, ancora una volta, chiesto l’aiuto del Congresso per approvare un divieto federale bipartisan delle armi d’assalto.

Intanto sono arrivate più informazioni riguardo l’identità del killer fermato dalla polizia. Si tratta del 22enne Anderson Lee Aldrich, attualmente ferito e ricoverato in ospedale. Contro di lui cinque 5 capi di accusa per omicidio e cinque per reato motivato da pregiudizi. Aldrich è il nipote di Randy Voepel, un politico repubblicano fervente supporter di Trump, deputato dello Stato della California, ex sindaco della cittadina di Santee e acceso sostenitore del diritto alle armi. Nel 2021 Voepel era stato condannato per i commenti fatti subito dopo l’attacco al Campidoglio, con cui aveva paragonato la rivolta del 6 gennaio alla guerra d’indipendenza americana. Appena 3 giorni dopo la rivolta Voepel aveva dichiarato all’Union-Tribune: «Questi sono Lexington e Concord. I primi colpi sparati contro la tirannia che verrà instaurata da Biden il 20 gennaio».