Cofferati: «Liguria, le larghe intese il Pd le ha già fatte»
Regionali L’eurodeputato: «Alle primarie i dirigenti dem lo hanno teorizzato: in regione un’alleanza con la destra, come a Roma. E la faranno». «Paita attacca Pastorino ma non dice che la rottura l’hanno voluta loro». «A sinistra ormai tanti leader? Bene, che cento fiori fioriscano. Purché si parlino»
Regionali L’eurodeputato: «Alle primarie i dirigenti dem lo hanno teorizzato: in regione un’alleanza con la destra, come a Roma. E la faranno». «Paita attacca Pastorino ma non dice che la rottura l’hanno voluta loro». «A sinistra ormai tanti leader? Bene, che cento fiori fioriscano. Purché si parlino»
Sergio Cofferati, la candidata presidente del Pd ligure ora dice: «Larghe intese con la destra? Mai». Non era vero niente: il Pd in Liguria non farà le larghe intese?
Le ha già fatte. Alle primarie l’accordo con la destra è stato esplicito. I capi del centrodestra, con dichiarazioni pubbliche, sono andati alle primarie per scegliere il candidato del centrosinistra.
Però ora Raffaella Paita giura che non le farà mai. Lei non si fida?
Ripeto: per il ’prima’ le hanno già fatte. Per il dopo, «del doman non v’è certezza». Ma è difficile prendere sul serio chi è candidato grazie ai voti del centrodestra. D’altro canto che la Liguria dovesse essere un luogo di sperimentazione per un’alleanza con il centrodestra l’ha detto, anzi teorizzato, la ministra Pinotti prima delle primarie. L’accordo con il centrodestra è più che possibile. Oppure c’è la subordinata del passaggio in maggioranza dei singoli consiglieri. Cosa già avvenuta in Liguria.
Renzi è molto preoccupato per il risultato ligure. Il ministro Orlando dice che consegnerete la regione a Toti.
È singolare che il Pd faccia campagna elettorale aggredendo la sinistra senza mai attaccare il centrodestra. Toti non esiste, sottovalutano anche il Movimento 5 Stelle, l’unico problema è Luca Pastorino. Ma nascondono com’è andata: la lista di sinistra nasce dalle loro decisioni, dalla rottura che loro hanno determinato nel Pd quando hanno accettato felicemente i voti del centrodestra per poi amministrare con loro. E quando poi non hanno voluto discutere di quello che era successo, sia l’imposizione politica sia i brogli alle primarie. Renzi ha dichiarato che Paita aveva vinto prima che i garanti finissero il loro lavoro, a conferma che dei risultati di quel lavoro non gli interessava nulla. Questa rottura nel Pd non c’entra né con la mia uscita né con quella di Luca: la lettera dei 200 iscritti Pd che hanno dichiarato che voteranno Pastorino è la conferma di quello che è successo.
Molti altri faranno il voto disgiunto Pd-Pastorino?
Non credo, ma questo segnala una sofferenza diffusa, così come il calo secco degli iscritti al partito. Hanno voluto la rottura e ora hanno paura. E fanno bene: anche perché non c’è solo il tema del risultato, pure importantissimo, ma anche quello di quanti andranno a votare. E quello del raffronto con la percentuale presa in Liguria alle europee.
Oltre il 41 per cento. Lei era candidato ed è stato fra i più votati.
Questo però l’ha detto lei.
Il Pd fa circolare voce che le intese si faranno a sinistra, con Pastorino.
E no. Questo non è possibile. Primo, perché il suo programma non ha niente a che spartire con quello del Pd. Secondo, perché ci sarà comunque un problema di rapporti: non si può coprire di contumelie Pastorino e poi immaginare di fare delle cose con lui.
Il Pd genovese dice che lo sciopero della Cgil (indetto per oggi nel capoluogo, ndr) è uno sciopero politico contro il governo. Lo è?
Polemica priva di fondamento. Gli scioperi si giudicano dal merito, non dalla vicinanza alle scadenze elettorali. Genova ha una serie di crisi industriali, aziende appese a un filo, problemi all’industria, al terziario, ai trasporti: chi dice che lo sciopero non si doveva fare abbia il coraggio di dire che tutto va bene.
Come giudica il ddl scuola in approvazione alla Camera?
Pessimo. Regressivo. La scuola italiana ha rappresentato un’area di pratiche e sperimentazione di grandissimo interesse democratico. L’idea della partecipazione e della collegialità è stato un fondamento culturale. E adesso la proposta si basa su un’idea di responsabilità centralizzata nelle mani dei presidi: è un ritorno indietro.
Dal suo punto di vista è comprensibile che qualche deputato del Pd decida di lasciare il partito per questo?
Sì, è un tema sensibile. E in una comunità la scuola è tante cose intrecciate: democrazia, partecipazione, qualità della vita, anche valore della capacità di competere in un’economia attraverso l’importanza della conoscenza.
Cosa pensa del cosiddetto bonus pensioni che sarà erogato ad agosto?
Il governo non può esimersi dall’applicare integralmente dalla sentenza della Corte. Ma le dichiarazioni sono preoccupanti: non viene presentato quello che vorrebbero fare come un’ipotesi graduale a rispetto della sentenza.
La Liguria ha molti pensionati. Secondo lei si tratta di un provvedimento per fini elettoralistici, come i famosi 80 euro?
È evidente che chi si vede restituire dei soldi sarà contento. Ma non credo che stavolta funzioni: è un provvedimento monco. Gli 80 euro erano risorse date dal governo ai cittadini, con criteri discutibili per le esclusioni. Qui si tratta della restituzione, anche molto parziale, di un maltolto.
La segretaria della Cgil Camusso dice che non voterà più il Pd. È la fine di un’epoca?
I dirigenti sindacali e gli iscritti sono liberi di votare per chi credono, l’autonomia è un fondamento della Cgil. Certo, a differenza di un tempo, quando il Pci e il Psi erano i partiti di riferimento maggioritario della Cgil – parlo della preistoria, di quando c’erano i dinosauri – oggi non c’è un partito che possa dire di essere riferimento maggioritario dei sindacati confederali.
Prevede che questo partito nascerà nel dopo regionali?
No, al momento no. C’è uno spazio ampio a sinistra che andrà colmato. Con pazienza, non inseguendo l’idea di fare un nuovo partito. La strada deve essere diversa. Io spero in una discussione molto ampia sui valori della sinistra con tutti quelli che ne hanno interesse e voglia. Bisogna innanzitutto rompere questa gestione comunicativa del tutto strumentale in base alla quale uno si sveglia al mattino e si proclama di sinistra. No, non è così: si è di sinistra se si ha dei valori coerenti con la collocazione che si professa, e se dalle attività che compie ricadono azioni politiche e sociali coerenti.
Ce l’ha con Renzi che ha quest’ansia di intestare solo in capo a sé il brand della sinistra. Secondo lei perché?
Perché il Pd è diventato un coacervo tendente alla moderazione che però ha ancora una quota consistente di elettori di sinistra. E Renzi deve cercare attraverso la comunicazione di tenerli elettoralmente attivi.
Gli insegnanti e i pensionati puniranno il Pd alle prossime regionali?
Non lo so. Resta che è difficile definirsi non dico di sinistra ma anche solo progressisti se si mettono in campo provvedimenti come il jobs act , o adesso questa legge sulla scuola. D’altronde sono ormai mesi che Alfano spiega che l’Ncd sta in questo governo perché questo governo fa quello che chiedono loro da tempo. E ha ragione, lo dico con la morte nel cuore.
Fuori dal Pd, a sinistra, comincia ad esserci una certa folla di personalità. Lei, Civati, forse Fassina, per non dire di chi c’era già prima, come Vendola. C’è anche la coalizione sociale di Landini. Non è che tanta folla finirà per essere un problema?
No, che cento fiori fioriscano. L’importante è che tutti discutano fra loro e che la discussione sia sui valori di una sinistra moderna e sulle politiche coerenti. Se si mettessero a discutere di un partito sarebbe un errore grave.
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