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Cofferati: «LeU discuta di Europa. Senza chiarezza il partito non nasce»

Cofferati: «LeU discuta di Europa. Senza chiarezza il partito non nasce»Sergio Cofferati al parlamento europeo – LaPresse

L'intervista A Bruxelles siamo divisi fra socialisti e sinistra, anche fra noi tentazioni sovraniste, non possiamo non affrontarle

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 7 aprile 2018

«Sinistra italiana e Liberie Uguali affrontino subito il capitolo Europa. È impossibile dare vita a un partito senza avere un’idea della sua collocazione a Bruxelles. Anche perché il voto europeo sarà una delle prime prove del nuovo soggetto».

Sergio Cofferati, europarlamentare, indipendente nel gruppo Socialisti e democratici, è stato candidato a Genova all’uninominale. Oggi spiega di essere «preoccupato dal silenzio in cui si è chiusa LeU dopo la batosta elettorale. Anche sull’Europa».

Il segretario di Si, Fratoianni, chiede agli europarlamentari di LeU di ripensare l’appartenenza alla famiglia socialdemocratica. Lei che farà?

Questa è un’opinione del segretario, rispettabile condivisibile, ma non è ancora la posizione di Si, che non ne ha mai discusso. Rispondo che va fatta la discussione sull’Europa che fin qui Si non ha fatto.

La sera del congresso in cui si doveva decidere, il lavoro è stato sospeso perché – ci è stato detto – s’era fatto tardi. Con l’impegno di tornarci più avanti. Cosa che non è mai successa.

Forse perché fra voi ci sono posizioni diverse, dall’europeismo critico al neopatriottismo costituzionale?

Forse. Facciamo tante iniziative ma nel vuoto di una posizione definita.

Non riguarda solo noi. La geografia politica europea si sta ridisegnando.

Nell’europarlamento le rappresentanze elette cinque anni fa non hanno più nessun riscontro con le situazioni nazionali. Ci sono forze che al loro paese non sono più neanche in parlamento, come i socialisti polacchi. O che sono molto ridimensionate come i francesi, gli spagnoli, i tedeschi.

Le elezioni del 2019 riallineeranno le rappresentanze con quelle dei paesi reali.

E il primo effetto sarà la ridefinizione delle future famiglie europee. Un tema che riguarda innanzitutto la sinistra.

Il francese Macron potrebbe fondare un suo gruppo e attrarre una parte dei socialisti, forse persino l’italiano M5S?

In Francia En Marche ha raccolto parlamentari liberali, socialisti e centristi. Bisognerà capire se a Bruxelles fonderà un suo gruppo. L’europeismo di Macron sembrerebbe un riferimento anche per partiti di altri paesi. Pensiamo ai 5Stelle, in Italia, arrivati con una posizione sovranista che si è poi progressivamente modificata.

Ora la domanda la faccio io: è possibile un governo nazionale fra una forza che si ispira a Macron e una sovranista come la Lega? Oppure: il Pd può stare nella stessa famiglia politica dei 5Stelle?

In ogni caso Macron potrebbe prosciugare i socialisti.

Se si dovessero ripetere i risultati nazionali, i socialisti avranno un calo secco a prescindere. Se ne vanno gli inglesi per via della Brexit, i francesi gli spagnoli e gli italiani e i tedeschi si ridimensionano.

Se si aggiunge un’operazione di Macron, il rischio è la sparizione.

In S&D oltre lei siedono altri 4 europarlamentari di LeU. Dovrete decidere che fare?

Come Sinistra italiana, anche LeU deve decidere la sua linea: se nascerà un nuovo partito, dovrà subito scegliere la sua collocazione in Europa. Fino a qui non se ne sa nulla.

Alle scorse elezioni Si ha mandato i suoi eletti nel Gue (Cofferati invece è stato eletto dal Pd, da cui poi è uscito, ndr). Ora nel Gue ci sono anche forze sovraniste di sinistra. Posizioni diverse dalle sue.

Certo, parliamo del francese Mélenchon, o di alcuni settori della Linke. Mi auguro che queste componenti non siano maggioritarie.

Ma nel Gue sono arrivate nuove energie interessanti, da Podemos alla sinistra portoghese, che governa con un governo di sinistra.

Allo scorso voto lei ha sostenuto come candidato presidente il tedesco Schulz, la sinistra invece il greco Tsipras. Qual è il bilancio sui due?

Schulz ha perso la sua battaglia politica, sia per il vistoso calo della Spd in Germania sia per la resa alle larghe intese.

Tsipras invece sta ancora conducendo la sua battaglia, con tante difficoltà ma anche una tenuta impensabile. Alla Grecia la Troika ha inflitto provvedimenti inenarrabili.

Intanto però Mélenchon ha proposto di espellere Tsipras dalla Sinistra europea.

Proposta respinta all’unanimità, per fortuna.

[do action=”quote” autore=”Sergio Cofferati”]Riunirsi al Pd? Impensabile. Per far ripartire il nuovo soggetto serve un congresso vero e un nuovo gruppo dirigente di giovani che fin qui non sono stati in prima linea[/do]

In Italia un area di LeU, quella di Mdp, propone di rimettere insieme i cocci del centrosinistra. Modello portoghese?

Il modello portoghese non c’entra nulla. Lì c’è un governo di sinistra, qui c’è chi pensa di riunificarsi con il Pd. Il Pd che non ha cambiato linea, linea che abbiamo contrastato. Non ha senso un’ipotesi del genere.

Non crede alla possibilità di un Pd derenzizzato?

Il problema del Pd non è mai stato Renzi. Certo, il segretario ha più responsabilità di altri. Ma il problema è la linea politica.

Quelli del Pd che oggi fanno i ’critici’ quella linea l’hanno sempre approvata, provvedimento per provvedimento.

La segreteria del ’dialogante’ Martina non porterebbe nessuna novità?

Nessuna. Neanche un piccolo scostamento: nessun ripensamento su jobs act, buona scuola e via scendendo.

Il jobs act è stato votato anche da alcuni fondatori di LeU. All’epoca sottovalutarono quella legge?

Penso di sì. Ma il problema di LeU è stato più grande: abbiamo lasciato proposte importanti per milioni di persone nelle mani di altri, 5Stelle, persino Lega. Sulle pensioni abbiamo balbettato, così sul reddito minimo garantito.

LeU può ripartire?

Serve un coinvolgimento largo, larghissimo, un progetto con i suoi valori, l’adesione attraverso iscrizioni vere. E una scelta del gruppo dirigente che lo deve gestire fatta con un congresso e con il voto dei delegati. Un nuovo gruppo dirigente, con una presenza rilevante di giovani non coinvolti nell’esperienza precedente, e che abbiano il coraggio di provarci.

La discontinuità dev’essere radicale, sia nelle politiche che nelle modalità per costruire il nuovo soggetto.

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