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Cobas e Unicobas: «In piazza anche il 17 marzo»

Cobas e Unicobas: «In piazza anche il 17 marzo»Roma, la manifestazione delle donne il 26 novembre – La Presse

Non una di meno I sindacati di base rispondono alle donne

Pubblicato quasi 8 anni faEdizione del 8 febbraio 2017

Lo sciopero globale delle donne, proclamato dal movimento Non una di meno, fa discutere i sindacati: anche quelli di base, le cui rivendicazioni attraversano quelle del movimento femminista. Nelle assemblee preparatorie e in qualla che, lo scorso fine settimana, ha portato a Bologna 2000 donne, si è deciso di rivolgere una lettera ai sindacati per avere l’adesione alle mobilitazioni dell’8 marzo: perché all’Educazione e formazione è dedicata una parte sostanziale del percorso verso l’8 marzo, ma anche perché se a indire uno sciopero è un sindacato, le lavoratrici hanno copertura legale.

Per chi è più ricattata – dalle commesse nei supermercati alle precarie, alle lavoratrici domestiche e migranti – dall’assemblea è arrivata infatti la proposta di un accompagnamento diretto del movimento attraverso varie azioni di «sorellanza». Un altro punto deciso è stato quello di istituire una cassa comune per chi che non possono permettersi di perdere una giornata del magro salario. I sindacati di base hanno aderito subito e offerto copertura, ma resta una questione in sospeso: una seconda data di mobilitazione, indetta per il 17 marzo dagli insegnanti contro la legge 107 e i decreti applicativi. Le donne chiedono di far convergere sull’8 marzo anche la seconda iniziativa. Ieri, però, è arrivata la risposta di Piero Bernocchi (esecutivo nazionale Cobas), e di Stefano d’Errico, (Esecutivo nazionale Unicobas).

Pur ribadendo l’accordo allo sciopero delle donne e la copertura decisa fin da subito alle lavoratrici e ai lavoratori che intendano scioperare l’8 marzo, le strutture sindacali rifiutano di unificare le mobilitazioni. Spiegano: «La grande maggioranza dei docenti ed Ata interessati a lottare contro la 107 e le deleghe troverebbe incomprensibile una scelta del genere, vedendo le ragioni della loro conflittualità sminuite o oscurate se annullassimo queste tematiche in quello che sarà l’ovvio e sacrosanto tema dominante della giornata, la lotta contro la violenza sulle donne. In un nessun paese al mondo, nessuna struttura femminista e/o di movimento ha mai cercato in alcun modo di modificare le date e le decisioni di uno sciopero già prese da un qualsivoglia sindacato, impegnato in una lotta di categoria che la contingenza rende ineludibile».

E perché non potrebbe esserci una prima volta – è stato detto a Bologna -, visto che il movimento delle donne abbraccia, qualifica e rilancia tutti i contenuti che l’attraversano, in particolare quello della scuola? Perché – dice Marta di Communia – data l’enorme femminilizzazione della scuola? Perché, visto che la lotta di genere non è una «postura» ma una visione del mondo che attiene alla produzione e alla riproduzione della vita? Davvero la lotta di categoria ne risulterebbe depotenziata? Soprattutto, «chi può permettersi di perdere due giornate di lavoro in pochi giorni?»

Scrivono ancora Bernocchi e d’Errico: «Il vostro appello ci pare ancor più inopportuno perché: implicitamente finisce per colpevolizzarci nel caso di rifiuto, come se danneggiassimo noi lo sciopero dell’8, meccanismo davvero sgradevole per chi addirittura ne ha garantito la copertura, mentre Cgil, Cisl e Uil colpevolmente tacciono; non avete preso in considerazione che per lo sciopero scuola le date più favorevoli (e che avremmo scelto se non ci fosse stato lo sciopero dell’8) sarebbero state quelle del 24 febbraio o del 3 marzo, cui abbiamo rinunciato spostandoci nell’ultima data utile e lasciando tutto lo spazio possibile all’8».

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