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Clint Eastwood, cartografia di frontiera

Clint Eastwood, cartografia di frontieraClint Eastwood in «Per un pugno di dollari»

Strenne A proposito di «Spettri di Clint» di Mariuccia Ciotta e Roberto Silvestri, da Baldini+Castoldi

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 23 dicembre 2023

A pagina venticinque del nuovo libro di Mariuccia Ciotta e Roberto Silvestri, Spettri di Clint, c’è una mappa. È quella di Mission Ranch, il resort/albergo/ristorante acquistato e restaurato da Clint Eastwood nel 1986, nella cittadina nordcaliforniana di Carmel-by-the-Sea, di cui è stato anche sindaco per due anni.

Affacciato in alto sul mare, di fronte al cui blu pascolano una ventina di pecore, il ranch ricorda il complesso, contradditorio, incrocio di Frontiera arcaica (la stalla, la bunk house, il pascolo, la fattoria) e comfort contemporaneo (il tennis, la palestra i cottage romantici per gli sposini in luna di miele, la sala per la «continental breakfast»…), di passato e presente, in cui si dimena il ranch di Kevin Costner in Yellowstone. E in un certo senso l’America di oggi.

Con un’intuizione acuta e scherzosa allo stesso tempo, Ciotta e Silvestri sovrappongono la mappa della Eastwoodland immobiliare a quella dell’immaginario del grande attore/autore (novantatré anni il 31 maggio scorso, la stessa età dell’altro grandissimo saggio/curioso americano, Fred Wiseman). E così i western, le commedie, l’arte, Dirty Harry, la Storia, la Malpaso…. trovano il loro posto sulla cartina tipo quelle dei dépliant forniti agli ospiti di mete turistiche come questa.

La mappa -quella degli Stati Uniti, però, in una triangolazione tra il Nord industriale delle banche, il Sud del passato schiavista e il West, simbolo di speranza – torna anche nella prefazione del libro, ad indicare i poli di riferimento entro i quali Eastwood esiste e si interroga continuamente. In quel suo modo serenamente intuitivo, in continua dialettica con sé stesso e la sua persona filmica, eppure sempre curioso, aperto a quello che gli sta intorno.

L’insistenza sulla cartografia non è casuale, ci vuole effettivamente una mappa per entrare non solo nell’opera fiume, peripatetica, dell’autore ma anche in questo libro che combina l’effetto trascinante del flusso di coscienza (teorico) al gusto per il dettaglio di un miniaturista -abilmente tracciati dalla penna/pennello emergono vividi dalla pagina, e tutti «significanti», particolari del viso (le smorfie della bocca, il sopracciglio che si alza), frammenti di biografia (la figlia sconosciuta che ritorna in tanti film), squarci di paesaggio, libri, citazioni, frasi storiche (Make My Day), fatti di cronaca, Storia, aneddoti, affinità filosofiche, politiche ed elettive, amicizie inaspettate, gusti musicali, alimentari, letterari e cromatici (il nero, sempre) ….di cui si compone, poco a poco, il puzzle -che è anche la visione critica del cinema americano che Ciotta e Silvestri hanno coniato e portato avanti, in gran parte sulle pagine di questo giornale. Tra le righe di Spettri di Clint la storia di Hollywood è avvinghiata a quella degli States.

L’altra figura chiave del volume (Baldini e Castoldi) anticipata dal titolo e nella prefazione di Alessandro Cappabianca, è il fantasma. Fantasmatici sono stati fin dall’inizio tanti dei personaggi di Clint -stranieri senza nome e/o apparente passato, che si materializzano all’orizzonte all’inizio di un film e vengono risucchiati, alla fine, da quella stessa linea lontana del paesaggio. Ombre scure che si stagliano nel fascio di luce della porta di un saloon, o contro il bianco dei grattacieli su sfondo blu dello skyline di San Francisco; angeli capaci di vendette terribili e di altrettanto terribile tenerezza, dotati come sono, ogni tanto, del potere di trasmigrare da un personaggio all’altro nello stesso film, di farsi altro da sé. Schegge di Clint.

Se i capitoli dedicati al Western (prima televisivo, poi spaghetti, e poi finalmente, sepolcralmente «suo») , a Dirty Harry (il revenant piu’ rabbioso, irriconciliato) o ai personaggi storici che Eastwood ha esplorato in anni recenti, sono quelli più familiari e riconoscibili (Ciotta e Silvestri «toccano» , anche se con livelli di intensità diversi, tutti i film di Clint), le commedie (Filo da Torcere, Bronco Billy, The Gauntlet, Fai come ti pare), spesso ambientate nella zone di mezzo dell’America, quelle senza coste, deserti bianchi o grattacieli riconoscibili, sarebbero tutte da riscoprire.

Ed è affascinante anche il capitolo intitolato L’età dell’innocenza che traccia un filo rosso tra film diversi come Breezy, o il gotico meridionale del siegeliano La notte brava del soldato Johnatan, Mystic River, Honkyton Man e Un mondo perfetto, Corda tesa, Changeling, Gran Torino e Cry Macho.

I bambini -di tutte le età, i colori e la provenienza, emergono da queste pagine come un piccolo esercito, che va ad affiancare la sterminata galleria dei personaggi «ai margini» che popolano l’universo eastwoodiano, e ne sono gli eroi -prostitute sfregiate, partner uccisi, neri, poveri, messicani, ereditiere in crisi d’identità, pittori….spettri di Clint, anche loro – in questo libro di quattrocento e più pagine, in cui è bello perdersi, inseguendo libere associazioni, percorsi mentali arditi, fili narrativi imprevisti, utopie che si sgretolano e promesse che sbocciano dove non le avresti mai immaginate. Lasciarsi andare a strade sempre diverse come le linee che traccia nel paesaggio Earl Stone, il coltivatore di orchidee riciclatosi corriere della droga in The Mule.

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