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Claude Lévi-Strauss, scoprire la sintassi che sta alla base del pensiero simbolico: questa la sfida

Claude Lévi-Strauss, scoprire la sintassi che sta alla base del pensiero simbolico: questa la sfidaClaude Lévi-Strauss

Saggi Claude Lévi-Strauss, «Dal miele alle ceneri», riedito dal Saggiatore

Pubblicato circa un anno faEdizione del 10 settembre 2023

L’eredità più preziosa che Claude Lévi-Strauss ha lasciato alla cultura contemporanea consiste probabilmente nella sua teoria del mito. Lontano dal rappresentare i prodotti di una sfrenata e bizzarra fantasia, i miti sono per lui frutto della rigorosa attività logica e classificatoria dell’intelletto: attività che funziona secondo un codice binario, come la programmazione cibernetica.

In forma narrativa, i miti articolano sistemi di opposizioni logiche che non utilizzano segni astratti, bensì elementi concreti tratti dall’esperienza del mondo naturale e di quello sociale.

Tra il 1964 e il 1971, l’antropologo francese ha sviluppato queste idee in una monumentale quadrilogia dedicata ai miti dei nativi amazzonici: Dal miele alle ceneri, che Il Saggiatore oggi riedita (traduzione di Andrea Bonomi, pp. 580, euro 32,00), è il secondo volume di questa imponente impresa. Nel primo, Il crudo e il cotto, la sua attenzione era centrata sulla classificazione dei cibi che si esprime attraverso i miti, e che rimanda in ultima istanza alla contrapposizione tra natura e cultura – cioè a una definizione della natura umana come intrinsecamente culturale, in contrapposizione alle entità naturali.

Nel secondo volume, il punto di partenza dell’analisi è il rapporto fra il miele e il tabacco: due quasi-cibi, sostanze che stanno «nei dintorni del pasto» e attorno alla quali si organizza una incredibile gamma di determinazioni qualitative e formali, che Lévi-Strauss rincorre nelle infinite varianti dei miti amazzonici. La posta in gioco è la scoperta della sintassi basilare del pensiero simbolico: e dal momento che sono in gioco catene di trasformazioni logiche, tale sintassi può essere espressa in linguaggio matematico.

Da qui il frequente uso di notazioni algebriche per rappresentare la struttura dei miti: il che, insieme alle dettagliate descrizioni delle culture native, rende la lettura particolarmente impegnativa; sebbene il libro richieda uno sforzo non comune per entrare nei suoi meccanismi, vale la pena affrontarlo, perché apre una prospettiva originale e potente nel mostrare che, in definitiva, non si parla solo di lontani gruppi nomadi di cacciatori e raccoglitori, ma anche di noi stessi.

Il «pensiero selvaggio» ci appartiene, eccome. È vero che oggi, più di mezzo secolo dopo, il meccanismo schiacciasassi dell’analisi strutturale ci appare viziato da molti problemi di metodo; tuttavia resta uno strumento di cui non possiamo ancora fare a meno in ogni tipo di analisi culturale.

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