«Cittadini di serie C», i dimenticati della montagna
Aree interne Sperequazioni, disuguaglianze sociali e assenza di servizi interessano 14 milioni di persone. Le proposte di Uncem in vista del voto
Aree interne Sperequazioni, disuguaglianze sociali e assenza di servizi interessano 14 milioni di persone. Le proposte di Uncem in vista del voto
Uno degli effetti della riduzione del numero dei parlamentari, che ha comportato l’esigenza di ridisegnare i collegi elettorali, allargandoli a dismisura, è che con tutta probabilità dopo il 25 settembre 2022 ci saranno pochi “montanari” in Parlamento. Deputati e senatori saranno, sempre più e come non mai, espressione del mondo urbano. L’Unione nazionale dei comuni, comunità ed enti montani (Uncem) è uno dei soggetti che più ha denunciato questa deriva, e nei giorni scorsi in vista delle elezioni politiche ha pubblicato la propria «Agenda Montagna», chiedendo ai candidati e a tutti i partiti politici «una specifica attenzione per i territori, per le aree interne, per le comunità delle Alpi e degli Appennini e per le aree montane». Non è un vezzo: il 58,2% del territorio italiano è montano, amministrato da oltre 4.200 Comuni in cui risiede una popolazione di 14 milioni di persone, cittadini italiani «di serie C», a causa di sperequazioni e disuguaglianze sociali, legate in particolare al mancato accesso ai servizi essenziali.
MANCANO SCUOLE, mancano ospedali, mancano medici di famiglia e servizi specialistici, mancano una viabilità moderna e servizi di trasporto pubblico locale, mancano banche ed uffici postali, asili nido e – in molti casi – anche botteghe e bar. «I paesi non sono solo borghi-destinazione turistica, ma luoghi dove vivere, lavorare, fare impresa e volontariato» scrive Uncem introducendo la propria agenda, richiamando così la propria ferma opposizione al «bando-borghi» del Pnrr, che ha investito un miliardo di euro in una logica di attrattività turistica e non per migliorare le condizioni di abitabilità.
Sono altri gli interventi urgenti e necessari, secondo l’associazione presieduta da Marco Bussone. Il primo riguarda un riordino del sistema fiscale, capace di garantire «criteri di selettività e peculiarità per i territori montani», per le imprese e per gli Enti locali. «Defiscalizzare – spiega un contributo di Bussone – è più importante dell’arrivo di contributi: le imprese hanno bisogno di interventi stabili e duraturi nel tempo». Secondo Uncem, questa fiscalità di vantaggio potrebbe essere finanziata prevedendo un pagamento dell’uso delle reti da parte dei giganti del web, portando gettito e risorse per gli investimenti nelle aree rurali.
UN ALTRO ELEMENTO chiave d’intervento riguarda «la ricomposizione fondiaria», perché «la frammentazione delle particelle è talmente elevata da bloccare completamente investimenti e nuove imprese in tanti territori montani». Contro l’abbandono delle terre servono agevolazioni alla compravendita di terreni e una normativa che permetta la fruizione agricola dei territori. «La nuova Pac non è solo per le grandi imprese della pianura» denuncia Uncem, in merito alle risorse della politica agricola comune europea. Accanto all’agricoltura, c’è la questione del patrimonio forestale nazionale: «La nuova Strategia forestale nazionale deve essere pienamente attuata, con pianificazione, gestione attiva, certificazione, servizi ecosistemici-ambientali e filiere produttive che valorizzino 12 milioni di ettari di territorio, un terzo della superficie del Paese».
DEV’ESSERE PRIORITARIO anche quello che viene definito «l’innervamento digitale della montagna». Per com’è stato disegnato, il piano per Banda ultralarga non sta dando risposte al digital divide, e mancano anche ripetitori per la telefonia in comuni dove spesso non arriva nemmeno il servizio televisivo.
Non dimentica, Uncem, nemmeno i servizi di cittadinanza tradizionali, invitando il Parlamento a dare concretezza ai Lep, definendo «livelli essenziali delle prestazioni» per trasporti, asili e scuole, tenendo conto della peculiarità montana come «area di sovracosti strutturali permanenti che devono essere garantiti per il diritto di cittadinanza». Dov’è finita la retorica sulla sanità territoriale che imperava durante il lockdown pandemico? Va definito un nuovo welfare pubblico capace di colmare «i divari strutturali storici del vivere in montagna», valorizzando le comunità che formano «imprese di comunità».
Per dar corpo a questa agenda, i Comuni devono poter lavorare: la riforma degli enti locali deve garantire spazi finanziari per investimenti e per la spesa corrente, ma devono anche essere consentite assunzioni ai Comuni e agli Enti montani (Comunità e Unioni montane). Quando le idee ci sono, mancano spesso le persone per realizzarle.
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