Città 30, contro Salvini la carica dei 200
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Città 30, contro Salvini la carica dei 200

Ciclostile La polarizzazione politica avviata da Salvini sta dando i suoi effetti, anche nei comuni amministrati dalla destra persino leghista: fioccano le cronache di primi cittadini che dicono «perché no?»
Pubblicato 10 mesi faEdizione del 8 febbraio 2024

La crociata di Matteo Salvini alle città 30 km/h dopo l’avvio della fase finale a Bologna si sta rivelando un assist formidabile alla misura di riassetto urbanistico. Solo Sanremo, al momento e per una settimana, è in grado di tenere il primo posto in classifica nelle chiacchiere che sento in giro: basta solo accennare al provvedimento e riecco Guelfi e Ghibellini in smagliante forma sbucare dalla vernice di civiltà che noi italiani ci siamo pennellati addosso. Non solo delle città 30 si parla qui al piano terra della società, l’effetto più importante, ma la carica della conservazione del predominio automobilistico ha portato allo scoperto persino architetti, urbanisti e esperti vari della gestione degli spazi pubblici, sia docenti sia amministratori.

Il primo febbraio è stata pubblicata una lettera aperta ma diretta al ministro dei Trasporti in cui ben 130 di costoro spiegano perché le città 30 devono essere considerato un valore da perseguire e un destino ineludibile se vogliamo tornare alla città delle persone dopo la ultradecennale sbornia delle città per le automobili. Tra i firmatari ci sono due star del settore come Stefano Boeri e Matteo Ponti, insieme ai due «monaci guerrieri» delle città 30, Matteo Dondé e Alfredo Drufuca, quest’ultimo autore dello studio Polinomia che dimostra i benefici effetti di Bologna 30. Dopo la pubblicazione della lettera, che evidentemente non aveva raggiunto tutti coloro che potevano firmarla, c’è stata un’ulteriore pioggia di firme e nel momento in cui scrivo si rasentano le 240 firme. Tra queste mi colpisce quella di Anna Donati, che sigla come responsabile mobilità del Kyoto Club ma che è presidente e ad di Roma servizi per la Mobilità, il braccio operativo dell’omonimo assessorato romano: la qual cosa mi fa ben sperare anche per la mia città.

La polarizzazione politica avviata da Salvini sta dando i suoi effetti, anche nei comuni amministrati dalla destra persino leghista: fioccano le cronache di primi cittadini che dicono «perché no?». A Bologna un altro effetto collaterale della cosiddetta rivoluzione 30 è l’aumento, conteggiato dai totem della tangenziale delle biciclette, di passaggi a due ruote a pedali. Una conseguenza dell’ormai poco usato senso logico: se devo andare al massimo a 30 tanto vale che lasci la macchina a casa e mi sposti in bici, che fa intorno ai 20 km/h solo aumentando lievemente la spinta della camminata. L’aumento dei passaggi in bici data dal 16 gennaio, giorno dell’effettività del provvedimento bolognese. Un effetto straniante è infine l’avvio di cortei in auto e moto (e dicono anche bici, ma ci saranno incappate in mezzo) a passo d’uomo, che ricordo è di 5 km/h: ogni realtà contraria alla misura si sta organizzando per renderlo un happening costante in città. Il provvedimento di Lepore, nel frattempo autonominatosi Asterix nella sua lotta ai romani-Salvini, viene definito «da Corea del Nord». Mi sa che questi viaggiano poco in Europa.

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