Cipro, 53 prigionieri nella zona cuscinetto
In trappola I richiedenti asilo sono da giugno in trappola nell’area demilitarizzata che divide l’isola. Onu e Ue premono su Nicosia, che fa spallucce. «Il governo della Repubblica di Cipro è l’unico ad avere giurisdizione sulla buffer zone: deve consentire ai richiedenti asilo di presentare le domande», dice Emilia Strovolidou, portavoce Unhcr sull’isola.
In trappola I richiedenti asilo sono da giugno in trappola nell’area demilitarizzata che divide l’isola. Onu e Ue premono su Nicosia, che fa spallucce. «Il governo della Repubblica di Cipro è l’unico ad avere giurisdizione sulla buffer zone: deve consentire ai richiedenti asilo di presentare le domande», dice Emilia Strovolidou, portavoce Unhcr sull’isola.
A Cipro il cambiamento climatico ha fatto anticipare di qualche settimana l’estate torrida: con la prima ondata di caldo, a inizio giugno, la colonnina di mercurio è schizzata fino a 45 gradi. Le attività lavorative all’esterno sono state vietate. Nessuna eccezione, invece, è stata fatta valere per i 53 richiedenti asilo – bambini, donne e uomini, provenienti da Siria, Sudan Afghanistan, Iran, Camerun – che da maggio sono intrappolati nella buffer zone Onu, l’area smilitarizzata controllata dai caschi blu delle Nazioni unite. Le persone sono prigionieri, senza aver commesso alcun crimine, in questa striscia di terra contesa. Nessuno ha idea per quanto ancora dovranno rimanerci.
«QUI FA UN CALDO incredibile tutto il giorno, la tenda diventa rovente e siamo circondati da ratti e serpenti», spiega Sadat, un afgano di 19 anni, indicando l’accampamento di Nicosia che Unhcr, l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, ha improvvisato per lui, la sua famiglia e gli altri sventurati nella zona smilitarizzata. Insieme al giovane, la madre e due sorelle adolescenti: secondo il suo racconto, sarebbero tutti fuggiti tre anni fa dal regime dei Talebani. «Mio padre ha lavorato per la Nato e per noi era troppo rischioso rimanere in Afghanistan».
Tre anni tra Turchia e Cipro Nord; poi alla scadenza del permesso temporaneo che avevano nella zona occupata dell’isola, la decisione di tentare la fortuna attraversando la buffer zone: «Siamo stati fermati dalla polizia cipriota quando eravamo ancora nell’area Onu. E da qui non abbiamo potuto proseguire».
IL GOVERNO MOSTRA la faccia feroce ai 53 migranti, distribuiti in due accampamenti lungo la Green Line che divide le due Cipro: «Mia madre ha un cancro e ha bisogno di cure specialistiche – prosegue Sadat accorato – La polizia l’ha scortata presso l’ospedale di Aglantzia (una municipalità di Nicosia adiacente alla buffer zone, ndr), le ha consentito di farsi visitare e poi l’ha riportata indietro». Un vero e proprio respingimento, conferma anche la portavoce di Unhcr a Cipro, Emilia Strovolidou, mentre mostra la tenda dove i richiedenti asilo possono lavarsi solo con taniche e bacinelle perchè non c’è acqua corrente: «Il governo della Repubblica di Cipro è l’unico ad avere giurisdizione sulla buffer zone, quindi ha l’obbligo di consentire ai richiedenti asilo di presentare le domande», dice Strovolidu. Nicosia, invece, respinge anche alcuni di coloro che riescono a mettere piede a sud, quindi in territorio Ue: almeno in cinque sono stati rintracciati presso il centro per richiedenti asilo di Pournara mentre presentavano domanda d’asilo. Stando a racconti confermati dall’Alto commissariato, la polizia li ha prelevati dal centro e li ha riportati nella terra di nessuno.
Intanto in questo limbo dove il tempo è cristallizzato a luglio 1974 anche le giornate dei richiedenti asilo passano tutte uguali: non c’è corrente, se non quella dei generatori che i caschi blu dell’Onu prestano ai migranti ma «solo quattro ore al giorno per caricare i telefoni», dice Mudassir, anche lui afgano, 34 anni: «Ho vissuto a lungo tra Turchia e Cipro Nord. Ho conseguito un master in un’università della Repubblica turca di Cipro Nord ma finiti gli studi è molto difficile rimanere». Prosegue: «Le opportunità lavorative sono poche e le autorità non rilasciano permessi con facilità».
MUDASSIR e un amico erano riusciti a raggiungere il sud ma la polizia greco-cipriora li ha trovati e trascinati nel buco nero della buffer zone. Dal quale possono uscire solo per comprare le sigarette: «Vedi quella stazione di servizio? Tecnicamente è nella buffer zone. Ecco, quello è l’unico posto a sud dove possiamo andare». Prigionieri in forza di qualche norma che nessuno conosce, perchè lo stato cipriota rifiuta di applicare quelle note, la stazione di servizio, ultimo avamposto tra la Cipro ufficiale e la zona Onu, è presidiata 24 ore per evitare che a qualcuno dei 54 venga in mente di scappare. Per ora i suoi residenti involontari possono solo contare sull’assistenza di United Nations Peacekeeping Force in Cyprus (Unficyp), la Missione Onu che dagli anni ’60 tiene separate le due comunità più grandi dell’isola, e di Unhcr, che con la Croce Rossa coordinano le donazioni per i generi di prima necessità. I caschi blu avrebbero solo il mandato di sorvegliare il rispetto del cessate il fuoco dopo l’invasione turca del ’74 e invece, oggi, si improvvisano operatori umanitari per rimpiazzare l’autorità statale legittima, la Repubblica di Cipro, quella nell’Unione europea, che rifiuta categoricamente di farsi carico del problema.
Secondo Unhcr non è solo un’emergenza umanitaria ma una questione di diritti negati: quasi tutti i migranti, dice la rappresentante dell’Alto commissariato basandosi su un’analisi dei casi individuali condotta, avrebbero buone chance di ottenere l’asilo, se il governo consentisse di presentare le domande. Ma il presidente Nikos Christodoulides è inamovible: «Offriremo assistenza umanitaria, ma nessuno entrerà a Cipro». De facto e de iure, però, i migranti nella Repubblica di Cipro già ci sono e l’Onu, nelle forme della missione di peacekeeping custode dell’area e di Unhcr, insiste sul fatto che la Repubblica è l’autorità legittima e i migranti potrebbero presentare domanda d’asilo addirittura nella zona cuscinetto.
IL PRESIDENTE CIPRIOTA, preoccupato che si apra una «rotta della buffer Zone», una soluzione l’ha proposta: riportarli in Turchia, da dove vengono. Giovedì scorso, però, la Commissione europea è tornata sul caso: un portavoce ha detto ai media ciprioti che gli Stati membri hanno l’obbligo di consentire ai migranti di presentare domanda d’asilo. A smuovere la situazione negli ultimi giorni è stata una causa intentata dall’avvocata Nicoletta Charalambidou, a nome di 46 dei richiedenti asilo, per contestare i respingimenti.
Il governo, dal canto suo, non si sposta di un millimetro: il ministro competente, Nichiolas Ioannides ha detto che l’Ue non è coinvolta e Cipro ha l’obbligo di impedire il passaggio attraverso la Green Line. D’altronde, la stragrande maggioranza dei ciprioti la pensa così: pugno duro, anzi durissimo con i richiedenti asilo. E poco importa se quest’anno Cipro ricorda i 50 anni dalla guerra e dalla partizione dell’isola: quando ci fu lo scambio di popolazioni, i turco-ciprioti a nord e i greco-ciprioti a sud, a migliaia persero tutto e divennero rifugiati. «Noi eravamo veri rifugiati», ti dicono alcuni. E ne sono anche convinti.
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