Cinema Ritrovato 2023, il paradiso dei cinefili
Alias

Cinema Ritrovato 2023, il paradiso dei cinefili

Berta Nelson in «Fiamma simbolica», 1917

Festival La kermesse bolognese torna con un programma esteso a cinquecento film, retrospettive, incontri, trouvaille: imperdibile, fino al 2 luglio

Pubblicato più di un anno faEdizione del 24 giugno 2023

«Il Paradiso dei cinefili riapre con i suoi 480 film in 9 giorni»: lo slogan che Cinema ritrovato 2023 ha scelto per questa edizione esprime perfettamente la ricchezza dell’offerta e il successo del festival, prolungato di due giorni. I popolarissimi spettacoli-concerto in Piazza Grande alla sera includono quest’anno due film muti accompagnati dall’orchestra ovvero Stella Dallas di Henry King con la bella partitura di Stephen Horne e uno dei migliori film di Ernst Lubitsch, Lady Windermere’s Fan, oltre ad altri eventi musicali, disseminati nel programma e in altri spazi, come i «dischi illustrati» di Germaine Dulac, che alle soglie del sonoro gira alcuni corti sulle note di canzoni del tempo, una serata con Scopitone, il padre del videoclip musicale, i «corti canterini» napoletani diretti da Pietro Francisci, e persino un’esibizione musicale del regista Jim Jarmush, senza dimenticare i musical-operetta diretti da Rouben Mamoulian inclusi nella retrospettiva, da Love Me Tonight con Maurice Chevalier e Jeanette McDonald alla spettacolare Cyd Charrisse con Fred Astaire nell’ironico rifacimento di Ninotchka, Silk Stockings.

Tra i quasi 500 film, encomiabile l’iniziativa di dedicare finalmente uno sguardo retrospettivo alla figura dello sceneggiatore, che rimane uno dei professionisti del cinema meno studiati, nonostante il suo sia un ruolo essenziale, spesso assai più rilevante di quello del regista. Bologna omaggia quindi la regina delle sceneggiatrici italiane, Suso Cecchi D’Amico, che ha scritto con Zavattini Ladri di biciclette, e poi commedie all’italiana, in particolare con Monicelli, adattamenti di importanti testi letterari, cinema di impegno socio-politico e ha firmato il cinema autoriale e raffinato di Luchino Visconti. Le sue competenze linguistiche l’hanno portata a collaborare alla produzione di Vacanze romane (sua l’idea di girare la scena della fuga della principessa in una Roma popolare, con maestranze italiane abituate alle riprese per le strade, che fanno uscire il cinema americano da trasparenti e teatri di posa, neorealismizzandolo) e in seguito ad altre coproduzioni internazionali come Oci ciornie di Mikhalkov. Nella presentazione della rassegna il figlio Masolino D’Amico ha notato: «Lei univa alla sua capacità di capire e conoscere la gente e il mondo esterno, quella di capire anche il regista che l’aveva chiamata, e quello che costui aveva in testa. Era una psicologa di registi. Sapeva, o presto imparava, cosa voleva Visconti, cosa Blasetti, cosa Zampa…».

Altre figure femminili in evidenza nel programma sono alcune dive «russe» (ovvero cittadine dell’Impero russo che allora includeva Ucraina e parti della Polonia) che hanno recitato nel cinema muto italiano come la misteriosa ed eccentrica Diana Karenne, perfetta icona del fascino slavo, che scriveva, dirigeva e produceva molti dei suoi film, spesso osteggiati dalla censura per gli atteggiamenti troppo moderni e femministi. Il programma propone Miss Dorothy in cui interpreta a ritroso diverse età femminili, dalla severa istitutrice alla giovane spensierata, e alcuni frammenti, in particolare di Passione Tsigana che fece di lei una diva, del più tardo Smarrita! che contrappone la spiritualità ai valori terreni e del film russo Tragedia delle due sorelle, che documenta una sua carriera, finora ignorata, nel suo paese, da giovanissima. Come tipicamente nelle storie delle dive del muto, la sua vita è un mistero: secondo alcune biografie, terminata la sua carriera di attrice si trasferisce in Germania e muore in un bombardamento nel 1940, in altre invece sposa il poeta russo Nikolaj Ocup, e muore nel 1968 a Losanna.

La cantante e attrice Berta Nelson (nata a Odessa), che aveva esordito a Napoli dove aveva creato una sua casa di produzione, interpreta la moglie investigatrice in Fiamma simbolica diretto dal sottovalutato Eugenio Perego e soprattutto lo spettacolare film d’azione Vittoria o morte (1913), un film di spionaggio in guerra del quale è la spericolata eroina, capace di scampare a un incendio durante un naufragio, con inseguimenti che rivelano spiccate doti atletiche, da far invidia a Pearl White e alle altre eroine del seriale al femminile. Questa sezione contiene inoltre una delle perle del festival, Thais, mitico film muto finalmente restaurato dalla Cineteca Nazionale e da quella di Parigi, definito di solito «futurista» per via delle scenografie di Prampolini e per i particolari movimenti delle ballerine, Thaïs Galitzky e Ileana Leonidoff, esponenti di quei balletti russi che furoreggiavano allora. Il fortunato ritrovamento de La Tartaruga permette di vedere anche Elena Makowska, che aveva lasciato la Polonia per studiare canto a Milano, e diventa popolare più per la sua grazia e indubbia bellezza che per le sue doti di interprete (al contrario delle altre dive russe citate, che sono senza dubbio notevoli attrici).

Il programma include inoltre una manciata di altri film muti italiani o di frammenti come Marcia Nuziale tratto da Henri Bataille, con la diva più diva di tutte, Lyda Borelli, della quale Antonio Gramsci scriveva «L’arte della Borelli non esiste, perché l’attrice interpreta sempre e soltanto se stessa.» Diverso il caso di Italia Almirante Manzini costretta a interpretare con sguardi e piccoli gesti una donna paralizzata e i suoi patimenti ne L’ombra dal testo di Dario Niccodemi. Misteriosissimo Capelli biondi, un fortunoso ritrovamento di cui non si sa nulla, se non che viene da un romanzo della Scapigliatura e insinua nella trama conturbanti tratti feticisti. Questa retrospettiva è di tale successo che non si riesce più a prenotare un posto, segno che il nuovo pubblico dei festival ha capito che non si deve credere all’immagine canonica di un cinema muto italiano languidamente decadente trasmessa dai critici (borghesi, mai popolari), ma ne riconosce il cosmopolitismo, la vivace sinergia con il teatro e l’arte, i notevoli valori produttivi come le scenografie accurate, che spiccano se confrontate con i fondali dipinti e il trovarobato povero di un film Biograph dello stesso periodo. Il prezioso lavoro di Andrea Meneghelli alla ricerca di ritrovamenti e frammenti di questo cinema sta permettendo infatti di capire perché il cinema italiano prodotto prima degli anni Venti fosse così popolare in tutto il mondo, e soprattutto più popolare degli stessi film americani negli Stati Uniti, fino alla prima guerra mondiale, come hanno attestato di recente gli storici, americani inclusi.

Per chi è interessato al cinema al femminile ulteriore soddisfazione si trova nella sezione documentari che propone, tra l’altro, film su tre importanti artiste come la controversa e geniale direttrice d’orchestra Antonia Brico e le registe Agnès Varda e Dorothy Arzner. Quest’ultima, un rarissimo caso di regista donna nel cinema classico americano, ha iniziato come montatrice e a fine carriera insegnato cinema a UCLA. Tra i suoi film memorabile Falena d’argento con una splendida Katherine Hepburn, che pilota un suo aereo e appare slanciata in tuta di pelle; innamorata di un uomo sposato per orgoglio e sensibilità si suicida per non distruggerne la reputazione.

Ma non c’è solo il passato remoto nel programma di Bologna, ma anche quello più prossimo, come nel caso dell’omaggio a Nan Goldin, l’autrice di The Ballad of Sexual Dependendy e attivista contro l’uso eccessivo di oppiacei da parte dei medici americani, che la regista Laura Poitras racconta in All the Beauty and the Bloodshed, vincitore del Leone d’oro a Venezia. E poi Nancy Savoca, alunna di John Sayles, che condivide con lui il rapporto professionale e amicale con Chris Cooper e Marianne Leone, la quale è infatti interprete del suo cortometraggio studentesco Renata, da lei diretto prima di realizzare True Love, in assoluto uno dei migliori film del cinema indipendente americano.

Tra i documentari, oltre a un ricco e variegato materiale sull’Africa, si segnalano Cortile Cascino di Michael Roemer e Robert Young, che racconta dall’interno di una Sicilia povera la mafia nel 1962, e un raro documentario di Jean Epstein sull’Etna, La montagne infidèle.

Tra le varie sezioni l’interessante «Powell prima di Pressburger» sull’elegante regista inglese amato sia da Coppola che da Scorsese, la cui collaboratrice e montatrice, Thelma Schoonmaker, condurrà su Powell una conversazione.

E finalmente il regista georgiano Rouben Mamoulian, con importanti esperienze anche a Broadway, gode di una retrospettiva, che rivela il suo cinema fluido, dagli ampi movimenti di macchina, narrativamente motivati, le sperimentazioni con il sonoro e il colore, l’uso della soggettiva. Il suo virtuosismo stilistico e le sfumature delle sue narrazioni emergono in Dr.Jekill Mr Hide con Frederic March, senza dubbio il miglior adattamento del famoso romanzo, l’amarissimo melò Applause, ambientato nel mondo del vaudeville, che spezza il cuore anche al cinefilo più indurito, City Streets, un gangster film sui generis con un giovane Gary Cooper, la maliziosa operetta Love Me Tonight, la Garbo androgina di Queen Christina, che dopo una notte d’amore accarezza gli oggetti che ne sono stati testimoni, come a fissare il ricordo, il metacomunicativo The Gay Desperado, in cui l’allora famoso Nino Martini si imbatte in una banda di banditi messicani che guardano i film gangster americani per imparare il mestiere….

Nella retrospettiva su Leopold Lindtberg, curata da Mariann Lewinsky, tra gli altri il commovente quanto realistico Marie Louise (1944) su una piccola rifugiata, interpretata da una piccola francese accolta in Svizzera per sfuggire ai bombardamenti e all’occupazione nazista; immagine che si associa immediatamente alla gravità della situazione attuale, che non è fatta di numeri e di soldi, ma di persone sradicate che soffrono.

Degli altri 450 film che dire? Doveroso l’omaggio ad Anna Magnani la Grande. Lussuria cinefila con Targets, esordio di Peter Bogdanovich tra Corman e le sue ricerche di storia del cinema, con l’omaggio a Joe Dante con The Movie Orgy fatto di innumerevoli spezzoni di film e i suoi due Gremlins, e poi due tra i miei film preferiti in assoluto, One Way Passage e Man’s Castle…

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento