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Ciao Lomu, gigante buono del rugby

Ciao Lomu, gigante buono del rugbyJonah Lomu in azione con la maglia nera della nazionale neozelandese di rugby – David Davies/PA Wire - LaPresse

Sport È morto ad Auckland ad appena quarant’anni Jonah Lomu, l’ala più forte della storia del rugby. Potente e velocissimo, in appena cinque anni di attività ha segnato il record di mete in Coppa del mondo. Naturalmente con la maglia degli All Blacks

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 19 novembre 2015

Quarant’anni sono maledettamente pochi per prendere congedo dal mondo. Soprattutto se sei stato il giocatore più famoso della storia del rugby, il gigante buono capace di brutalizzare gli avversari sul campo ma anche di conquistare i bambini con uno sguardo dolce e i modi gentili.

Quel fisico scultoreo, quella forza dirompente che sul terreno di gioco nessuno riusciva ad arginare, nascondevano però un’insidia mortale: la sindrome nefrosica, una malattia dei reni che poco alla volta ha messo in ginocchio Jonah Lomu, provocandone alla fine il decesso, avvenuto martedì notte nella sua casa di Auckland. Lascia una moglie, Nadene, e due bambini di 6 e 5 anni.

Il mondo rugbystico fa conoscenza con Siona Tali Lomu, detto Jonah, nel giugno 1995.

Nel Sudafrica da poco riammesso nel consesso internazionale dopo gli anni dell’apartheid si disputa la terza edizione della coppa del mondo. Gli All Blacks presentano in formazione questo ventenne ragazzone di origini tongane, con appena due presenze in nazionale.

A un primo sguardo, con il suo metro e novantasei di altezza per 118 chili, Lomu sembra uno dei tanti isolani grandi e grossi destinati a giocare nel pacchetto di mischia. E lì, in quel ruolo, ha infatti cominciato la sua carriera sportiva, nella squadra del Wesley College di Pukekohe, un istituto secondario della periferia sud di Auckland, frequentato soprattutto da ragazzi di etnia maori o di origine tongana e samoana.

Poi qualcuno si accorge che Jonah ha qualche numero in più: oltre alla forza, c’è la velocità, 10 secondi e 8 sui cento metri. Un prodigio. Lo spostano all’ala, ruolo solitamente destinato a giocatori più piccoli e capaci di infilarsi nei pertugi delle difese avversarie. I risultati sono strabilianti.

A 19 anni Lomu è già in nazionale, il più giovane All Black della storia.

Ma torniamo in Sudafrica, in quel giugno del 1995. Nella prima partita, contro l’Irlanda, il ragazzone semi-sconosciuto con la maglia numero 11 si presenta con due mete. Poi niente, fino ai quarti di finale contro la Scozia, quando mette a segno altre due mete. E arriviamo al 18 giugno, alla semifinale contro l’Inghilterra, al Newlands Stadium di Cape Town.

Lomu è ormai uno da tenere d’occhio: è grosso, potente, veloce. Ma nessuno ha ancora capito quanto sia difficile da fermare. Al 20’ l’omone raccoglie una palla di quelle balorde, uscite un po’ malamente dalle mani di un compagno, e punta la linea di meta. Sfugge a un primo placcaggio, poi a un secondo. Davanti a lui è rimasto un terzo difensore inglese, l’estremo Mike Catt. Potrebbe aggirarlo, tentare un side-step, ma Lomu sceglie una terza opzione: gli va dentro, lo abbatte, gli cammina sopra, prosegue fino a schiacciare in meta. Dal pubblico sugli spalti sale un muggito, un misto di stupore e di terrore. Nessuno ha mai visto segnare una meta in un modo così brutale. Gli inglesi sono sotto shock, terrorizzati da quel mostro di potenza. E lui li divora, mettendo a segno altre tre mete.

Dicono che da quel giorno, da quella meta, tutto sia cambiato, perché Lomu ha rivoluzionato i parametri fisici del trequarti ala.

Di sicuro è cambiato il rugby, che imboccando di lì a poco la strada del professionismo ha cominciato a investire su giocatori sempre più potenti e veloci. Nessuno però è ancora riuscito a trovare un campione con le sue caratteristiche, capace di tenere insieme e con tale equilibrio tutte quelle qualità atletiche.

Dopo quel 1995 la carriera sportiva di Jonah Lomu sembra destinata a raggiungere traguardi impensabili.

Ma già un anno dopo, a soli 21 anni, il colosso comincia a manifestare i primi sintomi del suo male ai reni: è stanco, soffre di infezioni e di edemi. La diagnosi di sindrome nefrosica giungerà soltanto qualche anno più tardi ma intanto Lomu deve rallentare. Salta il Tri Nations del 1997, si prende qualche periodo di riposo, ma ai mondiali del 1999 è di nuovo in campo. Otto mete, di cui un paio spettacolari nella semifinale che gli All Blacks perdono contro la Francia. Non è un giocatore aggraziato, non ha mani perfette, ma per molti è lui il giocatore più forte della storia del rugby.

Quello contro i francesi sarà però il suo ultimo match in coppa del mondo.

La malattia torna a farsi sentire e a soli 24 anni la carriera di Jonah Lomu imbocca la china discendente. Lascia gli Auckland Blues per Waikato, poi passa a Wellington, ma le sue presenze in campo sono sempre più rare. Cominciano i ricoveri e le dialisi, alle uscite di scena si alternano brevi rientri che accendono speranze destinate a svanire: North Harbour, nel campionato delle province, e persino l’Europa, con un contratto che lo lega ai Cardiff Blues coi quali non riuscirà a mettere insieme più di 10 presenze.

Jonah Lonu è stanco, ingrossato e la maglia degli All Blacks è ormai solo un miraggio.

La realtà è ben più cruda: tre sedute settimanali di dialisi, il trapianto del rene. L’ultimo contratto è con Marseilles Vitrolles, un club della terza divisione francese, 3 presenze in campo prima di arrendersi e annunciare il ritiro dalle scene.

Chiude con 63 test match e 37 mete con la sua nazionale, e il record di segnature in coppa del mondo: 15, raggiunto solo quest’anno dal sudafricano Bryan Habana.

Alla cerimonia di inaugurazione della Coppa del mondo del 2011 il testimonial è lui.

L’Eden Park gli tributa il più riconoscente degli applausi, lui scherza con i bambini, interpreta la parte, sembra felice. Poi torna a casa e si sente male. Lo ricoverano d’urgenza ma ormai i suoi reni sono devastati.

Tra una degenza e un’altra c’è la sua famiglia, la sua terza moglie e i due bambini Brayley e Dhyreille. «Vorrei vederli crescere fino alla maggiore età», confessa agli amici. Non ne ha avuto il tempo.

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Il messaggio della famiglia apparso ieri sulla pagina facebook del giocatore

“It is with the saddest times, while my heart aches I share with you all a vision which Jonah and I (Mammi Nadene Lomu) had set out to do together, through your support and most of all in support of our two sons, please help me and our sons bring Daddy Jonah Lomu’s dreams and visions to life.

I promise my dear husband, all that we said we were going to do together, I will do everything and more…you blessed the world with your presence and now the world will celebrate the great man you were and will always be..THIS ONES FOR YOU JONAH ‪#‎TheJonahLomuFamily‬

All my love blows up into heaven straight at you Jonah xxx xx (NBD-RX)”

https://givealittle.co.nz/cause/jonahlomulegacy

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L’haka in omaggio a Lomu del Wesley College è da brividi

 

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