Chubut dice no da 20 anni, ma la miniera non si ferma
Argentina I governi nazionale e locale accelerano sul progetto contro la volontà delle comunità che da decenni si battono con referendum, raccolta firme e proteste per cancellare il progetto di estrazione dell'oro nella regione
Argentina I governi nazionale e locale accelerano sul progetto contro la volontà delle comunità che da decenni si battono con referendum, raccolta firme e proteste per cancellare il progetto di estrazione dell'oro nella regione
Come se la popolazione di Chubut non si fosse già pronunciata, ripetutamente e perentoriamente, contro l’estrattivismo minerario, il governatore Mariano Arcioni non riesce proprio a mettersi l’anima in pace, rilanciando nella provincia in profondo deficit finanziario il progetto di sfruttamento minerario a cielo aperto. Della serie «Ritenta, sarai più fortunato».
Dice, il governatore, che Chubut è «provincia mineraria per eccellenza», ricordando nonni e bisnonni richiamati in queste terre dall’attività petrolifera. E che le autorità politiche hanno l’obbligo di mettere da parte «posizioni dogmatiche».
Dice anche che non bisogna negare agli abitanti della provincia, immersa da tre anni in una profonda crisi socio-economica, la possibilità di «un futuro degno», le «magnifiche sorti e progressive» garantite dall’«attività mineraria sostenibile», ossimoro molto di moda in tutta l’America latina.
E dice, il governatore, che a fermarlo non saranno «500 persone che fanno casino», meritandosi con ciò l’immediata e sarcastica replica degli abitanti: «Per questo vanno così male i conti della provincia. Sono oltre 30mila le firme raccolte in piena pandemia a favore del secondo progetto di legge di iniziativa popolare contro lo sfruttamento minerario».
Un’iniziativa che segue di sei anni il primo progetto di legge contro la «megaminería» – ignorato, svuotato e poi derogato dall’Assemblea legislativa provinciale – e di 17 anni la storica consultazione popolare nella città di Esquel, quando più dell’80% della popolazione votò contro lo sfruttamento di un giacimento d’oro da parte dell’impresa canadese Meridian Gold.
E di certo non sono stati solo in 500 a mobilitarsi nelle principali città della provincia – Rawson, Puerto Madryn, Esquel, Comodoro Rivadavia – all’annuncio fatto dal governatore nel quadro della discussione sul Piano strategico di sviluppo minerario argentino.
Un annuncio ancor più temibile alla luce dell’appoggio garantito ad Arcioni dallo stesso presidente Alberto Fernández, che non ha mai nascosto il suo interesse per il Proyecto Navidad al centro della protesta a Chubut: un progetto di sfruttamento del secondo giacimento di argento e piombo più grande del pianeta per il quale l’impresa canadese Pan American Silver Corp è decisa a ottenere l’autorizzazione.
Poco importa che Arcioni avesse assicurato in campagna elettorale il suo rifiuto nei confronti dell’attività estrattiva: le promesse della campagna elettorale, si sa, sono destinate a rimanere tali. Tanto più sotto un governo come quello del presidente Fernández che, nel momento stesso in cui si impegna a «costruire un’Argentina ambientalmente sostenibile», spinge l’acceleratore sullo sfruttamento minerario, attraverso nuovi progetti di estrazione di oro, argento, litio e rame, sostiene apertamente l’agribusiness ai fini di un aumento delle esportazioni e dà il via libera al primo grano transgenico del mondo, mettendo con ciò in soffitta il concetto, caro a tutte le organizzazioni contadine, di sovranità alimentare.
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