Chirac il camaleonte
Francia È morto a 86 anni l’ex presidente. Un guerriero politico anche brutale e senza scrupoli, ma che sapeva parlare ai cittadini grazie alle sue doti umane. Intuì l’ecologismo, ma approvò gli esperimenti nucleari a Mururoa; gollista ma con un lontano fondo radical-socialista; rifiutò la guerra in Iraq, ma la fece in Kosovo
Francia È morto a 86 anni l’ex presidente. Un guerriero politico anche brutale e senza scrupoli, ma che sapeva parlare ai cittadini grazie alle sue doti umane. Intuì l’ecologismo, ma approvò gli esperimenti nucleari a Mururoa; gollista ma con un lontano fondo radical-socialista; rifiutò la guerra in Iraq, ma la fece in Kosovo
Una frase di Jacques Chirac viene ricordata in queste ore: «La nostra casa brucia e noi guardiamo altrove». Era il 2002, l’anno di inizio del suo secondo mandato all’Eliseo, nelle condizioni drammatiche del ballottaggio con Jean-Marie Le Pen. Chirac, uomo politico dalle mille sfaccettature e contraddizioni, aveva capito che l’ecologia stava diventando la questione geopolitica centrale, benché nel corso della sua lunga vita politica come delfino di Georges Pompidou avesse difeso a oltranza l’industria, come ministro l’agricoltura intensiva, come presidente approvato un esperimento nucleare a Mururoa. Ieri, Emmanuel Macron gli ha reso omaggio – «Ha incarnato la coscienza del tempo lungo» – e ha parlato di «legame quasi filiale».
L’EX PRESIDENTE, che dal 2012, dal passaggio dei poteri a Nicolas Sarkozy, era praticamente sparito dalla vita politica, «si è spento stamattina tra i suoi – ha scritto la France Presse a metà mattinata ieri – tranquillamente». Era malato da tempo, aveva 86 anni. Lunedì sarà giorno di lutto nazionale, l’Eliseo è aperto da ieri sera. Ha già dato il suo nome al più bel nuovo museo di Parigi, il Quai Branly-Jacques Chirac, dedicato alle arti primitive, di cui era da sempre un appassionato (anche se non esibiva questa e altre passioni culturali, come quella per la cultura giapponese, sempre per coltivare l’immagine di uomo del popolo). Ha incarnato «una certa idea della Francia», una «certa idea dell’Europa», ha detto Macron. Gli omaggi si sono susseguiti, da tutte le parti politiche, la Francia piange un uomo ma anche un’epoca che non c’è più. Il primo ministro, Edouard Philippe, si è detto «un po’ nostalgico». Macron ha ricordato l’attenzione a tutti, ai malati, a chi è in difficoltà, «Ci amava almeno quanto lo amavamo noi»».
Sono stati numerosi ieri, soprattutto a sinistra, a ricordare la decisione più importante della sua lunga presidenza, il rifiuto della Francia di partecipare alla guerra Usa in Iraq nel 2003, contro le posizioni della Gran Bretagna di Tony Blair, dell’Italia di Berlusconi e della Spagna di Aznar (posizione a cui ha reso omaggio ieri anche Marine Le Pen, «malgrado tutte le divergenze che potevamo avere»). Per Dominique de Villepin, il suo ministro degli Esteri che pronunciò il discorso all’Onu contro la guerra in Iraq, «una parte della Francia se ne va». Ma con Chirac ci fu l’intervento per il Kosovo.
Chirac sarà ricordato anche per l’importante discorso del Vel’d’Hiv: è stato il primo presidente francese a riconoscere esplicitamente la responsabilità della Francia nella deportazione degli ebrei. Ieri, la comunità ebraica gli ha reso un omaggio sentito. Nei suoi discorsi sul teatro internazionale, difendeva un’idea di solidarietà con il sud del mondo («padre spirituale» per Ali Bongo del Gabon), ma «vecchio stile» dal sapore françafrique. Apprezzato dai palestinesi, all’inizio della sua carriera aveva difeso l’Algeria francese.
ERA UN GUERRIERO POLITICO, anche brutale e senza scrupoli, ma grazie alle sue innegabili doti umane, sapeva parlare ai cittadini, mettendo in scena una vicinanza con il mondo rurale, che poco aveva a che vedere con la realtà delle sue origini e della sua situazione famigliare: marito della contessa Bernadette Chodron de Courcelles, che politicamente aveva fatto da tramite con la destra più determinata e con il mondo cattolico. C’è stata la lunga rivalità con Valéry Giscard d’Estaing, il presidente che proveniva dall’altra destra, quella liberale, di cui è stato per due anni primo ministro. Chirac, gollista, aveva un lontano fondo radical-socialista, che nel 2012 lo ha portato a far sapere di aver votato per François Hollande, contro Sarkozy (ma il suo entourage aveva minimizzato la cosa, addebitandola alle debolezze della vecchiaia), che lo paragonava a Luigi XVI. Aveva avuto il vezzo di lasciar dire che da giovane aveva distribuito L’Humanité, il giornale del Pcf (in rari casi, in realtà), ma da primo ministro aveva portato avanti una politica liberista di privatizzazioni.
La figura di Chirac resterà nella storia per le presidenziali del 2002, rieletto con l’82% dei voti al ballottaggio contro Jean-Marie Le Pen. Cosa che non gli impedì, poi, un irrigidimento verso gli immigrati (aveva stigmatizzato l’«odore e il rumore» dei nuovi venuti), per seguire l’involuzione dell’opinione pubblica.
È stato un uomo politico di lungo corso, la sua carriera era iniziata con De Gaulle, poi nel ’67 conquista per la destra una circoscrizione, in Corrèze, tradizionalmente terra di sinistra. Dal ’77, per 18 anni, sarà sindaco di Parigi (il primo, in precedenza c’era il prefetto). Poi per 12 anni presidente, un settennato seguito, dopo la riforma, da un quinquennato. Era stato 7 volte ministro, 9 volte eletto deputato. Nel ’95 aveva intuito che la Francia stava soffrendo della «frattura sociale», in esplosione ancora oggi. «Il primo a sentire il grido di disperazione di numerosi francesi» ha detto ieri Xavier Bertrand, presidente della regione Nord, che pensa all’Eliseo per il 2022 sul modello Chirac.
DELLA PARTE D’OMBRA di Chirac fa parte la lunga vicenda della corruzione al comune di Parigi, finita con condanne nel suo entourage e due anni (con la condizionale) per lui, primo presidente della Repubblica a subire una condanna in tribunale. Tra le grandi ambiguità c’è l’Europa. Era partito da lontano, quando nel ’78 nell’Appello di Cochin aveva parlato di «partito dell’estero» alludendo agli europeisti di destra, che avrebbero difeso «un’Europa mollusco». Poi, poco per volta, si era avvicinato alla costruzione europea, approvando l’Atto unico e poi Maastricht. Nel 2005, perde il referendum sul Trattato costituzionale. Ieri, l’ancora presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, ha voluto ricordarlo come «un grande europeista». Angela Merkel: «Per noi tedeschi, era un partner formidabile». Chirac, «saggio e visionario» per Vladimir Putin, non sembra interessare Donald Trump.
Da primo ministro, ha «coabitato» con François Mitterrand, presidente socialista. Da presidente, con Lionel Jospin, primo ministro socialista. Il giudizio di Mitterrand era senza appello: «Un retore che non ha mai spinto gli studi fino al condizionale, è a suo agio solo nella semplicità delle false evidenze». Ma Chirac, abile politico, aveva fatto un bel discorso alla morte di Mitterrand, che ancora ieri hanno ricordato i vecchi socialisti, rendendogli omaggio (Macron compreso ha ricordato il discorso).
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