In diritto la premeditazione è considerata come circostanza aggravante. E la premeditazione nella vicenda dell’autonomia differenziata versione Calderoli è ben camuffata. La proposta del minsitro (“Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata”) è scritta per colpire strumentalmente i diritti delle persone e alla fine far passare surrettiziamente un disegno politico ai danni della Costituzione italiana. La proposta Caldroli è pensata e concepita come premeditato raggiro perché non definisce ex ante, alla luce del sole, le regole, le condizioni, i limiti, le garanzie, gli obblighi che servirebbero per concedere alle regioni una plus autonomia, ma sposta tutte le decisioni finali in un “procedimento per l’approvazione delle intese fra Stato e Regione” che il Parlamento sino ad ora non ha mai autorizzato
Questo modo di procedere di fatto si limita a prendere atto delle intese già siglate tra regioni e governi, senza alcuna autorizzazione parlamentare, ma in nessun caso si preoccupa di definire, con una legge, le regole alle quali le intese tra regioni e governo debbono obbedire.

Non è accettabile che la nostra Costituzione sia manomessa nei suoi fondamentali da una generica procedura di contrattazione tra governo e regioni. Tali intese, per quanto legittime, non possono avere il potere di cambiare la Costituzione. Avallare il contrario sarebbe gravissimo.
Nel merito, invece, si devono chiarire bene le modalità alle quali le regioni dovranno obbedire per finanziare la sanità. La domanda fondamentale alla quale la proposta Calderoli non risponde con chiarezza è semplice: con il regionalismo differenziato cosa cambia nell’attuale sistema di finanziamento della sanità? La sanità sarà finanziata in base ai diritti come prevede la 833 o in base al reddito come prevede il regionalismo fiscale? E, più in generale, quale genere di tutela dobbiamo garantire al cittadino?

Oltretutto c’è un altro piccolo particolare che ci chiarisce le pessime intenzioni del ministro. Infatti la proposta Calderoli, citando l’art. 117, non parla di Lea ma di Lep (livelli essenziali di prestazioni), perché nella contro-riforma del titolo V del 2001 è appunto previsto il passaggio dai Lea ai Lep. La legge che nel 1992 ha istituito i Lea (L.502) parla di “livelli di attività di servizi e di prestazioni”, i Lep, invece, parlano solo di “prestazioni” intendendo per prestazione un singolo e specifico atto clinico-assistenziale, di natura diagnostica e/o terapeutica. I Lea sino ad ora sono stati definiti come macro aggregati di attività servizi e prestazioni e suddivisi in tre grandi gruppi (salute pubblica assistenza distrettuale assistenza ospedaliera), i Lep secondo l’art.117 sono semplici prestazioni tecniche esattamente come si usa nei prontuari delle assicurazioni.

E’ evidente che con il regionalismo differenziato l’intenzione non solo è quella di dare di più a chi è più ricco e di meno a chi è più povero, ma è anche di ridurre l’assistenza sanitaria ai più poveri a pura prestazione. Cioè in pratica con il passaggio dai Lea a i Lep si vuole reinterpretare il concetto di tutela essenziale facendolo coincidere il bisogno di cura con la prestazione tout court. Cioè con il minimo del minimo.

Siccome il sud dovrà essere garantito con i Lep e assistito con quello che Calderoli chiama “perequazione infrastrutturale”, e siccome la perequazione per le regioni del nord è come il costo della carità, di conseguenza al sud basta garantire prestazioni essenziali altrimenti la carità richiesta sarebbe troppo onerosa.
I tranelli e i trucchi di Calderoli devono essere smascherati nell’interesse della trasparenza e della democrazia.