Cgil: «La legge contro i caporali è ferma, il governo si muova»
Intervista Ivana Galli, segretaria Flai: il ddl 2217 si è arenato in Senato, ma sarebbe utile per estendere il reato alle imprese. La Rete di qualità e il bollino per l’ortofrutta «etica» non decollano: risorse insufficienti alla Cabina di regia Inps. Domani in piazza a Bari con Fai Cisl e Uila
Intervista Ivana Galli, segretaria Flai: il ddl 2217 si è arenato in Senato, ma sarebbe utile per estendere il reato alle imprese. La Rete di qualità e il bollino per l’ortofrutta «etica» non decollano: risorse insufficienti alla Cabina di regia Inps. Domani in piazza a Bari con Fai Cisl e Uila
«Siamo preoccupati: se la nuova legge contro il caporalato e le imprese che vi ricorrono non venisse approvata entro fine luglio, rischiamo di slittare oltre l’autunno». Ivana Galli, segretaria generale della Flai Cgil, presenta così la manifestazione nazionale di domani a Bari. Flai, Fai Cisl e Uila sfileranno insieme a 10 mila lavoratori agricoli per sollecitare lo sblocco del disegno di legge 2217, congelato da ben sette mesi, e il rinnovo dei contratti provinciali.
Il governo ha più volte sottolineato di ritenere prioritaria l’approvazione del disegno di legge. Come mai è ancora tutto fermo?
Il ddl 2217 è rimasto bloccato in Senato, e dopo dovrà passare alla Camera. Noto con amarezza che per altri provvedimenti si sono disposti iter agevolati e fiducie, mentre questo testo si è avviato a novembre scorso e poi si è arenato. Se non si riuscirà ad approvarlo entro luglio, in settembre potrebbe essere soffocato da altre priorità, come il dibattito sulla legge di Stabilità e il referendum costituzionale. I lavoratori non possono aspettare fine anno.
Anche perché nel frattempo, con l’arrivo dell’estate, le temperature nei campi sono già molto alte: la nuova legge migliorerà le condizioni di vita dei braccianti?
C’è un punto che noi riteniamo molto importante: il reato penale già introdotto con il 603 bis per i caporali viene esteso alle imprese che vi ricorrono, inasprendo le sanzioni. Poi si rendono strutturali delle misure che abbiamo già anticipato nel Protocollo firmato in maggio con istituzioni, imprese e associazioni: l’affidamento del raccordo tra domanda e offerta di lavoro agli uffici Cisoa delle Inps provinciali; le convenzioni per offrire trasporti trasparenti e legali dalle abitazioni ai campi; la creazione di alloggi vivibili, utilizzando ad esempio edifici di proprietà demaniale o confiscati alle mafie. Per concretizzare non basterà la legge, sarà poi fondamentale l’applicazione nei territori grazie a tutti i soggetti coinvolti.
Per diffondere la cultura della legalità e dell’ortofrutta “etica” si attende ancora l’istituzione del bollino per le aziende che rispettano le regole: in modo che al supermercato si possa selezionare e comprare solo da imprese pulite. Che fine ha fatto?
Il bollino è contenuto anch’esso nel ddl 2217, e anche per questo ne sollecitiamo l’approvazione. Sarà disponibile per tutte quelle imprese che saranno iscritte alla Rete del lavoro agricolo di qualità, poi dovremo cooperare tutti perché gli acquisti di massa – dai supermercati fino al piccolo dettaglio – si indirizzino verso le filiere, marchi e aziende che applicano tutte le regole e rispettano i diritti dei lavoratori.
Ma la Rete è decollata? Gli ultimi dati diffusi qualche mese fa non sembravano incoraggianti.
La Rete è stata avviata, ma non potrà mai decollare veramente se non si investirà innanzitutto sulla Cabina di regia coordinata dall’Inps. Non si possono fare le nozze coi fichi secchi: a sbrigare tutte le pratiche ci sono soltanto cinque impiegati, senza un software adeguato, fanno tutto a mano e con il telefono. Secondo i dati che ho potuto vedere questa settimana, sono state accolte le domande di 896 imprese, mentre 1.384 sono in attesa di risposta. Ma il bacino potenziale è di oltre 100 mila imprese, quindi noi ci auguriamo davvero che i numeri crescano.
E se arrivassero tante domande, con cinque impiegati e senza software, il paradosso è che tutto potrebbe rimanere ingolfato. Se già non lo è.
Ritengo infatti che la riuscita della Rete sia molto importante: si parte da una autocertificazione al momento della domanda, ma poi gli addetti della Cabina di regia Inps inoltrano richiesta di dati all’Agenzia delle entrate, al Casellario giudiziario, si verifica la presenza del Durc e la regolarità di contratti e versamenti fiscali e previdenziali. Un accertamento a 360 gradi sulle imprese, peraltro volontario: direi, in qualche modo, una novità in Italia.
Il salto culturale, se dovesse riuscire questo esperimento, sarebbe in effetti notevole: imprese che chiedono di essere certificate, un bollino per fare acquisti garantiti sul piano etico. Ma i controlli sono solo sulla carta. Per quanto riguarda le ispezioni nei campi a che punto siamo?
Le ispezioni sono aumentate, non c’è dubbio, e gli imprenditori si sentono sotto pressione. Ovviamente non possono arrivare in ogni singolo campo, e tante piccole aziende restano nel sommerso. I dati del 2015 parlano di 8.862 imprese agricole ispezionate, con 6.153 lavoratori che sono risultati irregolari, e 713 episodi di caporalato rilevato. Non possiamo mollare: non solo chiediamo urgentemente di approvare il ddl 2217, ma proporrò a Fai e Uila di sollecitare insieme lo stanziamento di maggiori risorse per la Cabina di regia della Rete del lavoro di qualità. Un apposito Regolamento, che speriamo verrà elaborato a breve, dovrà fissare infine le modalità di verifica periodica sulle certificazioni e i bollini emessi.
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