Dalla food valley alla death valley. Le immagini degli allevamenti alluvionati sono raccapriccianti: migliaia di animali morti annegati, galleggianti nel fango, accatastati. Molti di questi erano rinchiusi in recinti angusti e gabbie, fatte apposta per non farli scappare.

Secondo le stime della Coldiretti, nelle zone alluvionate ci sono circa 250mila bovini, maiali, pecore e capre e 400 allevamenti avicoli. In montagna e nelle zone isolate ora mancano i rifornimenti di acqua e fieno. La Coldiretti stima migliaia di alveari distrutti. L’Emilia-Romagna è una delle regioni con il maggior numero di animali allevati e strutture intensive, con oltre 20 milioni di avicoli, 1 milione di suini, 579mila bovini (Banca dati nazionale dell’Anagrafe zootecnica).

«A BERTINORO in una ricognizione effettuata qualche giorno dopo l’alluvione – spiega Chiara Caprio, portavoce di Essere Animali – il nostro team investigativo ha filmato un centinaio di maiali morti all’esterno di un capannone in un allevamento con migliaia di suini. A Bagnacavallo, nel Ravennate, i maiali nuotavano nei recinti allagati. In un allevamento di San Lorenzo in Noceto, tre capannoni sono stati travolti e più di 60mila galline sono morte. Diversi maiali morti anche a Lugo. Purtroppo questi animali sono confinati in aziende in cui molto spesso manca un piano di evacuazione per le emergenze».

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«DOPO L’ALLUVIONE abbiamo salvato maiali, cavalli, asini, pony, volatili, capre, pecore provenienti da fattorie didattiche o piccoli allevamenti – spiegano i ragazzi dell’associazione Horse Angels – più complicato è stato salvare gli animali negli allevamenti intensivi. A Villanova di Bagnacavallo siamo stati chiamati dai residenti, ma quando siamo arrivati nell’allevamento allagato, con i maiali dentro, il proprietario ci ha impedito di entrare, ci sono stati attimi di tensione, e sono intervenute anche le forze dell’ordine», raccontano Carmelo, Alex e Nicolas.

L’associazione ha scritto al presidente Bonaccini: «Chiediamo che non siano risarciti quegli allevatori che non hanno fatto nulla o addirittura impedito di salvare i loro animali, laddove si possa dimostrare che costoro avrebbero potuto aprire i cancelli e liberarli, oppure trasferirli altrove, e che non lo hanno fatto con lo scopo di lucro». Anche Animal LiberAction si è attivata per trovare una nuova sistemazione a una quarantina di conigli, dispersi nelle campagne tra acqua e fango e salvati da alcuni volontari.

A FAENZA, 600 maiali sono morti in un allevamento intensivo, gli animali che sono riusciti a salvarsi sono scappati nelle campagne. Toccante la testimonianza di Elena: «Qualche giorno dopo l’alluvione, mentre pulivamo la casa da acqua e fango, in uno scenario post bellico, abbiamo sentito un rumore dietro una siepe e abbiamo visto sbucare un maiale scappato da un allevamento, che per la fame iniziava a masticare una porta di legno trascinata lì dalla piena. Lo abbiamo chiamato Alfred, gli abbiamo dato da mangiare, ci faceva compagnia e ci rasserenava gli animi. Doveva prenderlo in carico una fattoria didattica, ma era microchippato e il suo proprietario è venuto a riprenderlo per portarlo all’allevamento, destinato al macello. Ce lo hanno praticamente strappato via, lui urlava e piangeva, noi anche. Perché in mezzo a tutta questa merda, salvare una vita era una cosa che riportava un po’ di senso e speranza. Volevamo salvarlo da un settore che ha materialmente contribuito a distruggere il pianeta e alterare il clima, con le conseguenze in cui qua siamo immersi fino alle ginocchia ogni giorno».

IL SETTORE ZOOTECNICO contribuisce infatti alle emissioni climalteranti, secondo Fao e Ipcc, in una percentuale di circa il 14.5%, ma al contempo aggrava anche l’inquinamento dell’aria e delle acque. Gran parte delle zone colpite alluvionate erano già Zvn, Zone Vulnerabile ai Nitrati, a causa dei reflui degli allevamenti, con falde acquifere fortemente contaminate. Dopo un disastro di questo tipo, con reflui, carcasse e sostanze chimiche disperse nel fango, l’inquinamento delle acque non può che peggiorare.