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Centri antiviolenza: più richieste di aiuto del periodo pre Covid

Centri antiviolenza: più richieste di aiuto del periodo pre CovidNon una di meno – LaPresse

Il focus dell'Istat A chiamare il 1522 sono quasi tutte donne. Oltre il 50% ha figli che hanno assistito ai soprusi sulla madre e nel 19,7% li hanno subiti. In 2.423 hanno trovato ospitalità nelle Case rifugio nel 2021, il 62,5% straniere

Pubblicato più di un anno faEdizione del 8 agosto 2023

L’ultimo caso di cronaca è di sabato scorso: una donna di 61 anni, Iris Setti, è stata aggredita e uccisa a Rovereto da un uomo che voleva stuprarla. In base ai dati del Viminale, tra gennaio e luglio di quest’anno sono stati 70 i femminicidi. Le statistiche dicono che in Italia il 31,5% delle donne ha subito una qualche forma di violenza: le più gravi sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici. Ieri la cronaca ha raccontato di una ragazza disabile psichica abusata da 9 adulti a Enna e una donna di Pinerolo perseguitata da 5 anni dall’ex marito che ha già una condanna per maltrattamenti: giudicato non imputabile per problemi psichici, continua a stalkerarla.

IL REPORT ISTAT «Il sistema della protezione per le donne vittime di violenza» fotografa la rete in campo. Nel 2021 erano 21.092 le donne nel percorso di uscita dalla soggezione: prima di contattare il Centro antiviolenza, il 40% si è rivolto ai parenti e il 30% alle forze dell’ordine. Altri nodi della rete sono i Pronto soccorso e gli ospedali, a cui si sono rivolte il 19,3%. Nel Lazio è più alta la percentuale di donne che si rivolge ad altri servizi specializzati (13,5% a fronte di un 5% a livello nazionale). In Sicilia sono di più le donne che hanno contattato il 1522 (18% contro la media del 6%). Nel 2022 c’è stato un calo del 10% delle chiamate valide al numero anti violenza 1522 rispetto al 2021 (da 36.036 a 32.430) ma nel 2021 c’era ancora l’effetto Covid e comunque il numero delle chiamate nel 2022 è più elevato rispetto ai periodi pre pandemia (21.290 nel 2019). L’anno scorso le vittime segnalate al 1522 sono state donne nel 97,7% dei casi (11.632 sul totale delle 11.909 vittime). Nell’80,9% dei casi sono italiane e nel 53% hanno figli.

LA VIOLENZA riportata è soprattutto psicologica (77,8%), seguita dalle minacce (6.342) e da quella fisica (52,3%). Nel 66,9% dei casi segnalate più tipologie. È soprattutto una violenza nella coppia: il 50% da partner, il 19% da ex e lo 0,7% da partner occasionali. Il 69,3% dichiara di non aver denunciato per paura della reazione o per non compromettere il contesto familiare. Il 7,1% non procede perché non ha un posto dove andare. Nel 2021 risultavano attivi in Italia 373 Centri antiviolenza e 431 Case rifugio. Nei Cav operano 5.416 figure professionali e 3.219 nelle Case rifugio. La maggior parte è retribuito e sono donne: operatrici, educatrici, psicologhe, avvocate, mediatrici. I Cav sono 0,06 ogni 10mila abitanti; 0,12 ogni 10mila donne; 1,6 ogni 10mila donne vittime di violenza. Al Sud sono attivi il 30,8% dei Cav, nel Nord ovest il 22,5%, il Centro (19,6%), il Nord est (16,4%) e le Isole (10,7%). Le Case rifugio nel 2021 erano 0,07 ogni 10mila abitanti, 0,14 ogni 10mila donne e 1,85 ogni 10mila vittime. Nelle regioni del Nord ovest si trova il 40,4% delle Case rifugio, il 22,7% nel Nord est, il 13,5% al Sud, il 12,3% nelle Isole e l’11,1% nel Centro. Nel 2021 56.349 donne hanno contattato almeno una volta un Cav: nel Nord ovest in media 269 donne per ciascun centro, al Sud 75 su una media nazionale di 183.

A FINE DICEMBRE 2021 risultavano seguite dai Cav 34.500 donne (le straniere 9.998), 21.252 con figli, 14.307 con figli minorenni. Dei 15.248 minori, il 72,2% ha assistito alla violenza sulla madre e il 19,7% l’ha anche subita. Sono 2.423 le donne che hanno trovato ospitalità nelle Case rifugio nel 2021. Nel 62,5% dei casi si tratta di straniere. I figli ospitati sono stati 2.397. Tra le donne che hanno lasciato la Casa rifugio, il 42,5% ha raggiunto gli obiettivi. Il 12,4% l’ha abbandonato e l’11,6% è tornato con l’autore della violenza. Nel 2021 il 32,8% dei Centri antiviolenza aveva un bilancio in negativo. In attivo soprattutto i Cav del Nord est. «Fondamentale investire di più e fare in modo che i fondi arrivino prima e meglio – il commento della senatrice Pd Valeria Valente, componente della Commissione femminicidi -. I Cav sono di più al Sud ma le donne vi ricorrono meno segno che il cambiamento culturale deve intensificarsi. E poi colpisce il dato dei figli minori coinvolti nella violenza domestica, davvero troppo».

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