Henry Kissinger, che oggi compie 100 anni, occupa un posto peculiare nella lista dei grandi macellai della Storia, quei re, imperatori e tiranni assortiti responsabili della morte di milioni di persone. Prima di tutto è vivo e sicuramente morirà nel suo letto, cosa non scontata: Hitler si suicidò nel bunker di Berlino a 56 anni, Mussolini aveva 61 anni quando fu fucilato a Giulino di Mezzegra, Saddam Hussein fu impiccato a 69 anni a Baghdad.

Nella lunga lista di dittatori che hanno fatto milioni di vittime alcuni sono morti, almeno apparentemente, per cause naturali: Chiang Kai-shek a 88 anni, Stalin a 75, Pol Pot a 73, Gengis Khan a 65. Tutti però, avevano guidato eserciti, rischiato la pelle sul campo di battaglia: non Kissinger. Tutti ostentavano il loro potere personale, eliminavano i dissidenti, mandavano intere popolazioni nei lager o nei campi di lavoro: Kissinger no. Il Consigliere per la sicurezza nazionale di Richard Nixon si è reso responsabile di catastrofi indicibili stando tranquillamente nel suo ufficio della Casa bianca a dare indicazioni su dove e come bombardare un paese neutrale, con il quale gli Stati uniti non erano in guerra: la Cambogia.

IL RESTO DEL SUO TEMPO lo dedicava a coltivare buoni rapporti con i giornalisti, un’arte in cui era ed è maestro, tanto da essere rispettato e osannato fino ad oggi. La stampa gli ha perdonato tutto: il colpo di stato in Cile del 1973, organizzato attraverso il generale Pinochet, la politica vietnamita, gli affari della sua società di consulenza dopo la fine del suo mandato di segretario di Stato nell’amministrazione Ford, nel 1976.

Facciamo un passo indietro. Gli Stati uniti erano in Vietnam fin dagli anni Cinquanta, per impedire la riunificazione del paese attorno a Ho Chi Minh, che aveva guidato la resistenza contro la colonizzazione francese e l’occupazione giapponese. Dopo la disfatta francese gli americani avevano creato nel Sud Vietnam il regime fantoccio di Ngo Dinh Diem, assistito prima da consiglieri militari e poi da truppe regolari, che avevano raggiunto l’incredibile cifra di 500.000 uomini nel 1968. Il corrotto e inefficiente Diem fu poi eliminato e sostituito dal generale Nguyen Van Thieu, nel 1967, senza peraltro migliorare la situazione dal punto di vista americano.

LA RESISTENZA vietnamita era asprissima, raggiungendo il suo momento più alto nel gennaio del 1968, durante la cosiddetta offensiva del Tet, il capodanno lunare vietnamita. Non solo gli insorti nel Sud avevano attaccato basi americane ovunque ma avevano anche preso il controllo dell’ambasciata americana a Saigon, rivelando alla stupefatta opinione pubblica americana che il presidente Lyndon Johnson e i militari avevano mentito per anni e anni parlando di vittoria imminente. I campus universitari esplosero, giornalisti universalmente rispettati come Wlater Cronkite si schierarono per la pace, Johnson rinunciò a presentarsi per un secondo mandato e Richard Nixon vinse le elezioni nel novembre 1968 sostenendo di avere già pronto un «piano segreto» per la pace in Vietnam. «Pace con onore» fu lo slogan che lo portò alla vittoria con uno scarto di appena 500.000 voti contro il candidato democratico Hubert Humphrey.

Bbombardamenti Usa in Cambogia, 1973 – foto Ap

NATURALMENTE era una menzogna: al contrario, Nixon e Kissinger intendevano intensificare la pressione militare sui vietnamiti usando i bombardamenti sulla Cambogia e, se necessario, anche riprendendoli su Hanoi e Haiphong. Il ruolo di Kissinger, nella primavera del 1969, era quello di indicare a militari compiacenti gli obiettivi da distruggere con i B-52 al confine tra Cambogia e Sud Vietnam: una guerra non dichiarata, segreta e criminale.
Talmente segreta da richiedere la sorveglianza di chiunque potesse rivelare i dettagli all’opinione pubblica, in particolare l’economista Daniel Ellsberg che nel 1971 aveva fornito alla stampa i cosiddetti Pentagon Papers. Fu precisamente nel contesto della guerra clandestina in Cambogia che fu concepita l’operazione Watergate, che poi condusse alle dimissioni di Nixon nel 1974.

SOLO NEL 1973 parte dei fatti relativi ai bombardamenti vennero alla luce e, nel 1983, Seymour Hersh scrisse una voluminosa biografia di Kissinger, The Price of Power, in cui c’erano maggiori dettagli sul disastro umanitario provocato tra i civili. Oggi ne sappiamo di più grazie al libro di un giovane giornalista dell’Intercept, Nick Turse, intitolato Kill Anything That Moves. The Real American War in Vietnam.
Turse ha pubblicato nuovi documenti su come venivano effettuati i bombardamenti e sugli effetti nei villaggi cambogiani, dove ha intervistato numerosi superstiti, ancora traumatizzati dalla brutalità dell’aggressione mezzo secolo dopo. La scoperta di un archivio di documenti militari in precedenza mai presi in considerazione ha permesso a Turse di rivelare che le morti di civili cambogiani nel corso dei bombardamenti fra il 1969 e il 1973 erano molte di più di quanto si sapesse.

CHE KISSINGER fosse l’architetto di questa politica di massacri non è più in dubbio dopo la scoperta dei documenti e delle trascrizioni delle telefonate di Kissinger fino alle dimissioni di Nixon. Kissinger si era formato ad Harvard studiando la deterrenza nucleare e una delle sue riflessioni lo aveva portato alla conclusione che, nell’epoca della parità nucleare tra Stati uniti e Unione sovietica, occorreva intimidire l’avversario convincendolo che il presidente americano poteva agire come un folle capace di tutto. I dirigenti sovietici, o vietnamiti, avrebbero quindi «razionalmente» ceduto per evitare la catastrofe.
La storia ha dimostrato che Ho Chi Minh e Giap non si fecero spaventare, neppure nei momenti più terribili del conflitto, e riuscirono a condurre in porto le trattative di Parigi che condussero prima al cessate il fuoco e poi alla riunificazione del paese, nel 1975.

NEL VALUTARE storicamente l’eredità di Kissinger, Nick Turse ha anche dimostrato che i bombardamenti furono l’elemento chiave nella nascita dei Khmer rossi guidati da Pol Pot, che poi avrebbero attuato il genocidio di cui sappiamo tra il 1975 e il 1978. Senza i bombardamenti è molto probabile che il principe Sihanouk sarebbe rimasto al potere in Cambogia e che comunque, se fosse stato rovesciato, il governo di Pol Pot non avrebbe avuto motivo per lanciarsi nella campagna di vendette e di stermini come invece purtroppo avvenne. Kissinger porta quindi una responsabilità indiretta anche per gli avvenimenti successivi alla fine della guerra in Vietnam, che si concluse con il ritiro delle ultime truppe americane il 25 aprile 1975.