Cecenia: giornalista rapata, picchiata e dipinta di verde
Elena Milashina – Ap
Internazionale

Cecenia: giornalista rapata, picchiata e dipinta di verde

Come Politkovskaja Le squadracce di Kadyrov contro una reporter della Novaja Gazeta. Elena Milashina assalita mentre seguiva il processo Musaeva (5 anni di colonia penale)
Pubblicato più di un anno faEdizione del 5 luglio 2023

Nuovi guai per Vladimir Putin sul fronte interno, questa volta dalla Cecenia di Ramzan Kadyrov, il primo progetto di “outsourcing” del monopolio della forza statale russa. Ieri, Elena Milashina, giornalista del foglio d’opposizione Novaja Gazeta, e l’avvocato Aleksandr Nemov, dopo essere giunti a Grozny sono stati aggrediti da un gruppo di sconosciuti. Gli aggressori hanno preso a calci Milashina fratturandole diverse dita per poi raparla a zero, cospargerla di vernice verde e distruggere i telefoni e gli altri strumenti delle vittime.

L’INFAME ATTO ha provocato un putiferio in Russia, mobilitando lo stesso Cremlino, il cui portavoce Peskov ha denunciato «un’aggressione molto grave che richiede risposte energiche». Voci si sono levate anche dalla Duma, dove il deputato Khinshtein ha dichiarato che si attiverà presso il procuratore generale affinché vi sia un controllo speciale sulle indagini. Infatti, l’attacco ai professionisti dell’informazione in Cecenia, dove la stessa Milashina era già stata oggetto di intimidazioni fisiche e verbali, è solo l’ultimo di una lunga serie, in cui la giustizia ha latitato. Come nel marzo del 2016, quando una banda armata cecena mise a fuoco un autobus e malmenò i giornalisti e gli attivisti per i diritti umani che si trovavano a bordo al grido di “terroristi, difensori di altri terroristi!” Anche allora, Vladimir Putin si era personalmente interessato alle indagini ma il caso rimane aperto.

MILASHINA era a Grozny per seguire la sentenza finale del caso di Zarena Musaeva, un ulteriore scandalo di uso arbitrario della giustizia in Cecenia. Madre dei tre fratelli Jangulbaev, tutti oppositori di Ramzan Kadyrov, Musaeva venne arrestata all’inizio del 2022, dopo che suo figlio Abubakar, avvocato del “Comitato contro la Tortura”, come l’aggredito Nemov, aveva denunciato la scomparsa di diversi parenti in Cecenia. Detenuta in un centro di custodia cautelare, Musaeva è stata accusata di violenza contro un secondino. Ieri, nonostante l’aggressione a uno dei membri del suo collegio di difesa, Zarema Musaeva è stata condannata a 5 anni e mezzo di colonia penale.

La situazione in Cecenia riveste un’importanza particolare per la tenuta della Russia di Putin. Lo zar ha inizialmente costruito il proprio potere sulla messa in sicurezza della piaga separatista che aveva dilaniato il corpo multinazionale della Federazione negli anni del disastro di Boris Eltsin, a cui Putin era stato chiamato a mettere fine.

Dopo aver coperto i separatisti di bombe, Putin ha organizzato la re-integrazione cecena sulla base di una stretta alleanza con uno dei clan (teipe) in cui si segmenta la società locale. Tale patto ha costituito il primo caso di outsourcing del monopolio della forza pubblica, un esperimento poi continuato dalla Wagner di Prigozhin. Dal fronte siriano a quello ucraino passando per i rapporti con il mondo musulmano interno ed esterno, Kadyrov ed i suoi uomini hanno fornito importanti servizi allo Stato russo. Tuttavia hanno anche creato problemi di scala non inferiore in termini di violenze interne, ben al di là dei confini di una Cecenia divenuta feudo del loro clan.

PER IL SUO CLAMORE, l’aggressione di ieri è associabile agli omicidi di Anna Politkovskaja e Natalia Estemirova, anche giornaliste della Novaja, o anche a quello di un membro dei governi Eltsin divenuto oppositore di Putin, Boris Nemtsov. In tutti questi casi è evidente come la violenza contro figure talmente in vista si ritorca in primo luogo contro il Cremlino, così da dare adito a teorie complottiste. Secondo alcuni si tratterebbe dell’opera di oligarchi esiliati con la connivenza dei servizi anglo-americani secondo altri dello stesso Kadyrov, che “negozierebbe” in questo modo i propri margini di autonomia dal boss Putin. Il tutto evidenzia la fragilità dell’accordo fra Mosca e Grozny, data anche la natura strutturalmente anarchica del sistema clanico ceceno e le sue endemiche faide intestine.

Nella Russia del dopo-Prigozhin, il caso assume un significato particolare. Data l’accresciuta ansia di Mosca nei confronti dei centri di potere autonomi, lo scandalo potrebbe essere un’occasione per serrare le briglie alla Cecenia di Kadyrov. Resta comunque da vedere in che misura ciò sia possibile e con quali contraccolpi dal lato delle compagnie di ventura che i vassalli di Putin hanno creato.

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