C’è un problema e si chiama «aruki sumafo»
Giappone In Giappone non tutti apprezzano la realtà aumentata: «Crea un istupidimento». Intanto la Tepco ha chiesto di escludere dal gioco la centrale nucleare
Giappone In Giappone non tutti apprezzano la realtà aumentata: «Crea un istupidimento». Intanto la Tepco ha chiesto di escludere dal gioco la centrale nucleare
22 luglio, ore 23:50. Al cosiddetto parco dell’ingresso ovest della stazione di Ikebukuro, una delle rare piazze all’aperto a Tokyo, non ci sono i soliti venti-trentenni usciti dai locali e in attesa di entrare nei karaoke del vicinato. Al posto loro, centinaia di persone con lo smartphone in mano, in cerca di Pokémon.
Questi erano solo una piccola parte delle migliaia di giapponesi scese in strada in tutto il paese per provare la app di Pokémon Go, il videogioco per smartphone in realtà aumentata dedicato ai pocket monsters, «mostri tascabili», inventati negli anni ’90 da Satoshi Tajiri.
«Anche sotto casa mia è pieno di gente che gioca a Pokémon Go», commentava un’utente su Twitter. «Qualcuno li insulta, ma riuscire a fare qualcosa tutti insieme è divertente!».
Pokémon Go permette infatti ai giocatori di cercare e catturare Pokémon in ambienti reali «filtrati» dalla fotocamera dello smartphone e unirsi a un network globale dei giocatori. Tsunekazu Ishihara, amministratore delegato della Pokémon Company, l’azienda che con Nintendo e Niantic – una spin-out di Google sviluppatrice di Ingress, un altro videogame in realtà aumentata – ha sviluppato il videogame, aveva detto a settembre 2015 che alla base di Pokémon Go c’era una semplice osservazione: negli ultimi anni erano aumentate le persone che tenevano lo sguardo fisso sullo schermo del proprio smartphone senza prestare attenzione a ciò che li circondava.
Quelle parole avevano creato grandi aspettative nel pubblico del Sol Levante dove i Pokémon sono tra i personaggi della pop culture giapponese più amati di sempre. Non tutti, però, sono stati travolti dalla «febbre» dei Pokémon: c’è chi infatti li considera uno shakai mondai, un «problema sociale», e vorrebbe più sorveglianza da parte delle autorità. I primi resoconti degli «effetti collaterali» del gioco – tamponamenti d’auto, ritrovamenti di cadaveri e perfino omicidi – provenienti dall’estero avevano destato curiosità e sollevato qualche perplessità.
La notizia dei primi incidenti in Giappone – minorenni in giro non accompagnati in piena notte e molestie sessuali su giocatrici di Pokémon Go – non ha fatto che rafforzare quei sentimenti.
A preoccupare è l’aumento di incidenti legati all’uso dello smartphone in movimento, a piedi come in macchina. Secondo stime diffuse dall’agenzia nazionale di polizia a inizio agosto, sono oltre 400 i casi di violazioni al codice della strada in tutto il paese, con 76 «incidenti», di cui 11 comportanti danni a persone e oltre 30 risultati nel danneggiamento di proprietà.
La situazione raggiunge livelli di allerta a Tokyo e in altre grandi città, dove l’aruki sumafo – il camminare con il cellulare in mano – è già un problema.
In molti luoghi pubblici affollati come le stazioni ferroviarie e della metropolitana già oggi si leggono cartelli che consigliano agli avventori di non guardare il cellulare mentre si attraversano i corridoi o si cammina sulle piattaforme. Il numero di avvertimenti è destinato però ad aumentare. Secondo un sondaggio dell’Università di Tsukuba, infatti, i praticanti di aruki sumafo nella sola Akihabara, il distretto dell’elettronica di Tokyo, sono aumentati di tre volte rispetto a prima del lancio di Pokémon Go sul mercato giapponese.
Il governo, tramite l’agenzia per la sicurezza informatica, ha già diffuso alcune linee guida dirette ai giocatori di Pokémon Go. Ma molti cittadini rimangono preoccupati che il gioco possa degenerare. Un recente sondaggio del quotidiano Mainichi ha rivelato che più della metà dei giapponesi (il 73 per cento) è a favore dell’istituzione di regole per i giocatori di Pokémon Go, in particolare per prevenire violazioni della privacy e irruzioni indesiderate.
Il capo portavoce del governo Yoshihide Suga è stato chiamato a rassicurare il pubblico riguardo la sicurezza degli edifici governativi — in cui, ad esempio, vige già il divieto di fotografare. Intanto, la polizia metropolitana di Tokyo ha annunciato un aumento degli appelli alla cautela alla guida e delle sanzioni per chi verrà trovato giocare al cellulare mentre è in auto o in bicicletta.
Anche alcuni governi locali hanno fatto sentire la propria voce. Il governo della città di Hiroshima, Giappone sud-occidentale, ha chiesto ufficialmente a Niantic di rimuovere tutti i Pokémon dal Memoriale della Pace e dal parco circostante in vista delle celebrazioni del 6 agosto per il 71esimo anniversario dello sgancio della prima bomba atomica.
Stessa richiesta è giunta poi dalla città di Nagasaki, altra città colpita dall’atomica nel 1945. Altri luoghi simbolo, come templi buddhisti, santuari e montagne sacre sono state proibite agli avventori smartphone-muniti e in cerca di Pokémon. Tepco, l’azienda elettrica di Tokyo che gestisce l’impianto nucleare di Fukushima, danneggiato da terremoto e tsunami l’11 marzo 2011, ha chiesto a Niantic di rimuovere tutti i Pokémon dalla centrale e dalle zone di esclusione intorno ad essa.
All’indomani di una delle più sanguinose stragi dal dopoguerra – 19 persone disabili uccise in una struttura sanitaria di Sagamihara, poco distante da Tokyo – alcuni media giapponesi si sono chiesti se il videogioco non stia provocando un «istupidimento» generale degli abitanti del paese del Sol levante.
«Se il Giappone non fosse pieno di problemi – si legge in un recente articolo del tabloid Nikkan Gendai – non ci sarebbe nessun problema nel fatto che tutti vadano matti per un videogioco. Ma la politica e l’economia sono piene di falle (…). Un uomo uccide 19 disabili a Sagamihara? ‘La cosa non mi riguarda’, dicono in molti mentre continuano a camminare, completamente assorbiti nel loro giochino».
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