Nessuno in Germania può prevedere quale sarà l’effetto pratico della clamorosa denuncia penale contro i massimi vertici del governo Scholz ma l’iniziativa giudiziaria è destinata comunque a rimanere agli atti non solo della Corte di Karlsruhe.

All’attenzione dei giudici costituzionali, l’accusa di complicità nel massacro dei palestinesi per i ministri-chiave della Bundesrepublik messa nero su bianco dagli avvocati di due famiglie con parenti a Gaza. Alla base il collegamento diretto fra le misure provvisorie decise dal Tribunale internazionale di Giustizia dell’Aja che intimano a Israele di «prevenire qualunque azione che possa configurarsi come genocidio dei palestinesi» e che investono anche chi supporta materialmente le operazioni sul campo di Netanyahu e la montagna di certificati di esportazione che provano la fornitura di oltre 326 milioni di euro di armi made in Germany al governo Netanyahu, in maggioranza vendute dopo il 7 ottobre. In totale rappresentano il 28% dell’import bellico israeliano.

«Tecnicamente, si tratta di favoreggiamento» riassumono i legali delle famiglie palestinesi dopo avere depositato la denuncia alla Corte suprema con il sostegno dell’European Legal Support Center, del Palestine Institute for Public Diplomacy e di Law For Palestine uniti nel cartello “Giustizia e Responsabilità”.

Alla sbarra di Karlsruhe finiscono formalmente il cancelliere Olaf Scholz della Spd, in quanto capo del governo, il ministro dell’Economia, Robert Habeck dei Verdi, nelle vesti di responsabile dei nullaosta per l’export delle armi da guerra, la ministra Annalena Baerbock, delegata alla politica estera tedesca, sempre dei Verdi, e il ministro delle Finanze, Christian Lindner, leader del partito liberale.

«Dopo il monito dell’Aja la Germania, come tutti gli altri Stati, ha il chiaro obbligo di prevenire ogni rischio riguardo al genocidio. Il governo federale dovrebbe quindi usare tutta la pressione politica e i mezzi legali a propria disposizione per influenzare Israele affinché metta in atto misure atte a evitare di compiere un simile atto» precisano gli avvocati.

Di fatto la decisione provvisoria della Corte internazionale di Giustizia è la pietra miliare dell’accusa tedesca, nel senso che «la Corte costituzionale di Karlsruhe per avviare le indagini ha bisogno di un sospetto iniziale sul reato denunciato – specificano i legali – e la sentenza dell’Aja lo fornisce esplicitamente.

Mentre non ci sono dubbi sull’ampio concetto di favoreggiamento: può essere di natura materiale, logistica, finanziaria ma anche «aver contribuito a creare le condizioni affinché si compia il crimine ipotizzato», aggiungono gli avvocati delle due famiglie di Gaza.

Ora la palla passa ai giudici costituzionali chiamati a decidere se archiviare la denuncia oppure dare seguito alle indagini.