Torna ad infiammarsi un’altra retrovia della guerra russo-ucraina, la repubblica caucasica di Georgia. Il governo del blocco “Sogno georgiano” (SG) ha introdotto due disegni di legge, «Sulla trasparenza dell’influenza straniera» e sul «registro degli agenti stranieri», il cui impianto richiede di schedare tutte le organizzazioni e le società no-profit che ottengono almeno il 20% dei loro finanziamenti dall’estero.

In Georgia ciò concerne un vasto settore cresciuto negli anni sui finanziamenti statunitensi ed europei volti ad influenzare le dinamiche politiche del paese in chiave filo-occidentale. Le misure hanno portato a mobilitazioni di piazza degenerate in duri scontri con la polizia davanti al Parlamento.

GLI SCONTRI SONO l’ultimo capitolo di un confronto che dura da 12 anni, ora ovviamente esacerbato dalla guerra ad ovest.

La scena politica georgiana è polarizzata fra i sostenitori di SG e l’opposizione filo-occidentale, formatasi negli anni in cui il paese è stato retto da Mikhail Saakashvili, controversa figura protagonista di una breve guerra con la Russia nel 2008 – dopo l’attacco georgiano all’Ossezia proclamatasi indipendente. Passato poi al servizio delle autorità ucraine, dopo essere stato incriminato e finito in carcere anche a Kiev, Saakashvili è rientrato illegalmente in patria dove è ora detenuto ed in sciopero della fame.

TALE CIRCOSTANZA infiamma ulteriormente l’opposizione che denuncia un piano per far deragliare il paese dal suo percorso verso l’Unione europea. Per bocca di Joseph Borrell, quest’ultima ha dichiarato i provvedimenti «incompatibili con i valori europei». Con l’avvicinarsi delle elezioni del 2024, il blocco “Sogno georgiano” elabora invece una linea ideologica “sovranista” che fa leva sul desiderio diffuso di non venire coinvolti nella guerra, ciò a cui secondo il governo di Tbilis mirano gli uomini di Saakashvili.