Gli inquilini del condominio al civico 73 di Sebastianstrasse assediati dai cronisti, possono solo testimoniare che «Frau Claudia» portava a spasso il cane e parcheggiava la bicicletta nell’androne delle scale, come tutti.

Un’ex terrorista della Raf? «Così dice il telegiornale; prima notizia» taglia corto la dirimpettaia irritata dal supplemento di disturbo della quiete già profondamente minata dal via-vai di agenti della polizia scientifica.  I nastri bianchi e rossi usati per delimitare la zona del crimine si estendono lungo l’intero palazzo. D’ora in poi Sebastianstrasse non sarà più conosciuta soltanto per ospitare il famoso tunnel sotto al Muro scavato da chi scappava dalla Ddr.

Nell’angolo più popolare di Kreuzberg, il quartiere alternativo di Berlino, si chiudono oltre trent’anni anni di latitanza al limite dell’impossibile di Daniela Luise Klette, 65 anni, ex militante della Terza Generazione della Rote Armee Fraktion, ricercata per il passato nella lotta armata quanto per il presente da rapinatrice di portavalori per finanziarsi la fuga perenne.

La Kriminalpolizei di Berlino l’ha bloccata lunedì sera in pieno assetto da guerra: a bordo di un mezzo blindato insieme a un plotone di colleghi della Bassa Sassonia forti dei sei mandati di arresto firmati dalla procura di Hannover.

«La cattura di Klette è stata possibile grazie a 250 informazioni importanti, di cui cinque fondamentali e quella essenziale per l’arresto raccolta lo scorso novembre e poi messa a confronto con alcune impronte digitali» è la versione ufficiale degli investigatori.

Poche ore dopo l’arresto di Klette la polizia ha fatto sapere di avere fermato anche un uomo le cui sembianze «potrebbero» coincidere con l’identikit di uno degli altri due “pensionati della Raf” ricercati per le stesse rapine condotte prevalentemente a cavallo fra il 2016 e il 2016: Ernst-Volker Staub, 69 anni, e Burkhard Garweg, 55. «Assai presumibilmente il documento dell’arrestato è falso come quello intestato a Daniela Klette. Ci vorrà un po’ di tempo per verificare la sua reale identità» sottolinea la polizia a giustificazione dell’assenza di ogni certezza a riguardo.

A quanto pare Daniela si faceva chiamare Claudia e viveva più o meno stabilmente a Kreuzberg da almeno vent’anni. Quando è stata fermata dalla polizia aveva in tasca un passaporto italiano con non meglio precisate generalità. Non ha opposto alcuna resistenza.

Formalmente «Frau Claudia» si guadagnava da vivere come insegnante privata di matematica, come racconta il vicino con cui Klette manteneva i rapporti strettamente essenziali «anche se lo scorso dicembre ha bussato alla mia porta per regalarmi una scatola di biscotti natalizi».

Gli agenti mostrano invece i diversi proiettili sequestrati nell’appartamento di Klette come parte della caccia all’arsenale del gruppo che spazia dalle pistole ai fucili d’assalto fino all’arma anticarro usata per convincere l’autista di un portavalori a non confidare troppo nella corazza del suo mezzo.

A brandeggiare il bazooka, ricordano i testimoni del più spettacolare degli assalti dei “pensionati della Raf”, era proprio Daniela Klette la cui esperienza sul campo è incontestabile. Il suo Dna è stato trovato nell’auto utilizzata nel 1991 nella fuga dopo l’attacco all’ambasciata Usa di Bonn ma anche nella lettera confiscata alla militante Raf, Birgit Hogefeld, dopo l’operazione delle teste di cuoio tedesche a Bad Kleinen.

Figura di spicco della Terza Generazione della Raf, entrata in clandestinità nel 1989, Klette è stata politicamente attiva dal 1975 fino agli anni Novanta, anche se non c’è prova che rivestisse ruoli di comando nell’organizzazione dissolta ufficialmente con lo storico comunicato di rinuncia alla lotta armata del 20 aprile del 1998.

La sfilza di accuse contro Klette parte dal 1990 con la complicità nell’attentato con l’autobomba al centro tecnico di Deutsche Bank, continua nel 1993 con l’assalto alla prigione di Weiterstadt e prosegue con la sequenza rapine di autofinanziamento iniziate negli anni Novanta con lo svaligiamento di un milione di marchi da un portavalori a Dusiburg e portate avanti nel decennio successivo con bottini sempre più rilevanti: dai 100 mila euro rubati in un supermercato di Bochum fino all’incredibile attacco con il bazooka a un portavalori a Cremlingen fruttato ben 600 mila euro.

Finora l’unica foto pubblica di Daniela Klette risaliva agli anni Ottanta, nonostante l’aggiornamento artificiale della foto segnaletica nel 2016, mentre fino a ieri la taglia messa dalla polizia criminale era 150 mila euro per ogni utile informazione a rintracciarla, viva o morta.