Catalogna, è in gioco la democrazia in Europa
L'intervento Dichiarazione congiunta della segretaria di Die Linke e del segretario di Sinistra Italiana: La "crisi catalana" dovrebbe essere un’occasione per aprire finalmente la discussione a livello transnazionale sulla democrazia in Europa. Ma per fare questo è fondamentale una grande mobilitazione europea a sostegno dello spirito e della lettera della Dichiarazione di Saragozza
L'intervento Dichiarazione congiunta della segretaria di Die Linke e del segretario di Sinistra Italiana: La "crisi catalana" dovrebbe essere un’occasione per aprire finalmente la discussione a livello transnazionale sulla democrazia in Europa. Ma per fare questo è fondamentale una grande mobilitazione europea a sostegno dello spirito e della lettera della Dichiarazione di Saragozza
In queste ore, l’Europa e il mondo stanno guardando alla Catalogna con sentimenti contrastanti. Siamo innanzitutto seriamente preoccupati per l’escalation della situazione da parte del Governo spagnolo.
La repressione poliziesca e l’uso della violenza non sono mai la soluzione giusta per un conflitto politico, indipendentemente dal quadro giuridico dato.
Pensiamo piuttosto che questo problema riguardi l’Europa e l’Unione europea nel suo insieme. Non solo perché negli ultimi anni le Istituzioni europee, con la famigerata azione della Troika che ha imposto le politiche di austerità a livello nazionale, hanno mostrato ben altra attitudine nell’intervenire negli “affari interni” dei singoli paesi membri, come abbiamo visto con l’incubo sociale della crisi greca.
E non solo perché un’iniziativa politica dell’Unione – magari insieme ad altri e più neutrali negoziatori – potrebbe svolgere un positivo ruolo di mediazione in questo momento, favorendo la riapertura del dialogo tra i vari attori coinvolti e la ricerca di una soluzione negoziata alla crisi.
Ma c’è di più.
I recenti sviluppi della “crisi catalana”, al di là delle specificità storiche di questa vicenda, sono sintomi di una più profonda malattia in Europa: la crisi della democrazia nelle forme di Stato esistenti, per come le abbiamo fin qui conosciute.
Le immagini di domenica scorsa con decine di migliaia di persone, donne e uomini, giovani e anziani, attivamente impegnati a disobbedire all’imposizione della forza, a garantire il diritto ad esprimersi, il “diritto di decidere”, di votare sul proprio futuro, ci parlano proprio di questo: una forte domanda di democrazia e di autodeterminazione, che va ben al di là della classica questione di “indipendenza nazionale”.
Di fronte alla violenza sradicante dei processi di globalizzazione economica, alle disastrose proporzioni della crisi ecologica, alla crescita esponenziale delle disuguaglianze sociali, da almeno due decenni la tradizionale politica degli Stati-nazione ha mostrato la sua inadeguatezza ad affrontare le grandi sfide del nostro tempo.
Dieci anni di crisi economica hanno aggravato questi elementi. E se lo spazio nazionale – e l’esercizio della democrazia rappresentativa all’interno delle sue frontiere – non è stato da solo capace di contrastare i flussi del capitalismo finanziario, tanto meno una replica della logica dello Stato-nazione su scala minore, nella moltiplicazione di “piccole patrie”, ci pare una risposta comprensibile e realistica.
Per queste ragioni strutturali, pensiamo che nella “crisi catalana” sarebbe sbagliato essere costretti a scegliere tra la difesa autoritaria dello Stato centralista spagnolo e la proclamazione unilaterale dell’indipendenza di uno “Stato della Catalogna”.
Ma al tempo stesso pensiamo che la popolazione di questi territori debba essere messa nella condizione di decidere liberamente il proprio destino, in maniera democratica e nel rispetto della maggioranza.
Dal punto di vista strategico, abbiamo bisogno di una “terza opzione”, di un approccio radicalmente differente: considerare il principio della “prossimità” e portare così il luogo della decisione politica il più vicino possibile alle persone e alle loro comunità, partendo da un principio di “auto-governo” che dalle città salga dal basso verso l’alto.
Dobbiamo pensare e immaginare che tali territori autonomi possano federarsi su scala più ampia, al di là dei limiti dello Stato-nazione e lo sciovinismo nazionalista, in un rinnovato patto di convivenza e condivisione.
La “crisi catalana” dovrebbe perciò essere un’occasione per aprire finalmente la discussione a livello transnazionale sulla democrazia in Europa, sull’Europa che vogliamo nel presente e in futuro, sulla necessità di un processo costituente che risponda alle sfide e ai rischi che abbiamo di fronte.
Ma per fare questo è fondamentale seguire in questo momento la strada indicata, con chiarezza e coraggio, dalle piattaforme municipali, dalle confluenze e dalla sinistra in Spagna e in Catalogna. Con Ada Colau e Pablo Iglesias, con Manuela Carmena e Alberto Garzon, è il momento di fermare la repressione e gli atti unilaterali, il momento della politica contro l’uso della forza, e del dialogo per la convivenza.
È sempre il momento per trovare una soluzione pacifica. È adesso il momento di una grande mobilitazione europea a sostegno dello spirito e della lettera della Dichiarazione di Saragozza.
Siamo disponibili, insieme a tante e tanti altri, a fare la nostra parte perché oggi in Spagna e in Catalogna sono in gioco il presente e il futuro della democrazia in Europa.
* Katja Kipping è parlamentare al Bundestag tedesco e co-presidente di Die Linke
** Nicola Fratoiani è membro della Camera dei Deputati e segretario nazionale di Sinistra Italiana
La versione in inglese di questo articolo è stata pubblicata anche su il manifesto global
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