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Cassazione, prima presidente dopo 60 anni

Cassazione, prima presidente dopo 60 anniMargherita Cassano, prima donna nominata presidente della Corte di cassazione – Ansa

Istituzioni Il Csm con Mattarella nomina Margherita Cassano, nei giorni dell’anniversario della legge che ha aperto la magistratura alle donne

Pubblicato più di un anno faEdizione del 2 marzo 2023

«Faccio presente che, come al solito, non partecipo. Vorrei aggiungere: con rammarico». Così Sergio Mattarella ha aperto ieri mattina una storica votazione nel plenum del Consiglio superiore della magistratura dove all’unanimità è stata approvata la nomina di Margherita Cassano, prima donna prima presidente della Corte di Cassazione. La toga più importante nel nostro sistema giudiziario.

Una nomina che arriva con enorme ritardo, quando le donne sono da anni in maggioranza tra i magistrati – oggi il 55% – e che cade a metà tra due anniversari simbolici: i sessant’anni della legge che ha aperto l’ingresso in magistratura alle donne (9 febbraio 1963) e i cento anni dell’insediamento a Roma dell’unica Corte «Suprema» di Cassazione (24 marzo 1923).

«Sappiamo tutti che si tratta della prima donna, ma questo aspetto non ha influito sulla nomina», ha tenuto a precisare il presidente della Repubblica che, come sempre in queste occasioni, ha presieduto direttamente il Csm. Margherita Cassano ha infatti un curriculum straordinario, soprattutto per «il profilo professionale multiforme», come ha detto nella relazione la presidente della quinta commissione (incarichi direttivi) Maria Luisa Mazzola.

È entrata in magistratura nel 1980 (ha 68 anni, dunque resterà in carica per altri due) e ha fatto per 13 anni la pm a Firenze, per 7 all’antimafia alla scuola del procuratore Vigna. È stata consigliera togata del Csm dal 1998 al 2002, anni di forte tensione e quotidiane polemiche tra la magistratura e il centrodestra di Berlusconi alle quali non si è sottratta, malgrado l’appartenenza alla corrente di destra delle toghe, Magistratura indipendente. Cassano è arrivata poi in Cassazione vent’anni fa – «pochi la conoscono bene come lei», ha detto ieri congedandosi il primo presidente uscente, Pietro Curzio – dov’è rimasta fino ad assumere la carica di prima presidente aggiunta nel 2020 con una parentesi di quattro anni dal 2016 in cui ha presieduto la Corte d’Appello di Firenze (la sua città).

QUESTA STORIA professionale che ha tenuto insieme diversi profili, soprattutto quelli di pubblico ministero e di giudice sia di merito che di legittimità, è stata sottolineata da tutti gli interventi dei consiglieri del Csm che ieri mattina hanno preceduto la votazione. Sono volute intervenire quasi tutte le componenti togate, dando un segnale di unità su un tema che si appresta a diventare incandescente. In commissione alla camera sono infatti in discussione quattro disegni di legge per la separazione delle carriere e il ministro Nordio ha dato il suo appoggio a questa riforma costituzionale.

«Margherita Cassano incarna la cultura comune della giurisdizione», ha detto il consigliere Basilico di Area. «Anche il pm è una parte imparziale nel processo», ha ricordato Bisogni di Unicost. «L’unità dell’ordine giudiziario è un valore, per Cassano l’esperienza requirente è stata importante in un’ottica di rispetto delle garanzie», ha detto Mazzola di Mi. «La sua storia professionale – ha aggiunto il consigliere laico Papa, eletto in quota M5S – dimostra come si possano svolgere le funzioni requirenti all’interno della cultura della giurisdizione».

Cassano tornerà così nel Csm come componente di diritto, in teoria rafforzando la componente di destra già molto forte (7 togati di Mi, 6 laici di centrodestra, più il vicepresidente che però non vota, su 32 consiglieri) ma in pratica avendo già dimostrato indipendenza nei confronti della maggioranza politica. Nel suo intervento il procuratore generale della Cassazione Salvato ha ricordato come adesso le donne in posizione chiave del mondo giudiziario siano molte, dalla presidente della Corte costituzionale Sciarra all’avvocata generale dello stato Gabriella Palmieri Sandulli alla presidente del Consiglio nazionale forense Maria Masi.

Nel saluto a Pietro Curzio che va in pensione, Mattarella ha voluto sottolineare come nella sua «lunga, eccellente e apprezzata carriera» abbia più volte esortato al «reciproco rispetto dei ruoli tra i poteri dello stato» che è «strettamente correlato all’indipendenza della magistratura». Ha poi ricordato al Consiglio come la tempestività di questa nomina dovrà «costantemente caratterizzare» il prossimo lavoro, tanto più che le nomine arretrate sono tante (tra le più importanti le procure di Napoli e Firenze, tra le più urgenti l’ufficio gip di Roma ormai quasi deserto).

Per il vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli, la nomina all’unanimità di Margherita Cassano è quel segno di «discontinuità in termini di coesione interna» che Mattarella si aspetta dal Csm, dopo gli scandali delle nomine lottizzate emersi nella scorsa consiliatura. Ha aiutato il gesto di Giorgio Fidelbo, l’altro candidato, che ha ritirato la sua domanda. Non aveva chance, ma un curriculum importante – presidente di sezione e coordinatore delle sezioni unite della Cassazione – circostanza pericolosa visti i precedenti: un anno fa la nomina di Curzio e quella proprio di Cassano come presidente aggiunta, approvate dal Csm, furono annullate dal Consiglio di Stato che giudicò migliori i titoli di un altro candidato, costringendo il Csm e lo stesso Mattarella a un braccio di ferro con la magistratura amministrativa superiore.

Ieri Cassano, mentre le arrivavano i complimenti e gli auguri del mondo politico e giudiziario, ha voluto mantenere un impegno con il tribunale di Firenze, collegandosi online durante una cerimonia quasi contemporanea all’ufficializzazione della sua nomina. «Il ruolo del magistrato – ha detto – non è fatto solo di abilità tecnica ma di umanità, capacità di ascolto e di comprendere le tragedie umane che si nascondono dietro i casi portati alla nostra attenzione». Parole assai attuali, come quelle pronunciate venerdì scorso in un seminario al quale ha partecipato a Roma: «In una democrazia moderna la giustizia interviene quando gli altri strumenti della convivenza non hanno funzionato. Pretendere dal diritto, e tanto più dal diritto penale, una funzione di orientamento e definizione del nostro stare insieme sarebbe una grave involuzione autoritaria».

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