Ieri mattina il Csm ha approvato all’unanimità il collocamento fuori ruolo di un altro magistrato, il capo della procura per i minorenni di Firenze Antonio Sangermano che, chiamato dal ministro Nordio, andrà a dirigere il dipartimento per la giustizia minorile. Nel frattempo Nordio ha già chiesto un’altra toga per il ministero, scegliendo di confermare Giuseppe Fichera come numero due del dipartimento per la transizione digitale della giustizia, ufficio che ha al vertice un ingegnere. Pochi giorni fa la notizia della nomina di Sangermano aveva sollevato molte polemiche all’interno dell’Associazione nazionale magistrati, perché per la prima volta si assiste a un salto diretto dal vertice del «sindacato» delle toghe (Sangermano che è un esponente della corrente di destra, Magistratura indipendente, era nel comitato direttivo centrale) a un ufficio di diretta collaborazione del ministro. Circostanza che per tutelare l’indipendenza dell’Anm dal potere esecutivo è persino vietata dal suo statuto interno.

Il caso ha voluto che proprio ieri, in coincidenza con la decisione del Csm di concedere il nulla osta al collocamento fuori ruolo di Sangermano, il ministro abbia risposto a un’interrogazione parlamentare nella quale gli si chiedeva dell’attuazione della riforma Cartabia dell’ordinamento giudiziario, riforma che prevede anche di limitare l’impiego dei magistrati al di fuori degli uffici giudiziari. Nordio ha risposto che il ministero difficilmente riuscirà a rispettare la scadenza prevista per l’esercizio della delega. E ha aggiunto che intende cambiare quella riforma «per renderla più coerente con l’iniziativa riformatrice del governo».
Quale sia questa iniziativa è difficile poterlo dire. Se si fa eccezione del «decreto rave» sul quale Nordio è dovuto tornare indietro – ma che anche nella nuova versione non può essere presentato come un esempio di «riforma» – l’unico disegno di legge governativo sulla giustizia che è arrivato in parlamento riguarda la procedibilità a querela. Per certi versi una «contro riforma», visto che al contrario di quanto era stato previsto da Cartabia, allarga il numero di reati per i quali le procure procedono d’ufficio, con il rischio di aumentare il numero dei processi che è il contrario di quanto l’Italia deve fare da anni e si è impegnata a fare nel Pnrr.

Sulle intercettazioni, più volte annunciate da Nordio come terreno di urgente intervento, la commissione giustizia sta portando avanti un lento (assai interessante) lavoro istruttorio, dal quale cominciano a venir fuori esigenze parecchio diverse da quelle indicate ripetutamente dal ministro. Infine sulla separazione delle carriere ci sono quattro disegni di legge, non del governo ma di iniziativa della maggioranza e di Azione/Iv. Anche questi sono alla primissima fase delle audizioni in commissione (alla camera) e si tratta di disegni di legge costituzionali, quindi di lunga gestazione.
Nordio ieri però, interrogato dal deputato di Azione Enrico Costa, ha detto che non si limiterà a esercitare la delega così come prescrive la riforma Cartabia, ma introdurrà (al momento misteriosi) «opportuni correttivi che riterremo di adottare». Non solo, «nei programmi di governo c’è la revisione costituzionale della disciplina del Csm», appena revisionata. L’unica certezza è che i tempi di attuazione della delega slitteranno: «Speriamo di poter rispettare il termine di giugno, ma potrebbe essere necessaria qualche settimana in più».