La Francia sta vivendo “una situazione gravissima”. E’ il commento quasi unanime del mondo politico, ieri, dopo l’ultimo episodio della saga del Penelopegate, l’impiego fittizio della moglie ben remunerato. François Fillon sarà interrogato dai giudici il 15 marzo e molto probabilmente indagato, cioè due giorni prima della data limite per la consegna delle firme di 500 eletti per convalidare la candidatura (lui li ha già), cosa che rende difficile nominarne un altro. Fillon ha reagito con estrema violenza: ha denunciato di essere vittima di “un assassinio politico” ordito da giudici guidati dal potere in carica. “Non cedero’, non mi arrendero’, non mi ritirero’, andro’ fino in fondo perché attraverso la mia persona è l’elezione presidenziale” a venire colpita, ha affermato rivolgendosi agli elettori, “resistete, non lasciatevi imbrogliare, non lascate che nessuno vi privi della vostra scelta”, contraddicendo se stesso, che a fine gennaio aveva assicurato che si sarebbe ritirato se indagato. Ma la destra perde i pezzi, c’è chi parla di “suicidio collettivo” e, addirittura, il deputato républicain Pierre Lellouche (fedele di Sarzozy) si prepara a chiedere al Consiglio costituzionale di rimandare la data delle presidenziali. Bruno Le Maire, giovane ex ministro (che aveva partecipato alle primarie dei Républicains) si è ritirato dall’équipe di campagna di Fillon. L’Udi, formazione di centro destra alleata dei Républicains, ha deciso di ritirare il sostegno a Fillon. In ore di confusione, Fillon, dopo aver annullato la prevista visita al Salon de l’Agricolture ieri mattina (rimandata nel pomeriggio), ha ricevuto successivamente i componenti della sua équipe di campagna, mentre la sua équipe è stata costretta a smentire la voce sullo stato di fermo di Penelope, anche lei pero’ convocata dalla giustizia. L’attacco alla giustizia di Fillon è ormai paragonato a quello di Marine Le Pen, anche lei con problemi di impieghi fittizi (ma al Parlamento europeo).

Hollande ha reagito alle accuse alla giustizia: “In quanto garante dell’indipendenza dell’autorità giudiziaria, tengo a prendere solennemente posizione contro qualsiasi messa in causa dei magistrati nelle inchieste e istruzioni che conducono nel rispetto dello stato di diritto – afferma un comunicato dell’Eliseo – una candidatura all’elezione presidenziale non autorizza a gettare sospetto sul lavoro di poliziotti e giudici”, a “creare un clima di sfida” e “peggio ancora a lanciare accuse estremamente gravi contro la Giustizia”. Il ministro della Giustizia, Jean-Jacques Urvoas, ha ricordato che “i giudici istruttori conducono le inchieste in totale indipendenza”.

Dopo essere stato informato dell’imminente interrogatorio, Fillon ha contrattaccato, per tagliare l’erba sotto i piedi di un “piano B” sempre possibile, anche se Juppé resta silenzioso e i giovani lupi si mangiano tra loro. Il socialista Benoît Hamon ha denunciato “l’incredibile violenza verso i magistrati e la giustizia”. Per Emmanuel Macron, “non si puo’ essere favorevoli alla tolleranza zero solo quando riguarda gli altri” e ha sottolineato che Fillon “perde la calma”, utilizzando termini eccessivi come “assassinio” e “guerra civile” (frase di Fillon in difesa degli elettori di Marine Le Pen, presi di mira mentre stavano raggiungendo in autobus il comizio della leader del Fronte nazionale a Nantes). “Mi dispiace quasi per i miei compatrioti – ha commentato Jean-Luc Mélenchon – che avrebbero il diritto di avere un candidato che possa essere presentabile”.

A 53 giorni dal primo turno, la Francia è in piena tempesta. A destra è ormai guerra aperta, ma questa grave crisi nasconde in queste ore lo scontro a sinistra: non c’è solo l’impossibile accordo Hamon-Mélenchon, divisi sull’Europa, ma il Ps è spaccato e sostiene molto freddamente il candidato che ha vinto le primarie. Per Valls, Hamon si è schierato con “tutti gli zadisti” della terra, cioè ha preso una posizione troppo estremista. Per il momento, Macron si rafforza.