Case sfitte e beni confiscati per i migranti, la risposta della Regione Calabria
Piana di Gioia Tauro Oggi a San Ferdinando nasce il comitato per il riutilizzo e il recupero degli immobili vuoti
Piana di Gioia Tauro Oggi a San Ferdinando nasce il comitato per il riutilizzo e il recupero degli immobili vuoti
Ai primi di gennaio un’altra strage di migranti avrebbe potuto inaugurare l’anno nel maledetto ghetto di san Ferdinando. Solo il caso ha voluto che l’incendio divampato non si propagasse mietendo altre vittime dopo Becky, Suruwa, Dominic, Marcus, i martiri di questo scempio di Stato. E lo Stato, la prefettura di Reggio Calabria nel nostro caso, non ha mai voluto in questi anni smantellarla questa vergogna. Perché un ghetto non si cancella sostituendo le tende con i container, fornendo qualche servizio in più: è il concentramento di povertà a creare spazi di esclusione, di apartheid. L’unica soluzione, su cui da anni puntano attivisti, urbanisti, sindacalisti, è l’inserimento abitativo diffuso: case sfitte e beni confiscati per migranti e autoctoni attraverso l’apertura di incentivi per i proprietari che intendono concedere le case in affitto e l’investimento da parte delle istituzioni regionali di risorse per l’eventuale ristrutturazione di beni confiscati o del patrimonio pubblico, da destinare a uso abitativo. Quel che sembrava un’utopia si sta rivelando una possibilità concreta.
La regione Calabria ha deciso di investire in un piano di recupero delle case sfitte e oggi a San Ferdinando nasce, nel corso di un’assemblea che si annuncia partecipata, il Comitato per il riutilizzo e il recupero delle case vuote nella Piana di Gioia Tauro. Tra i promotori Mimmo Lucano e padre Alex Zanotelli. L’elenco degli partecipanti è lungo: la regione Calabria, il sindaco di Reggio, i sindaci della Piana, Arci, Usb, Anpi, Legambiente, Wwf, l’Osservatorio per il disagio abitativo di Reggio. Uno degli artefici è l’urbanista dell’Università di Firenze, Alberto Ziparo, che, in collaborazione con la società dei territorialisti, ha censito i centri abitati per individuare la miriade di case sfitte nella Piana. «I numeri sono eloquenti. In Italia ci sono 8,2 milioni di case vuote o inutilizzate. La Calabria detiene il record di percentuale più alta tra abitanti e case sfitte. In totale ci sono 450 mila appartamenti vuoti o inutilizzati, di cui 180 mila nella città metropolitana di Reggio e 35 mila nella Piana».
Si tratta di un patrimonio ‘maturo’ ovvero obsoleto che occorrerebbe ristrutturare. Negli ultimi mesi ci sono stati in Italia i primi morti da degrado abitativo per cadute di tegole o intonaci. Il patrimonio inutilizzato, poi, molte volte finisce in mano alla criminalità organizzata oppure si tratta di beni neanche rivendicati dagli eredi e che, in quanto tali, marciscono nell’abbandono. «Il Comitato si muove in questa direzione – prosegue Ziparo – rivalutare, recuperare per dare accoglienza ai bisognosi e garantire tutela del territorio. È un’operazione che mette a valore una necessità anche contro il consumo di suolo. Ed è destinata non soltanto ai migranti che vivono sotto la soglia minima di umanità, come a San Ferdinando ma anche alla Ciambra di Gioia, nota per l’omonimo film di Jonas Campagnano, ma a tutti gli autoctoni che vivono sulla propria pelle il disagio abitativo».
Il ruolo di Lucano sarà di partecipazione attiva. «Il modello Riace va replicato ovunque e ricordiamoci che agli inizi fu lo stesso sindaco ad andare personalmente dai privati per convincerli della bontà del comodato d’uso sociale su cui ha fondato l’accoglienza. I nostri studi hanno verificato che esistono decine di realtà in Calabria dove l’accoglienza diventa integrazione diffusa proprio grazie all’assegnazione delle case. Penso a Drosi e a Sant’Eufemia d’Aspromonte». E un ruolo centrale lo avrà, come detto, la regione Calabria. «Dopo i fatti di San Ferdinando hanno capito che eravamo a un punto di non ritorno e che i container non erano proprio la soluzione. La regione avrà un ruolo attivo di concerto con i privati per il recupero e la riqualificazione delle case».
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