Quattro anni fa le elezioni per i magistrati del Consiglio superiore della magistratura si tennero l’8 e 9 luglio. Furono convocate dal presidente Mattarella due mesi prima, in pratica in questi giorni di inizio aprile. Ma quest’anno la legge elettorale con la quale si vorrebbero far votare a luglio i magistrati – e il primo a volerlo è proprio il capo dello stato che lo ha ripetuto mercoledì – arranca ancora in commissione alla camera, in prima lettura. E non è servito a fare passi in avanti l’incontro di ieri mattina tra i partiti di maggioranza e la ministra della giustizia, costretta alla sua terza faticosa mediazione sull’argomento (la prima quando ha scritto gli emendamenti governativi, la seconda quando li ha fatti passare per il consiglio dei ministri). Lunedì ci sarà il prossimo vertice, il testo è previsto in aula il 19 aprile.

Qualche spigolo è stato smussato e la prossima settimana si dovrebbero cominciare a votare gli articoli e gli emendamenti sui quali c’è accordo, ma restano almeno due ostacoli impervi. Il primo è proprio il sistema elettorale per la componente togata: centristi, Lega e Forza Italia (con meno insistenza) non mollano la richiesta di passare al sorteggio, la ministra è ferma nel giudicarla una soluzione incostituzionale. Per uscire dallo stallo, Cartabia ieri ha fatto un’apertura a partire da un sub emendamento presentato dalla Lega che prevede una nuova articolazione dei collegi elettorali per i giudici e i pm e soprattutto la loro composizione mediante l’estrazione a sorte delle circoscrizioni. Un po’ come nei tornei sportivi a gironi: alle squadre di prima fascia (i distretti più grandi) vengono abbinate a sorte squadre di seconda, terza e quarta fascia (i distretti con meno magistrati) fino a comporre gironi equilibrati (collegi numericamente bilanciati). La soluzione presenta il vantaggio di contenere la parola «sorteggio» che consentirebbe a centristi e destra di rivendicare la vittoria ed è molto simile a un sistema già utilizzato in passato per il Csm. Per il Pd, senza entusiasmo, può essere una strada per aggirare il muro contro muro. Ma è una soluzione che presenta diversi difetti, innanzitutto quello di favorire i magistrati «volti noti» e poi quello di consegnare tutti i seggi agli elettori dei distretti maggiori e solo a loro. Senza contare la stranezza di collegi patchwork (Milano con Catania e Trieste, per esempio) e la forzatura di vietare ai magistrato di candidarsi nelle loro regioni. In ogni caso dalle prime reazioni i fan del sorteggio non sembrano neanche tutti soddisfatti. La Lega plaude alla (timida) apertura sulla sua proposta, ma Fi non si scioglie e i centristi dicono no. «Non sta né in cielo né in terra», chiude Enrico Costa (Azione).

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L’altro ostacolo è la separazione rigida delle funzioni di pm e giudici: lo stesso schieramento di centro-centrodestra vuole una soluzione radicale: un solo passaggio a inizio carriera. Oggi sono (teoricamente, perché avviene di rado) quattro. Nel testo in discussione e nelle proposte del governo due. Ma è un tema sottoposto a referendum: il 12 giugno gli elettori potrebbero decidere di vietare ogni passaggio, realizzando di fatto una separazione delle carriere. La strada per tenere insieme la maggioranza, allora, è venuto fuori nella riunione di ieri, potrebbe essere quella di non fare niente. Lasciando la palla agli elettori, per non interferire con il referendum. In realtà non c’è alcun obbligo, la norma sulle funzioni è nella delega dunque anche se approvata non impedirebbe il referendum. La situazione, anzi, potrebbe restare quella di oggi nel caso il 12 giugno non si raggiungesse il quorum. Neanche questa proposta, dunque, aggira l’ostacolo. Le probabilità che le elezioni per il Csm debbano slittare a settembre aumentano.