Politica

Csm, la moralizzazione in due tempi

Csm, la moralizzazione in due tempiIl ministro della giustizia Alfonso Bonafede – LaPresse

Giustizia Le nuove regole sugli incarichi direttivi e le valutazioni di professionalità, introdotte sull'onda del "caso palamara", sono previste in una delega che il governo dovrà esercitare entro un anno dopo l'approvazione del parlamento

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 8 agosto 2020

Sono tante le novità previste dal disegno di legge sulla giustizia approvato ieri sera in Consiglio dei ministri – 25 pagine per 41 articoli- ma solo alcune sono previste come direttamente operative quando (e se) il testo sarà approvato. Sono quelle che riguardano essenzialmente la riforma del Consiglio superiore della magistratura, dopo che la consiliatura in corso è stata travolta dal caso Palamara. Invece le norme che incidono sulle valutazioni di professionalità dei magistrati, sul modo in cui dovranno essere fatte le nomine per gli ambitissimi incarichi direttivi e semi direttivi, sul funzionamento dei consigli giudiziari, sono previste nel Capo I del testo di legge e dunque rientrano in una serie di deleghe che il parlamento dovrà affidare al governo. Significa che richiederanno tempi ancora più lunghi (12-14 mesi dopo l’approvazione della legge). C’è il rischio di uno sfasamento tra l’entrata in carica del primo Csm eletto secondo le nuove regole – l’attuale scade nel 2022 – e l’effettiva applicabilità dei criteri «moralizzatori».

Il testo di legge vede la luce dopo un iter lunghissimo. il ministro Bonafede ne aveva annunciato il varo addirittura per la fine del 2019. A febbraio 2020, invece, il Consiglio dei ministri aveva fatto partire solo una parte della riforma della giustizia, quella che dovrebbe abbreviare la durata del processo penale (attualmente è in commissione alla camera), stralciando le nuove regole sul Csm. La cui esigenza è tornata di attualità al riesplodere del caso Palamara. Molti sforzi, allora, sono dedicati alla ricerca di un percorso più trasparente per gli avanzamenti in carriera dei magistrati. Avanzamenti che sono diventati il cruccio e il chiodo fisso di buona parte della categoria da quando è stata abolito l’avanzamento solo per età.

Una delle novità più importanti (nella delega) riguarda però l’inizio, l’ingresso in magistratura, quello che adesso avviene trascorsi diversi anni dal termine degli studi. È previsto invece che in futuro i laureati in giurisprudenza possano immediatamente accedere al concorso, cominciando il tirocinio obbligatorio anche prima della laurea e dopo l’ultimo esame. In più, i costosi e non troppo trasparenti corsi privati per preparare il concorso dovrebbero essere sostituiti da corsi organizzati nelle città dalla scuola superiore della magistratura, anche con borse di studio.
Il testo contiene novità un tempo tabù per la sinistra: un cuneo nell’obbligatorietà dell’azione penale, una sostanziale separazione delle carriere – possibili solo due passaggi da giudice a pm o viceversa – e un ostacolo netto, quasi insuperabile per il magistrato che intende tentare con la politica. Sono previsti infatti criteri più rigorosi di ineleggibilità, limiti al ritorno nelle funzioni per chi si candida e non viene eletto, un divieto assoluto di tornare nelle funzioni giurisdizionali per chi svolge almeno un anno di mandato non solo in parlamento ma anche in un consiglio regionale o alla guida di un medio comune. Queste cautele non valgono per i magistrati di Cassazione, della Corte dei conti o del Consiglio di stato.

Occhi puntati sul meccanismo elettorale per la componente togata del Csm. Già molto criticato – ieri dalla corrente di sinistra delle toghe, Area – perché a dispetto di una certa farraginosità non garantisce una corretta rappresentatività

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