Carlos Zanón, gli indicibili segreti di una città letteraria
L'intervista Parla l’autore di «Barcelona negra» (Sem) che dirige l’omonimo festival noir. Le coppie clandestine che si incontrano negli alberghi a ore, una rete di ricatti, una furia inattesa e fatale. Un noir letterario dove i dialoghi e i sentimenti più che l’azione rendono irresistibile la trama, proiettando i lettori in una rete di segreti a prima vista inestricabile
L'intervista Parla l’autore di «Barcelona negra» (Sem) che dirige l’omonimo festival noir. Le coppie clandestine che si incontrano negli alberghi a ore, una rete di ricatti, una furia inattesa e fatale. Un noir letterario dove i dialoghi e i sentimenti più che l’azione rendono irresistibile la trama, proiettando i lettori in una rete di segreti a prima vista inestricabile
Quando tutto sembra perduto, quando in una notte solitaria riguardi la tua vita e ti rendi conto di aver sbagliato ogni cosa, beh, proprio allora «la gloria dell’amore potrebbe arrivare». È evocando «the glory of love» cantata da Lou Reed in Coney Island Baby nel 1976 che si apre Barcelona negra di Carlos Zanón (Sem, pp. 280, euro 18, traduzione di Pierpaolo Marchetti), un noir atipico dove i crimini più terribili sembrano essere commessi in nome dell’amore.
In una città grigia, sordida, dove si tira a campare negli sporchi vicoli del centro tra prostitute e piccoli spacciatori, un pugno di personaggi votati a una vita ai margini insegue «il colpo» del riscatto definitivo ricattando le coppie di amanti che frequentano gli alberghi a ore della zona. Bruno, Raquel e Cristian non fanno davvero paura, ma rivelando i segreti di cui sono a conoscenza alle persone giuste possono cambiare per sempre il corso di un’esistenza. Quando decidono di sfruttare l’amore clandestino di Max e Merche per i loro scopi, non sanno però ancora che proprio in quella passione inconfessabile può celarsi una determinazione e una furia fatali.
[do action=”citazione”]Un uomo e una donna che si desiderano, i soldi e un marito d’intralcio. Come ne «Il postino suona sempre due volte». Tutto il resto è romanzo e tragedia, in una parola: il noir[/do]
Figura centrale del nuovo poliziesco spagnolo, direttore del prestigioso festival «Barcelona negra», già autore di Carvalho. Problemi di identità, pubblicato sempre da Sem lo scorso anno, un convincente omaggio al celebre detective creato da Montalbán, Carlos Zanón costruisce in questo caso un noir letterario dove i dialoghi e i sentimenti più che l’azione rendono irresistibile la trama, proiettando i lettori in una rete di segreti a prima vista inestricabile.
Nell’edizione spagnola «Barcelona negra» si intitolava «No llames a casa» (Non telefonare a casa), ma il titolo del romanzo avrebbe anche potuto essere «i crimini della coppia» perché tutti i misteri, i pericoli, i tradimenti e le loro possibili drammatiche conseguenze sembrano scaturire ed essere racchiusi all’interno di questa relazione. Ai suoi occhi tutto ciò descrive un orizzonte intrinsecamente noir?
La lussuria, l’avarizia e i giochi di potere sono gli elementi fondamentali del noir, quelli che possono far impazzire i personaggi, costringerli a prendere decisioni sbagliate. Per prenderti quello che hanno gli altri e che tu non hai sei disposto a fare qualsiasi cosa, a pagare qualsiasi prezzo. Cosa saresti disposto a fare per essere felice, per trovare l’amore e avere il corpo dei tuoi sogni? Nella vita di coppia tutti questi aspetti si mescolano, i nostri desideri e le nostre paure. Il lettore si immedesima perfettamente nei personaggi del romanzo di James M. Cain, Il postino suona sempre due volte: un uomo e una donna che si desiderano, c’è di mezzo del denaro e un marito che è d’intralcio. Tutto il resto è romanzo e tragedia, sostanzialmente il noir.
In questo senso, i dialoghi ancor più che l’azione costituiscono la strada attraverso la quale il mistero prende forma e deve essere risolto. Questo romanzo ha in fondo a che fare con la quantità di mistero e verità che è presente nella vita di ciascuno di noi?
Le persone non sono altro che delle storie. Siamo quello che raccontiamo di essere, per questo le parole sono così importanti. In questo libro i personaggi provano delle emozioni che cambiano secondo le circostanze, ma le loro parole stanno sempre dicendo qualcosa di diverso. Gelosia, abbandono, desiderio, ingiustizia, speranza, disillusione, tenerezza, protezione, dipendenza, ossessione: un vademecum della passione d’amore.
La Barcellona descritta nella storia è solo marginalmente quella dei veri criminali, quanto piuttosto lo scenario dove si muove chi vive per strada, cercando di sopravvivere con ogni mezzo tra droga, prostituzione, affari loschi di ogni genere.
Ci sono due gruppi di personaggi: il primo è composto da Merche e Max che fanno parte della borghesia, hanno un buon lavoro e una famiglia. L’altro mette insieme Bruno, Cristian e Raquel che sono dei furfanti, esseri che si muovono ai margini della società, che vivono di piccoli crimini. Il conflitto sta nella collisione tra questi due mondi, nella violenza sociale che questo incontro sprigiona. La marginalità dei personaggi funziona da specchio, come se fosse il ritratto di Dorian Gray. Chi appartiene alla classe media e a quella agiata si mostra più disorientato dei reietti che vivono in un presente costante. Non ci sono buoni o cattivi, sono tutti dei cani randagi che possono mordere se si sentono minacciati.
Quanto pesa la vita di strada in una città di mare come Barcellona, dove il mescolarsi di persone, storie e destini sembra essere costante?
Barcellona è mediterranea, vi convivono due culture e una pletora di lingue e culture «terze». Tutto questo è parte della sua ricchezza, eppure, pur essendo accogliente, questa è anche una città dura e classista. Credo che uno scrittore – come un giornalista o un musicista, del resto – debba scendere nelle strade ed ascoltare i suoni della città perché un libro possa ambire ad offrire una rappresentazione credibile della realtà. Deve essere verosimile, un romanzo deve prima di tutto sembrare onesto e sincero.
La musica ha sempre un’importanza notevole nello scandire i tempi e l’atmosfera dei suoi romanzi. Anche in questo caso il libro si apre con i versi di «Coney Island Baby» di Lou Reed. Il suo approccio è prevalentemente rock, quale rapporto ha con la rumba catalana che racconta per altro spesso proprio storie di strada o di malavita?
Sono cresciuto ascoltando punk, pop e rock: è la musica «straniera» che mi ha salvato la vita, mi ha fatto scappare dalla mia quotidianità. La rumba no, la conosco e mi diverte ma non ha su di me lo stesso effetto di canzoni come «Coney Island Baby». Però, in un romanzo di qualche anno fa, Fuori tempo massimo (e/o, 2012), uno dei protagonisti ascoltava per tutto il tempo la rumba di un artista che si chiamava Bambino.
[do action=”citazione”]La Catalogna ha sempre perso tutte le battaglie e la sconfitta è un tema eccezionale per chi scrive. Nei libri possiamo vincere le guerre che nella vita reale ci hanno visto battuti[/do]
Barcellona ha da sempre un forte profilo letterario e ha visto crescere generazioni di scrittori e scrittrici, dallo stile e dagli esiti più diversi. Da Mercé Rodoreda a Juan Marsé e Francisco Candel, a «giallisti» come Eduardo Mendoza, Manuel Vázquez Montalbán, Francisco Gonzalez Ledesma, Alicia Giménez Bartlett, fino ai suoi romanzi. Come si può riassumere questa identità e a cosa è dovuta?
Barcellona è una città profondamente letteraria. Innanzitutto perché da parecchi secoli è una città editoriale, c’è una vera industria e questo genera tutto il resto, compreso, per certi versi, la presenza degli scrittori. È una città bastarda, in cui si parlano due lingue e questo fa sì che la preoccupazione per la purezza non ci condizioni in quello che scriviamo. Il nostro spagnolo, se scriviamo in castigliano, è quello di Barcellona e in più leggiamo autori catalani e questo è un segno di identità. Inoltre, molti scrittori di Barcellona scrivendo della città alimentano un immaginario della stessa e la rendono «letteraria». Bisogna anche tenere presente che Barcellona e la Catalogna hanno sempre perso tutte le battaglie e la sconfitta è un tema eccezionale per chi scrive, perché attraverso la letteratura si possono vincere le guerre che nella vita reale ci hanno visto invece sconfitti.
Lei dirige «Barcelona negra», uno dei festival più importanti d’Europa che si svolge in genere nei primi mesi dell’anno. Data la situazione della pandemia, come pensate di affrontare l’edizione 2021?
Ci stiamo lavorando. Ovvio che sarà un festival diverso, anche se vorrei che fosse fatto il più possibile in presenza. Non desidero che finiamo per abituarci a stare in casa e vederci solo attraverso uno schermo. Vorrei che la gente uscisse in strada e scoprisse cose nuove. Allo stesso modo, non potremo sperare nella partecipazione di molti autori stranieri ma ci metteremo comunque il massimo dell’impegno nel cercare di portarli a Barcellona. Sarà una grande edizione e conto sulla presenza degli amici scrittori italiani, a costo di farli venire con una tecnica da romanzo noir come l’estorsione o il sequestro di persona…
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